Damiano, la sua fidanzata e l’altra

Damiano, la sua fidanzata e l’altra
Estratto da Marilena e i tre deficienti vol.1 acquistabile su Amazon.

Quando aveva trovato lavoro nella capitale ebbe la necessità di un appartamento dove andare ad abitare in via temporanea. Il trasferimento da Cattolica un anno prima non era stato semplice, soprattutto per i ritmi frenetici della grande città. Elena in quel periodo l’aiutò molto e restò con lui fino ad aprile, quando dovette ritornare a Cattolica per iniziare la stagione lavorativa alla pensione Esmeralda.
A maggio Damiano conobbe Martina. Lei faceva delle consegne presso l’ufficio dove lavorava e di certo non fu notata per la sua bellezza. Aveva quarant’anni, molto magra, alta, un fisico quasi atletico. Il punto debole era però il viso, un ovale allungato e stretto, asimmetrico e un po’ stralunato. Le orbite incavate la facevano sembrare un cavallo. Non si vestiva nemmeno in modo appariscente, giusto un paio di jeans, maglietta e scarpe da ginnastica. Tutti capi presi a sconto in qualche mercatino. D’altra parte non aveva uno stipendio per potersi permettere di meglio. Inizialmente diventarono amici, perché erano entrambi nuovi sul lavoro e scoprirono di stare bene insieme a chiacchierare e scherzare. Damiano fu sorpreso dalla grande affinità che si era creata, e non capiva dove li potesse portare. In fondo lui era fidanzato e lei aveva otto anni di più, sposata con una figlia di sette anni.
Un pomeriggio, uscendo dal lavoro, si fermarono a bere qualcosa insieme. Parlarono per ore e il tempo volò senza che se ne rendessero conto. Dopo aver pagato il conto, fecero a piedi un tratto di strada insieme e ci fu il primo bacio. Lei telefonò al marito per dirgli che avrebbe fatto tardi a causa di alcune commissioni urgenti che il suo capo le aveva chiesto di svolgere.
A casa di Damiano si fece scopare senza preservativo, ma gli fece tirare fuori l’uccello per sborrare. Le mestruazioni erano terminate il giorno prima, tuttavia non voleva rischiare di restare incinta.
La passione divampò, gli amanti erano così felici da toccare il cielo con un dito. Non avevano bisogno di nient’altro, vivevano nell’attesa di quegli incontri proibiti che si verificavano almeno una volta a settimana. Ma il venerdì Damiano aveva l’incombenza di ritornare a Cattolica per il weekend.
Salì sull’ascensore e fece pressione sul pulsante per arrivare al dodicesimo piano. Trovò Martina in cucina a bere una Coca Cola fredda. Indossava lo stesso baby doll della sera precedente. Il suo sguardo non faceva presagire niente di buono. Un misto di tristezza, rassegnazione e rabbia.
«Ciao, amore mio», disse Damiano per sondare il terreno. Lei si voltò e lo guardò negli occhi. «Allora, cos’è che mi volevi dire?»
Martina attese ancora qualche secondo. Lo guardò di nuovo negli occhi. «Così stasera la vedrai, vi bacerete con la lingua e lei ti farà una sega. Non vedi l’ora, eh?»
«Amore, che cosa dici! Ne abbiamo già parlato tante volte. Lo sai che la nostra è una situazione difficile.»
Damiano ed Elena erano fidanzati da sette anni, ma non avevano mai scopato. Lei voleva arrivare vergine al matrimonio, come insegnava la sacra chiesa cattolica. I primi tempi Damiano era così innamorato ed inebriato dalla bellezza di Elena che avrebbe accettato qualunque cosa. Col passare dei mesi, però, i suoi istinti sessuali ripresero a diventare molto forti e chiedeva sempre più spesso alla fidanzata di fare sesso. Ma Elena era irremovibile, avrebbe concesso tutta la sua intimità soltanto da sposata. Una sera Damiano, dopo l’ennesimo rifiuto, le disse chiaramente che non avrebbe passato un giorno di più con lei senza avere la sua fica. Elena percepì che aveva tirato troppo la corda e che se non avesse posto rimedio, lo avrebbe perso. Così gli disse dolcemente che per la religione non era peccato baciarsi e neanche scambiarsi qualche carezza.
Gli mise una mano sul pacco e, mentre lo baciava con la lingua, gli accarezzò l’uccello, su è giù, senza fargli togliere i pantaloni. Lui ci provò, ma niente da fare, doveva restare vestito. Quelle erano le regole.
Di fatto fu una sega in piena regola, che gli provocò una buona sborrata dentro le mutande. Ufficialmente era stato un bacio e una carezza, da fidanzatini osservanti.
Con quel compromesso la loro relazione era andata avanti per anni. Damiano lo aveva raccontato anche a Martina, la quale adesso era pazza di gelosia, non sopportando che quella sera la sua fidanzata avrebbe potuto prendersi quelle confidenze col suo uomo.
Anche Damiano era geloso, e doveva convivere con l’idea di sapere di Martina a casa con suo marito, che in ogni momento avrebbe potuto spingerle l’uccello tra le cosce.
«Quando iniziammo la nostra relazione mi promettesti che non avresti più fatto sesso con tuo marito, e invece, se non mi sbaglio, una volta te lo ha infilato.» Non si sbagliava. Martina gli aveva detto che quella sera non aveva potuto sottrarsi.
«Damiano, lui è mio marito e si poteva insospettire. Ho chiuso gli occhi, ho pensato a te e ho contato fino a dieci. Il tempo che finisse. Ti giuro che mi fa schifo stare in due scarpe, ma non sono mai venuta senza di te da quando ci frequentiamo.» Mentì, sapendo di mentire.
Poco prima di conoscere Damiano avevano deciso di provare ad avere un altro figlio. Da marzo scopavano almeno tre volte a settimana, ma da quando aveva conosciuto il suo amante, ad aprile, aveva iniziato a prendere la pillola di nascosto. Continuava comunque a scopare anche col marito, per far finta di voler restare incinta. Ma non era vero che aveva orgasmi solo con Damiano.
«Ascoltami», disse Martina con uno sguardo luciferino, «so che stasera lei ti succhierà la lingua e ti farà una sega da sopra i pantaloni…» il tono era diventato stranamente sexy ed iniziò a sbottonargli i pantaloni.
«Martina, che cosa stai facendo?» In quel momento, nel vivo della discussione, il sesso era l’ultima cosa cui stesse pensando. E poi si era svuotato i coglioni appena la notte scorsa e non era nemmeno tanto arrapato.
«Voglio che stasera, quando arrivi da lei, tu sia completamente svuotato e non abbia voglia di fare nulla.» Gli calò giù i pantaloni e le mutande, e si inginocchiò prendendo in mano il pipino moscio.
Non era quello il momento, Damiano non avrebbe voluto fare sesso adesso.
«No, Martina, lascia stare. Non mi va.»
Lei sembrava sorda e, incurante, glielo prese in bocca fino alle palle. Il contatto della cappella con la mucosa calda e umida della cavità orale di Martina gli fece cambiare idea. Un impulso di godimento a****lesco si impadronì del suo uccello che, rapidamente, iniziò a gonfiarsi. Diventò così duro e grosso che non entrava più tutto dentro la sua bocca. Martina succhiava la cappella e faceva roteare la lingua tutt’intorno, mentre con la mano aveva afferrato l’asta e tirava la pelle su è giù. La goduria di Damiano aumentò quando vide che lei non indossava le mutandine. Inginocchiandosi aveva allargato le gambe mettendo in mostra il piccolo cespuglietto che aveva tra le gambe.
In quel momento capì che il pompino, per quanto straordinario, non sarebbe stato sufficiente. La voglia di affondare il cazzo dentro la fica divenne insopprimibile. Alzò il baby doll, palpò il culo e poi le mise una mano tra le cosce, cercando di allargare grandi e piccole labbra, fino a trovare il grilletto magico.
«Vieni, alzati, ti voglio scopare!»
«Sei un porco», disse Martina mentre si alzava. Si tolse il Baby Doll e si distese sul tavolo della cucina allargando le gambe. La sua fica fu ben visibile a Damiano, il quale, avendo il cazzo ben lubrificato dalla saliva della sua amante, non ebbe problemi a spingere dentro la nerchia. Ogni volta che entrava dentro era come un miracolo. Si sentì in paradiso e avrebbe voluto prolungare quel momento all’infinito.
«Prendimi in mano le palle.»
Martina eseguì l’ordine diligentemente, adorava prendere in mano il suo scroto mentre il cazzo entrava e usciva dalla fica, e non c’era nulla di più eccitante di sentire i mugugni di godimento del suo uomo. Ma d’improvviso si ricordò che quella sera un’altra troietta da quattro soldi avrebbe vissuto una tale intimità. «Damiano, fermati, aspetta a venire.»
Fermò l’uccello piantato tutto dentro. «Oh, amore, lo sai che mi stai facendo godere.»
«Aspetta, voglio essere leccata.»
«Oh sì, sei una porca. Vuoi godere come una vera troia in calore!»
«Sì, sono la tua puttana. Stasera quella stronza della tua fidanzatina dovrà sentire il sapore della mia fica sulla tua bocca, promettimelo!»
Quando un uomo ha il cazzo dentro la passera potrebbe vendersi anche la mamma.
«Sì, te lo prometto, le farò assaggiare gli umori che sgorgano dalla tua fica bagnata.»
Tirò fuori l’uccello e si mise seduto mentre lei era ancora sdraiata sul tavolo a cosce aperte. Infilò la lingua nel vestibolo della vagina e premette il mento con forza, per succhiare i liquidi densi che colavano fuori. Poi salì su seguendo il profilo delle piccole labbra, finché non incontrò il clitoride proprio dove le due mucose si univano. Iniziò a leccarlo avidamente, roteando velocemente. Martina emetteva gridolini di piacere.
«Oh sì, leccami così, porco! Fammi godere come una troia. In culo alla cornuta della tua fidanzatina vergine. Ah, senti come godo. Stasera assaporerà il sapore della mia fica, giuramelo!»
Damiano avrebbe preferito non giurare, e non aveva piacere di offendere la donna con cui aveva passato gli ultimi sette anni della sua vita. Ma ormai era in gioco e doveva giocare.
«Sì, mia unica puttana e troia, te lo giuro sul cornuto di tuo marito.» Lo disse piano e velocemente per non perdere il ritmo della leccata di fica. Il collo gli faceva male perché era piegato in una posizione innaturale, ma andava avanti imperterrito per portarla all’orgasmo. Non tardò molto ad arrivare, Martina inarcò il bacino con il collo arrossato. Aveva lo sguardo contratto di piacere e strinse le cosce sulla testa del suo uomo, mentre il ventre si contraeva involontariamente come se fosse percorso da delle scosse elettriche.
«Ah, vengo!» disse mentre reggeva la testa di Damiano, il quale rallentò gradualmente fino a fermarsi. Per qualche secondo non volle essere toccata perché era troppo sensibile. «Vieni da me.» Lui si asciugò la bocca passandoci sopra la mano e le dette un bacio amoroso sulle labbra. «Come mi vuoi prendere?»
Era arrivato il suo turno, gli concedeva di prenderla a suo piacimento. «Così, allarga le cosce come prima», disse mettendosi di nuovo in piedi. «Fammi vedere bene la figa. Oh, come sei eccitante. Mi fai scoppiare l’uccello.» Glielo spinse di nuovo dentro, mentre lei gli faceva da guida con le mani. Gli bastarono meno di dieci spinte per oltrepassare la soglia dell’orgasmo. «Sborro!» grugnì, mentre si dimenava come un a****le. Dentro e fuori velocemente, finché non riuscì a sopportare nessun ulteriore movimento. Lo tenne fermo, ben piantato dentro la fica, mentre sentiva che sgorgavano fuori le ultime gocce di sperma.
Finito di svuotarsi i coglioni, estrasse fuori il cazzo già mezzo moscio e strappò qualche pezzo di carta dal rotolo di Scottex che era lì vicino, ne porse un po’ anche a Martina. I due si pulirono e, a turno, andarono in bagno a lavarsi i sessi sporchi. A Damiano, ovviamente, non fu permesso di insaponarsi il viso.

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