Il diario osceno di mia madre

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Il diario osceno di mia madre

Quando frequentavo il quarto ginnasio non ero quel che si dice uno scolaro
modello, la voglia di studiare era veramente poca.
Appena potevo, coglievo l’occasione per andarmene a zonzo con gli amici.
Cosa che ebbi l’opportunità di fare, tre volta a settimana, per un lungo periodo
di tempo in cui mio padre era costretto, per la gran mole di lavoro, a tornare in
ufficio anche di pomeriggio e mia madre si recava immancabilmente in Chiesa
per partecipare alla Messa delle diciotto insieme con le signorine Truzzi, due
zitelle bigotte che abitavano, insieme ad un fratello trentanovenne, da una vita
studente fuori corso a Medicina, nell’altra scala del nostro condominio.
In quei giorni, subito dopo pranzo, uscivo rassicurando mia madre di rientrare
verso le diciotto per studiare fino a sera, ma in pratica mi ritiravo giusto
cinque minuti prima del suo rientro, quindi circa alle 20 e trenta.
Uno di questi spensierati pomeriggi, mentre ero per strada con due miei amici, fui avvicinato dalle due vecchiette Truzzi, le quali con un noiosissimo sermone cercarono di convincere me ed i miei compagni a seguirle in Chiesa per ass****re alla funzione religiosa.
Declinammo cortesemente l’invito dando però ampie assicurazioni che avremmo
seguito, in futuro, il loro consiglio.
Dopo qualche istante riflettetti che mia madre non era con loro, e pensai che se
non andava a Messa sarebbe rimasta a casa e quindi avrebbe scoperto il mio piccolo
trucco; erano le diciotto, benedissi le vecchiette per avermi involontariamente
avvisato della presenza a casa della mia severa genitrice e, seppure a malincuore, salutai i miei amici e mi diressi di corsa a casa.
Appena arrivato mi chiusi nella mia stanza mettendomi a studiare.
Stranamente, poco dopo, la mia cara mammina venne a dirmi di rispondere se bussava il telefono mentre lei andava a fare la doccia dovendo uscire per andare in chiesa con le sorelle TRUZZI.
Non so perché non le dissi che le avevo incontrate oltre mezz’ora prima, poi però mi chiesi perché mentiva, ed il mio pensiero stranamente corse a qualcosa di poco lecito, pensai subito che si recasse ad incontro galante, decisi di vederci chiaro, innanzitutto se andava da qualche uomo si sarebbe vestita di conseguenza quindi bisognava verificare questo particolare.
Tra la mia camera e quella da letto dei miei genitori c’era un finestrone con vetro opaco, posto quasi a soffitto.
Mentre lei faceva la doccia entrai in camera sua, aprii appena il finestrone e lo tenni leggermente scostato incastrandovi un pezzetto di carta, quindi ritornai silenziosamente a studiare.
Quando la sentii entrare in camera sua e chiudersi la porta alle spalle con un balzo salii sullo schienale di una poltrona e guardai dalla fessura.
Quello che vidi era uno spettacolo meraviglioso, lei era avvolta nello accappatoio,
lo slacciò e senza toglierselo cominciò con questo ad asciugarsi permettendomi così di vedere le sua candide mammelle e le tornite cosce al vertice delle quali potetti ammirare la peluria che contornava la SPACCA.
Mi sentivo il cuore in gola, era la prima volta che vedevo dal vivo una donna
nuda, la mia mano corse a toccarmi la patta sotto la quale il mio cazzo era
divenuto duro come l’acciaio.
Per un attimo mi vergognai di stare a spiare mia madre ma poi la LIBIDINE ebbe il sopravvento e cominciai a guardarla con un occhio diverso da quello con cui l’avevo sempre vista.
Vidi in lei solo la femmina, e che femmina.
Solo allora riflettetti che mia madre, che all’epoca aveva trentasei anni, era una splendida mora con due zinne molto grosse ma perfettamente ritte, due gambe che sembravano due colonne, e capii l’ammirazione che suscitava negli uomini al suo passaggio.
Mentre, inebetito facevo queste considerazioni, mia madre, terminato di asciugarsi, si sfilò l’accappatoio rimanendo completamente nuda.
Era uno schianto, il mio sguardo fu calamitato dal suo culo maestoso, tondo a forma di mandolino, non mi vergognai a pensare che glielo avrei messo tra le chiappe riempendole lo sfintere di sborra.
Mi ero sbottonato i pantaloni ed ora la mia mano andava su e giù lungo il CAZZO, era assurdo ma stavo sparandomi una sega pensando di inculare mia madre, “ma è solo col pensiero”, dissi a me stesso, quasi a giustificarmi.
Intanto lei stava profumandosi le turgide poppe, poi versò una grande quantità di profumo tra le mani e passò a stenderselo sulle cosce risalendo fino alla fica ove la sua mano indugiò a lungo in un dolce massaggio.
Aveva gli occhi socchiusi e si mordicchiava le labbra, mi fece arrapare da morire.
Poi, sempre nuda, andò verso l’armadio, lo aprì ed estrasse un paia di calze ed un reggicalze neri, “siamo quasi in estate e mamma mette ancora le calze?”, mi chiesi; allora non conoscevo ancora la forte valenza erotica di una tale mise.
Indossò il reggicalze e poi poggiando un piede sul letto, cominciò ad infilarsi la prima calza, “così ti inculerei, brutta puttanona, ho capito a quale messa vai, alla messa in culo, ma io ti seguirò per vedere con chi vai a fare la troia” mi dissi continuando a menarmelo.
Terminato di infilarsi le calze indossò il reggicalze e fermò i gancetti.
A quel punto capii il motivo e l’importanza di un tale abbigliamento, era stupendo il suo bianco deretano incorniciato dai tiranti neri, così come pure risaltava molto di più il suo splendido pube che ebbi modo di ammirare quando si girò dopo aver preso da un cassetto una paia di slip ed un reggiseno, anche loro rigorosamente neri.
Indossò prima quest’ultimo, ed accuratamente vi sistemò dentro i suoi magnifici seni, poi infilò uno slippino che era microscopico tanto da non riuscire a coprire tutti i peli delle fica, ma lei si posizionò davanti allo specchio e fece in modo che nemmeno uno fuoriuscisse.
Durante questa operazione potetti riammirare il suo fantastico fondoschiena che mi infoiava sempre più, ma il culmine dell’arrapamento lo raggiunsi quando lei ridusse ancor di più lo slip infilandoselo tra le natiche.
A distanza di tanti anni ho ancora negli occhi la visione di quelle due tonde chiappe divise da un leggero filo nero, “te lo spaccherei in due”, pensai.
Senza esitazione prese un abitino bianco a fiori blu e l’indossò.
Era un classico vestito estivo tutto abbottonato sul davanti, “puttana hai scelto bene, sai che ci vuole qualcosa di facile da togliere per farti chiavare subito e senza problemi, sei una zoccolona, non credo che questo sia l’abbigliamento adatto per andare in chiesa ad ascoltare la Messa ma è adattissimo per la messa in culo e la messa nella pucchiacca, brutta mignotta”, dissi prima di scendere dal mio punto di osservazione e correre a sedermi dietro la scrivania a fingere di studiare.
Fui costretto ad aprire il cassetto per evitare che, entrando a salutarmi, notasse il gonfiore dei miei pantaloni.
Poco dopo, infatti, entrò nelle mia camera, “ciao piccolo, scappo altrimenti arrivo tardi in Chiesa, mi raccomando resta a studiare, torno poco dopo le otto”, mi baciò sulla fronte ed andò via.
Appena sentii chiudere la porta d’ingresso, corsi a prendere le chiavi di casa e la segui rimanendo a distanza di buon tre rampe di scala.
La zoccola, invece di uscire dal palazzo imboccò la scala dove abitavano le sorelle bigotte.
Tenendomi sempre a debita distanza la seguii e vidi che bussava a casa Truzzi, “certamente non ci saranno”, pensai, “loro sì che sono in Chiesa”.
Invece la porta si aprì e sentii nettamente la voce del Dottor Truzzi esclamare: “finalmente, non ti aspettavo più”, e la porta si richiuse prontamente.
“Ecco dove va quando dice di andare in Chiesa, va dal Dottor Truzzi a farsi scopare, brava la mia dolce mammina, è una troia, questo è, altro che una cara mogliettina innamorata, è una depravata ninfomane, non le basta la razione di cazzo di papà, darei dieci anni della mia vita per vedere cosa stanno facendo”.
Purtroppo tutte le finestre di casa Truzzi che davano nel cortiletto interno erano dotate di quei vecchi tendaggi molto spessi; mi rassegnai e tornai a casa.
Appena entrato mi sdraiai sul divano, mi abbassai pantaloni e mutande e menandomelo provai ad immaginare cosa fosse successo dopo che avevano chiuso la porta, vidi tutto come in un film.
Il Dottore, che indossava solo un camice bianco, strinse a se mia madre, la baciò a lungo sul collo e poi sulla bocca infilandoci dentro la lingua.
La troiona, che si era languidamente abbandonata, ebbe un fremito e lui senza perder tempo le sollevò il leggero vestito e cominciò ad accarezzarle il culo,
quindi le aprì i primi bottoncini e con un gesto delicato fece schizzare fuori le grosse mammelle che cominciò a sbaciucchiare prima con dolcezza e poi sempre più freneticamente passando poi a mordicchiare i duri capezzoli.
“Piano, mi fai male”.
“Lo sai, ti mangerei pezzo a pezzo, il tuo corpo mi fa impazzire, vivo solo aspettando il momento in cui tu vieni da me, sono tre giorni che non ti ho tra le braccia, che non ti tocco, mi sento di scoppiare”.
“Lo vedo”, e scostandosi appena sbottonò due bottoni del camice, introdusse la mano, gli tirò fuori la varra, la scappellò e passò ad accarezzargli le palle.
“Dio che bello, sei bravissima, lo faresti rizzare ad un morto”.
A quel punto mia madre si inginocchiò, a due mani gli scappellò il cazzo, per un attimo lo ammirò estasiata, poi lo introdusse tra le vellutate zinne e iniziò una lentissima spagnola.
Ogni volta che la varra le si avvicinava alla bocca, la maiala faceva saettare la lingua intorno alla capocchia.
Angelo, così si chiamava il dottore, non resistette a lungo a questa “tortura”, le bloccò la testa, si inarcò, le infilò l’obelisco tra le labbra e cominciò letteralmente a chiavarla in bocca.
“E’ bellissimo, è divino, è come pomparti nella pucchiacca, debbo fare uno sforzo sovrumano per non sborrarti in gola”.
Temendo una rapida venuta la zoccola interruppe il bocchino, “dottore non si dimentichi che sono venuta per una visita”.
“Mi scusi, me ne ero quasi dimenticato, venga si accomodi nello studio”,
l’aiutò a sollevarsi, la baciò e le strizzò un capezzolo, “vada avanti lei tanto credo che conosca la strada”.
Appena mia madre si girò lui le sollevò il vestito, le fece divaricare le cosce, vi introdusse il palo di carne e nella classica posizione “del trenino” raggiunsero la camera dove il non ancora dottore aveva attrezzato un vero studio medico.
“Signora adesso si spogli”.
La depravata lentamente finì di sbottonarsi l’abitino quindi con un gesto molto provocante lo lasciò cadere ai suoi piedi.
“Tolga anche reggiseno e slip e si segga lì”, le ingiunse con un fare molto professionale.
“Lì” era una poltrona per visite ginecologiche.
Mia madre obbedì ed ancheggiando andò a sedersi.
E fu su quella poltrona che la chiavò.
Urlando: “ti spaccherò’ il culo, brutta zozza” accelerai la sega e dal mio cazzo schizzò un potente fiotto di sperma.
Quando rientrò le chiesi: “com’è stata la funzione?”.
“Bellissima”, rispose estasiata la troiona, baciandomi sulla guancia.
Da quel giorno, è inutile dirlo guardai mia madre con occhio diverso, avevo sempre in mente il ricordo di quello che avevo immaginato fosse successo quel pomeriggio a casa del dottor Truzzi.
La spiavo ogni volta che andava in bagno e mentre faceva la doccia, ma dal buco della serratura riuscivo a vedere ben poco, meglio spiarla dal finestrone alto della camera da letto mentre, fatta la doccia si asciugava e si vestiva per uscire.
Mi arrapavo tantissimo a vedere il suo splendido corpo nudo ed ancora di più
come cambiava abbigliamento in funzione dello scopo per cui usciva, se doveva
andare a fare la spesa indossava i collant, gonne longuette, maglioncini
accollati e mutande tipo quella della nonna mentre quando doveva andare a
chiavare usava guepiere e calze velate, o autoreggenti, slip microscopici gonne molto al di sopra del ginocchio e camiciole che abbottonava solo parzialmente e si truccava in modo pesante.
Ripetevo sempre “sei una troia, una puttana, una vacca, prima o dopo ti spacco il culo, zoccolona” mentre scendevo dallo schienale della poltrona per correre a sedermi dietro la scrivania a fingere di studiare.
Non facevo altro che masturbarmi pensando a lei ed avevo superato ogni limite,
pensavo solo di chiavarla, incularla, sborrarle in bocca.
Un giorno mentre, come al solito la spiavo feci una scoperta sensazionale, la
bagascia aveva un diario, e lo nascondeva sull’armadio nella sua camera da letto.
Appena lei uscì per delle compere, lo presi e, tremando per l’eccitazione,
cominciai a sfogliarlo.
Dopo le prime pagine capii che bisognava leggerlo sparandosi un sega, era un
vero pornodiario, infatti, narrava tutta la sua storia col Truzzi, sin dallo
inizio, cioè da quando l’aveva visto per la prima volta, dalla bestiale
attrazione fisica che aveva subito provato per lui, tanto da costringerla a
spararsi un ditale, a cosce aperte al centro del letto, pensando alla nerchia che il ragazzo doveva avere tra le gambe, al piacere di leccarla e farsela scivolare in corpo.
Mi sedetti in poltrona ed iniziai a menarmelo.
La maiala raccontava, con dovizia di particolari, anche come aveva superato
l’iniziale timidezza dell’anelato amante.
Dovete sapere che il futuro dottorino, mentre molto a rilento studiava, faceva
pratica con un modesto ma indispensabile compenso, presso un convento di Frati
Francescani, i quali assistevano gratis i poveri del quartiere.
A tal scopo avevano attrezzato un piccolo ambulatorio in uno dei locali del
loro immenso monastero.
Il Truzzi indossando sempre un camice bianco e quindi facendosi credere
medico, dopo una sommaria visita, distribuiva medicinali regalati ai Frati da
ricche e danarose signore convinte così di guadagnarsi il Paradiso.
In questo ambiente mia madre dichiarò la sua disponibilità al dottorino.
Un pomeriggio sul tardi, vi si recò, fingendo un forte dolore al torace.
La puttanona narrava di esserci andata indossando un tailleur molto aderente
e sotto il vestito niente.
Fu invitata a stendersi sul lettino e mostrare dove si manifestava il dolore.
Sentiamo il suo racconto al diario:
[Ero eccitatissima, avevo la gnocca fradicia, volevo quel ragazzo ed a costo
di comportarmi da sfacciata l’avrei avuto, sbottonai la giacca mettendo in
mostra le mie mammelle turgide alla punta delle quali svettavano due capezzoli
durissimi, il medico ebbe un sussulto, “non porto mai il reggiseno, ma non
credo che questo possa metterti in imbarazzo, devi abituarti, nella tua attività
vedrai un’infinità di donne nude, e poi sono convinta che questi seni non
abbiano bisogno di essere sostenuti, tu che ne pensi? tocca e dimmi il tuo
parere”, presi la mano dell’imbarazzatissimo giovanotto e la poggiai sulle
mie poppe.
Il dottore era come paralizzato, gli feci scorrere la mano tra le mie
vellutate colline e presi a strofinargli il gomito sulla patta.
Sentii nettamente la mazza ingrossarglisi nelle mutande, diventai più ardita, mi girai verso di lui, gli sbottonai il camice, gli aprii i pantaloni e feci uscire dagli slip la sua poderosa varra.
Mentre con una mano gli accarezzavo le palle e con l’altra gli scappellavo la mazza gli dissi: ”e’ da quando ti ho visto la prima volta che ti desidero, ho cercato di fartelo capire in tutti i modi ma sembrava che non ti interessassi, però adesso guardando come si è fatto duro credo che anch’io ti piaccia”
Il dottore cominciò a riprendersi dallo stupore.
“Certo che mi piaci, ma tu sei sposata, sono amico di tuo marito, siete amici
di famiglia, pur ammirandoti non ho mai osato pensare a te”.
“Non farti scrupolo per mio marito, è un porco merita questo ed altro, non fa
che tradirmi con ogni puttanella che incontra, adesso ho solo voglia di fargliela
pagare, quando sono arrivata fuori non c’era nessuno, pensi che possa venire
qualcuno a quest’ora?”
“No assolutamente, i Frati sono a cena e quindi hanno chiuso il portone”.
“Ed allora non perdiamo tempo, dai PRENDIMI sono mesi che desidero questo
momento”, mi alzai la gonna in vita e mi posizionai sul bordo del lettino con
le gambe penzoloni.
Angelo, continuandosi a gustare la delicatissima sega, litigò con i bottoni
ma riuscì a togliersi il camice e si fece scivolare i pantaloni e gli slip alle
caviglie, quindi con fare molto goffo si portò ai piedi del lettino, sollevò le
mie cosce portandosele sulle spalle e mi infilò il duro cazzo nella fessa.
Mi sentii svenire dal piacere, finalmente il bastone di carne tanto desiderato
mi era entrato nel corpo.
Il mio tesoro mi penetrava con delicatezza accompagnando la sua chiavata con
parole dolcissime; mi sembrava di essere in Paradiso, lo tirai a me, lo baciai e
gli dissi: “sei il mio Angelo, ti voglio, ti voglio per sempre”.
Purtroppo l’estasi durò solo pochi minuti, improvvisamente accelerò i colpi,
estrasse la varra dalla spacca, la poggiò sul mio ventre e mi inondò la pancia
di densa sborra.
Capii che l’emozione gli aveva fatto un brutto scherzo, ma ero tanto
innamorata che fui felice lo stesso, pur non avendo goduto.]
Io, invece, godetti come una bestia.
Immaginando che fosse l’ora del rientro, rimisi esattamente al suo posto
il diario, ma da quel giorno è inutile dirlo, ogni volta che mia madre usciva
correvo a prenderlo e, sempre sparandomi una sega, lo leggevo avidamente.
Una delle prime pagine che corsi a leggere fu quella del martedì precedente
per verificare l’esattezza della mia visione.
Era incredibile, non avevo sbagliato quasi niente, il mandrillo l’aveva
effettivamente chiavata sulla sedia delle visite ginecologiche, l’unica cosa
che non avevo “visto” era avvenuto nell’ingresso; il dottore non aveva
resistito al delizioso bocchino e le aveva scaricato le palle in gola, facendola venire per la prima volta.
Avrei dovuto supporlo, con un pucchiaccone come mia madre una sola scopata
non era sufficiente, ecco cosa scriveva quella troia di mia madre.
[…dopo aver reclinato lo schienale, il mio amore, che non aveva smesso un attimo di accarezzarsi il duro cazzo, si è inginocchiato ai miei piedi, mi ha prese le caviglie, ha cominciato a baciarmi le gambe, me le ha divaricato posizionandole sugli appoggi, mi ha dischiuso con le dita le labbra della fica e dicendo: “a noi puttanona”, mi ha ficcato la testa tra le cosce iniziando a leccarmi il clitoride.
“Che meraviglia, hai una lingua delicatissima e come la usi bene, nessuno mi ha mai leccato così, mi fai morire”.
Sempre più allupato il mio tesoro, che accompagnava la lappata con un frenetico massaggio alle mammelle, mi ha introdotto un palmo di lingua nella spacca ed
ha cominciato un ritmico andirivieni a mo’ di chiavata.
“Basta!, basta!, non resisto più, adesso voglio il cazzo, dai prendimi”.
Il mio amore si è alzato, mi ha strusciato la capocchia all’imboccatura della fessa, poi si è ritratto, “certo che ti chiaverò, ma prima toccati un po’, lo sai che mi piace vederti masturbare, mi eccito come una bestia”.
Come una puttana non mi sono fatta pregare, mi sono infilata due dita nella bernarda cominciando un frenetico ditale, “dai sparati una sega, anche a me piace guardarti, anzi qualche volta dobbiamo godere così, mentre ci masturbiamo, e quando verrai devi sborrarmi in bocca ed io ingoierò tutto il tuo sperma, questo lo faccio solo a te, tesoro mio”.
“Angelo mio, é bello vederti così aperta, così infoiata e lo sai che mi piaci quando parli in modo sboccato, ma non devi dirmi bugie, io non posso credere che tu non beva la broda di tuo marito quando ti schizza in gola”.
“Lo giuro sul bene che ti voglio, amore mio, io quell’uomo lo schifo, é uno ZOZZO, pensa che quando sta per godermi in bocca dice sempre “adesso ti piscio in gola la mia sborra”, questa frase mi fa ancora più ribrezzo, io per non insospettirlo lo lascio fare ma quando ha finito, dicendogli che altrimenti mi viene l’acidità sputo tutto sul pavimento, con te invece é bellissimo, é come succhiarti l’anima, ritengo che questa sia la più grande prova d’amore che possa darti”.
“Certo gioia mia, parliamo mentre ci accarezziamo? così é molto più ARRAPANTE”.
“Come vuoi, il maestro di erotismo sei tu, lo sai che riesci a portarmi al settimo cielo?, mi trasformi da una signora perbene in una troia da casino, la tua troiona ed io sono felicissima di esserlo, prima però baciami, voglio infilarti la mia lingua in gola, vedi se ho imparato, vedi se é così che fanno le puttane?”.
Si è steso su di me e mi ha baciato, un bacio lunghissimo, sensuale, carnale.
“Bravissima, ma con un’allieva come te é facile insegnare, tu sei puttana nella anima, nel sangue, non dimenticarti che hai imparato a fare bocchini in una sola
lezione, la prima volta mi facesti un male tremendo con i denti, ora la tua bocca é morbida come una fica, dai raccontami, prima di me quanti cazzi hai preso in bocca?”.
“Tantissimi, mi é sempre piaciuto ingoiare quel pezzo di carne duro che voi uomini portate nelle mutande, prima del matrimonio ho avuto una ventina di fidanzati e li ho sbocchinati tutti, ed erano talmente felici di farsi succhiare
che nessuno si é mai lamentato, anzi, sborravano a litri nella mia bocca, ma io non ho mai ingoiato; mi piaceva tanto il golino che pur rammaricandomi di non poter chiavare, sai allora bisognava arrivare “vergine” al matrimonio, venivo lo stesso appena sentivo il caldo fiotto schizzarmi nella gola”.
“Oltre i bocchini, per rimanere “vergine”, scommetto che ti facevi fare il culo, dimmi quante mazze ti sei cuccata in questo bel sederone?”, mi ha chiesto, accarezzandomi le chiappe.
“Nessuna!, lo so ti sembrerà strano ma allora avevo un vero terrore a farmelo mettere dietro, non l’ho mai dato a nessuno, eppure tutti lo volevano perché mi confessavano che la parte più eccitante del mio corpo era proprio il culo, ma devi sapere che il mio primo ragazzo, che era molto più grande di me, una sera nella sua macchina dopo essersi fatta succhiare la grossa nerchia mi sollevò le cosce e tentò di incularmi, ma io, forse per il fatto che non ero preparata o perché lui aveva una cappella enorme, sentii un dolore atroce per cui lo allontanai bruscamente e da allora rimasi con il convincimento che era impossibile farsi inculare senza dover sopportare un simile dolore; però che stupida che sono stata, mi sono persa decine di ingroppate”.
“Che poi é la cosa che preferisci”.
“E tu lo sai bene porcone mio”.
“E’ stato tuo marito a farti per la prima volta il CULO?”.
“No, anche quando mi sposai ero terrorizzata”.
“Ed allora chi te l’ha sfondato?, chi ti ha fatto diventare la mia adorabile
rottinculo”.
“E’ stato un uomo bellissimo che incontrai al mare la prima estate dopo il matrimonio; avevo saputo che quel PORCO di mio marito mi tradiva, decisi di vendicarmi quindi accettai di andare a casa di questo ragazzo, bello come un dio greco; appena arrivati mi stese sul bordo del letto, mi divaricò le cosce e mi leccò così bene che mi ritrovai subito con la fica fradicia, proprio come sono adesso dopo la tua lappata e le tue parole, in un baleno si svestì e mi infilò nella pancia una varra di trenta centimetri, mi sembrava di impazzire tanto era bello, mi pompò a lungo, io non connettevo più, poi con estrema dolcezza mi sollevò le gambe e mi fiondò nel culo la sua enorme mazza, fu incredibile, non sentii dolore ma solo un piacere immenso che mi fece venire subito; da quel giorno, ogni volta che andavo da lui, e ci andai per almeno altre venti volte, mi facevo inchiappettare, ed ora, come sai bene, sono diventata una fanatica dell’inculata”.
Ed io ne sono felicissimo, ho sempre pensato che il vero modo di POSSEDERE una
donna é quello di schiantarglielo tra le chiappe, e con te é ancora più bello
perché hai un culo che é una vera calamita per il cazzo, dimmi, dopo quella prima
volta, quanti altri hanno goduto in questo culone?”.
“Solo mio marito, quando capii cosa mi perdevo, lo diedi anche a lui, adesso però basta parlare, vieni a mettermelo in bocca, voglio sentire il sapore del tuo cazzo”.
Angelo era infoiatissimo, mi ha portato l’asta all’altezza delle labbra, l’ho
afferrato, gli ho tirato giù la pelle e ho cominciato a far roteare la lingua
sulla sua capocchia paonazza, poi lentamente mi sono fatta scivolare in bocca
quasi tutta la varra e fissandolo negli occhi, ho dato inizio ad un delicatissimo
golino.
“Sei bellissima, sei un tesoro, sei la fine del mondo”, biascicava l’amore mio mentre si gustava il succoso bocchino.
Era in estasi più totale, si è fatto spompinare per oltre dieci minuti, poi ha detto: “Adesso sono io a dire basta, ora ho voglia di fotterti”.
Ha estratto la nerchia dalla mia bocca, si è posizionato tra le mie cosce e con
un solo colpo me lo ha infilato nella spacca, cominciando a chiavarmi come un
ossesso.
“Dio, che bello, dai pompami, sbattimi, sei il mio toro da monta ed io sono
la tua vacca”, gli ho urlato.
Queste parole lo hanno eccitato ancor di più, allora ha cambiato ritmo, non più
colpi a ripetizione sferrati come un indemoniato, ma penetrazioni cadenzate,
violente, che mi squassavano il corpo.
“Ti piace?, così va bene amore mio?, sei una troiona, sei la mia zoccolona,
ti sfondo l’utero, voglio fartelo arrivare allo stomaco, chiavona”.
“Godiamo, dai godiamo, non resisto più, godiamo insieme, però oggi devi
mettermelo dietro, ne abbiamo parlato tanto che mi è venuta una voglia matta,
dai, tu lo sai, appena sentirò la tua sborra schizzarmi nelle visceri, godrò”.
“Va bene, agli ordini signora rottinculo”.
Mi ha estratto dalla pancia la varra fradicia di umori e l’ha diretta verso
il culo, ho sollevato il bacino, ho afferrato la dura mazza ed ho portato la
grossa capocchia all’imbocco del mio buco nero.
“Adesso sfondami, spaccami in due”.
In un attimo mi ha fatto scivolare l’enorme palo di carne tra le chiappe,
Poi un susseguirsi di colpi tremendi, con me che impazzita mi sgrillettavo
furiosamente.
“Vengo, vengo, non ce la faccio più, vieni anche tu?”, mi ha urlato come un
invasato.
“Si, si, fammi sentire un fiume di broda in culo che godo anch’io”, l’ho
implorato, mi ha dato un ultimo tremendo affondo e mi ha scaricato un litro di
calda sborra nelle visceri, gli ho serrato le gambe dietro la schiena e dando un urlo sono venuta.
Lui si è abbattuto stremato sul mio corpo.]
Che puttana era mia madre, ne ebbi conferma continuando a scorrere il diario,
ogni volta che si incontravano a casa del dottore, la troiona si gustava il cazzo
in ogni buco, e lui se la fotteva in tutti i modi possibili e godevano almeno tre
volte.
Rimasi esterrefatto quando lessi che per un’intera settimana, durante la
quale mio padre era stato all’estero per lavoro, la troia, dopo avermi messo a
letto e quando era sicura che dormissi, aveva fatto entrare in casa quel gran
figlio di una mignotta, si erano chiusi in camera e avevano scopato come ricci
fino all’alba.
Erano pagine infuocate in cui narrava di favolosi sessantanove, lunghi pompini con immancabile bevuta di densa sborra, chiavate nelle più svariate posizioni, da quella del missionario a quella a smorzacandela, passando per le pecorine e quelle a bordo letto con le cosce alzate durante le quali diceva che il cazzo le arrivava allo stomaco.
Una descrizione più accurata era dedicata alle inculate.
Era il rapporto sessuale che più le piaceva ed il suo stallone l’accontentava
molto volentieri soddisfacendola a pieno.
Raccontava che, spesso, mentre fotteva seduta sulla mazza dell’amico, si
sollevava, impugnava la varra e si portava la grossa cappella all’imbocco del
buco nero, quindi si lasciava andare in modo che lentamente ma inesorabilmente
il cazzo le penetrasse tra le chiappe, narrando la sensazione sublime che provava
quando la nerchia le riempiva lo sfintere.
Però a suo dire questa non era l’inculata che preferiva; l’apice della goduria
la raggiungeva alla pecorina, quando il suo ingroppatore la inchiappettava
affondandole dall’alto il randello nel culo fino ad allagarlo del suo sperma.
Si fermavano solo per riprendere le forze; durante tali pause, spesso, mia
madre andava in cucina a preparare del caffè e dei tramezzini.
Qualche volta tornando aveva trovato il suo maschione addormentato, ma aveva
un sistema dolcissimo ed infallibile per risvegliarlo; si stendeva sul letto
e cominciava a leccargli la punta dell’uccello, che, con il suo padrone ancora nel dormiveglia, si ingrossava lentamente
diventando il bastone duro che tanto piaceva avere in corpo a quella stronza della mia adorata mamma.
A volte, tralasciavano la colazione ricominciando a trombare alla grande.
Andando avanti nella lettura scoprii tutti i trucchi escogitati dalla troiona
per andare a farsi scopare, la zoccola, ad esempio, diceva a mio padre di recarsi
dalla sarta per farsi cucire dei vestiti e dopo tre o quattro sedute di misure,
leggi favolose montate, portava a casa degli abiti confezionati comprati in
negozio; per un periodo diceva di recarsi in un centro di estetica per fare dei
massaggi ed al ritorno annotava nel diario il lungo massaggio ai coglioni del
dottorino che si concludeva con la maschera di bellezza, fattagli dall’amico che
gli stendeva sul viso la sua calda sborra; un’altra volta si inventò una terapia per il mal di schiena, a base di iniezioni praticatele dal Truzzi nel suo laboratorio ma invece dell’ago, nel culo la stronza si infilava la dura mazza del dottorino.
La depravata confidava al suo caro diario tutte le più minime sensazioni che
provava prima, durante e dopo i furtivi amplessi, ed anche, come, con la scuola
di Angelo, aveva imparato a fare i bocchini, l’estasi che le procurava il bere
il denso nettare che le scaricava in gola il suo amante, le lunghe sgrillettate
solitarie pensando a quello che aveva fatto e fantasticando su quello che
avrebbe fatto con il suo dottor Truzzi.
La loro attrazione carnale era così forte che si cercavano continuamente, e
per potersi vedere il più spesso possibile mia madre s’inventò una vera passione
per il sempre detestato lavoro all’uncinetto in cui erano maestre le sorelle
di Angelo.
Questo diventò un ottimo motivo per recarsi, quasi tutti i pomeriggi, a casa
del suo amante.
Leggiamo cosa scriveva:
“Oggi sono andata a casa Truzzi ma il mio tesoro é rimasto chiuso nel suo
studio per circa un’ora facendomi star male.”
Avevamo inventato questo trucco per vederci ed invece di lui nemmeno l’ombra.
Ma poi l’amore mio é venuto nel salotto, mi ha appena salutata, passando
subito a rimproverare le sorelle: “Non dovete far lavorare per tanto tempo la
signora, volete che le si rovini la vista come a voi”, e rivolgendosi a me ha
aggiunto: “lei non lo vede ma ha gli occhi arrossati, venga di la che le metto
due gocce di collirio”.
Che TESORO, ha recitato alla perfezione la parte.
Ho chiesto permesso alle due signore ed ho seguito il mio dottore.
Appena varcata la soglia dello studio ci siamo abbracciati e baciati come
se non ci vedessimo da mesi, ci siamo toccati, in un baleno la sua mazza é
diventata dura ed ha cominciato a strofinarmela sulla pancia.
“Abbiamo solo pochi secondi, BOCCHINARA fammi una pompa.” mi ha detto, costringendomi ad inginocchiarmi.
Lo so, a volte mi tratta come una prostituta, una che fa marchette, ma non ti nascondo caro diario, che questo mi arrapa ancora di più, mi piace sentirmi alla
sua mercè, completamente sottomessa al suo cazzo.
L’ho accontentato subito, era arrapatissimo, tanto che appena ho cominciato a
fargli roteare la lingua sulla capocchia ha impugnato il cazzo a due mani, lo
ha scappellato e mi ha sborrato sul viso.
Una goccia di sborra mi è finita in un occhio, ho sentito un bruciore immane,
allora ha dovuto per forza mettermi il collirio.
Ma mia madre non solo scriveva il suo diario ma a volte lo leggeva semplicemente,
e lo trovava eccitantissimo tanto da leggerlo sdraiata a letto, a cosce
aperte facendosi scivolare nella fica un grosso vibratore in lattice nero.
Era veramente una depravata.
La loro era diventata una vera mania, più si vedevano e più volevano vedersi.
Ogni occasione era buona per scopare, questo fece perdere loro ogni prudenza.
E come era prevedibile avvenne l’irreparabile, scriveva:
[ Caro diario, oggi é successo qualcosa di cui dovrò vergognarmi per tutta la
vita, sono andata all’ambulatorio di Angelo, credimi solo per salutarlo ma, come
tu ben sai, lui ha un chiodo fisso, ogni volta che ci incontriamo vuole fare
l’amore, quindi appena mi ha vista mi ha invitata ad aspettare che finisse le
visite, quindi, quando tutti sono andati via, ha chiuso la porta ed é venuto ad
abbracciarmi cominciando a baciarmi sul collo, gli ho detto di smetterla perché
poteva arrivare qualcuno ma non ha voluto sentire ragioni.
“Non preoccuparti, chi vuoi che venga a quest’ora.” mi ha risposto ed é passato
a leccarmi dietro l’orecchio mentre faceva scorrere la mano tra le mie COSCE.
E’ vero, lo so, é anche colpa mia, avrei dovuto fermarlo, ma quando mi tocca
la fica riesce a farmi perdere il controllo, non ho più pensato a niente ed a
nessuno, gli ho aperto i pantaloni e gli ho preso l’affare in mano cominciando
a fargli una sega, ma beato incosciente, ha detto che non gli bastava, si
é seduto sulla poltrona dietro la scrivania ed ha voluto che mi mettessi in
ginocchio e gli facessi un pompino.
Debbo essere onesta, anche io, a quel punto avevo voglia di prenderglielo in
bocca, quindi l’ho accontentato dedicandomi alla sua mazza anima e corpo, prima
gli ho tirato giù la pelle e gli ho infilato la lingua nella spacca della
capocchia, cosa che lo fa impazzire, poi ho cominciato a leccargli le palle.
Quindi sono risalita con la mia lingua lungo l’asta ritornando alla cappella che, quando é eccitato, diventa enorme, lì mi sono soffermata a lungo leccandola come fosse un buon gelato, e poi l’ho avviluppato tra le mie labbra.
A quel punto ho udito quasi un urlo alle mie spalle: “SVERGOGNATI, cosa state
facendo?, dottor Truzzi si rivesta, signora esca immediatamente da questo Luogo
Santo, vada altrove a sfogare i suoi bassi istinti, e tu Angelo così ricambi la
fiducia che abbiamo riposto in te?, andate via e non azzardatevi più a mettere piede in questo convento”. Era il Vice Priore, frate Giovanni.
Mi sono sentita morire, ci siamo ricomposti in fretta e siamo scappati
come due ladri, “tutta colpa tua” gli ho detto arrabbiatissima.
Ma anche lui era sconvolto, per qualche minuto non ha detto una parola, poi mi
ha chiesto scusa ed ha cominciato ad imprecare contro frate Giovanni: ”quello
stronzo l’ha fatto apposta, non mi ha mai sopportato, ha sempre cercato un motivo per licenziarmi, lo sapevo, ma lo sanno tutti, che voleva far assumere, al posto mio, il figlio della signora Belli, quella TROIA che quando va a parlare con lui o quando va a confessarsi indossa sempre delle magliette attillate e scollacciate in modo da fargli vedere un po’ di seno, e lui che é un rattoso si arrapa e certamente le avrà promesso di far lavorare quell’imbecille del figlio, ma non é giusto essere licenziato da uno che tutti sanno essere un maniaco sessuale, quando le donne confessano dei peccati di sesso chiede tutti i più minimi particolari e mi hanno detto che, man mano che le poveracce sono costrette ad entrare sempre più nei dettagli, la sua voce cambia tono e comincia ad ansimare tanto che molti pensano che si masturbi nel confessionale, comunque per me é la fine, senza quei quattro soldi che mi davano non potrò pagare le tasse universitarie e comprarmi i libri che mi servono, pazienza cambierò lavoro, non tutti debbono laurearsi, d’altro canto é solo colpa mia, non si può essere così coglione da offrirgli una simile occasione; mi dispiace più per le mie sorelle che ci tenevano tanto a che mi laureassi”.
A quel punto mi ha fatto veramente tenerezza, ho cercato di consolarlo e poi
gli ho detto di ritornare da Frate Giovanni a chiedergli scusa addossando a me
tutta la colpa.
Sulle prime era molto restio poi ha seguito il mio consiglio ed é andato dal
Frate a chiedergli perdono ma é ritornato dopo pochi minuti, mogio mogio,
perché quella carogna non aveva voluto neanche ascoltarlo ma gli aveva solo
detto che, certamente, il Priore avrebbe messo al corrente dell’accaduto
le sorelle.
Chiaramente se il Priore parlerà con le sorelle Truzzi, per me sarebbe
la fine, mi sono sentita persa e sono stata colta da una nuova crisi di
pianto, non so proprio come uscirne.]
L’episodio aveva veramente sconvolto il Dottor Truzzi, tanto che, quando
l’indomani mattina la mia mammina, profittando della momentanea assenza delle
sorelle, andò a casa di Angelo per confortarlo, lo trovò profondamente depresso
ma ancor più terrorizzato dal fatto che le sorelle fossero informate di quanto
era successo.
Questa evenienza fece prendere a mia madre una drastica decisione.
[ Caro diario, non potevo vedere l’amore mio così distrutto, quindi oggi, verso
le cinque, prima che le sorelle Truzzi, andando in Chiesa, venissero a conoscenza
del fatto, ho deciso di andare a parlare con Frate Giovanni.
Se veramente era un rattoso come mi aveva detto il mio tesoro, sapevo come
comportarmi, ho indossato quel vestitino azzurro molto corto che avevo indossato alla comunione di mia nipote, e quindi sono andata al Convento.
Sono andata direttamente in Sacrestia, sapevo che a quell’ora l’unico
Frate in giro era lui, infatti era lì.
“Buongiorno Frate, vorrei confessarmi”.
“Gradirei che in questo luogo non si mentisse, sei venuta a confessarti o a
parlarmi dell’episodio di ieri?”, mi ha detto con un tono molto acido.
Ho preferito dire la verità, “per l’episodio di ieri”.
“Allora andiamo nel mio studio”, e si é avviato, l’ho seguito con il cuore
in gola.
Il suo studio era una piccola stanzetta disadorna arredata con una scrivania
e due sedie in legno, alle pareti un crocefisso ed un’immagine della Madonna,
l’unica cosa che strideva con tanta spartanità era la presenza di un ampio divano
in pelle nera, “gli servirà per le sue porcate”, ho pensato.
Entrati ha chiuso la porta e si é seduto dietro alla scrivania invitandomi
a fare altrettanto su una delle due sedie in legno.
Nel sedermi ho fatto salire un po’ il vestito, in modo da far vedere le mie
COSCE per un palmo sopra le ginocchia, ci ha poggiato subito lo sguardo lascivo,
ho provato tanta vergogna ma ormai ero in gioco e bisognava giocare.
“Cosa hai da dirmi?”, ha esordito con un tono meno acido di prima.
Ho subito esordito chiedendo ripetutamente perdono anche a nome di Angelo.
“Ma vi rendete conto che non é sufficiente pentirsi per essere assolti da un
peccato così grave perpetrato, per giunta, nella Casa del Signore?”.
”Lo prometto non lo farò mai più, lo giuro non lo faremo mai più, ci perdoni,
la prego”.
Anziché rispondermi il porco mi ha rifissato le cosce.
Dopo oltre mezzo minuto, durante il quale non aveva fatto altro che sbirciare,
si è alzato, ha girato intorno alla scrivania, mi si è seduto vicino e mi ha
poggiato una mano sulla testa e mi ha detto con voce severa: “Sappi che il
rapporto orale é un rapporto contro natura che la Chiesa condanna senza
riserve”.
“Ma io stavo solo massaggiandolo”, ho azzardato.
Si é alzato di s**tto allontanandomi da lui, “sei irrecuperabile, vieni fino
in Chiesa a mentirmi, ho capito che donna sei, cosa speravi?, di convincermi
facendomi vedere quelle parti del corpo che tentano un uomo, io sono un Frate
e prendendo i Voti ho liberamente rinunciato ai piaceri del sesso, sappi che
oggi hai aggiunto al tuo peccato di ieri altri due peccati ancora più gravi,
la menzogna e la provocazione sessuale ai danni di un povero Frate, quasi debbo
giustificare Angelo, é solo stato sfortunato ad incontrare una donna come te,
sei un Diavolo tentatore, esci da questa Pia Dimora e non farti più vedere”,
mi ha urlato tutto d’un fiato, quindi, strattonandomi, mi ha messo alla porta.
Sono uscita dalla sacrestia in preda al più totale sconforto, nella mia mente
si susseguivano mille pensieri, la rabbia per l’intransigenza di quel maledetto, la vergogna per essermi comportata, per giunta inutilmente, come una TROIA,
cosa avrebbero detto le sorelle di Angelo venendo a conoscenza dell’episodio di
ieri?, sperando che il Frate non raccontasse il mio tentativo di oggi, quanto ero
stata stupida a dire che lo stavo solo massaggiando.
Mentre tornavo a casa, però, ho cominciato a riflettere su quello che Frate
Giovanni mi aveva detto a proposito di Angelo, ricordando le sue ultime frasi
ebbi la sensazione che avesse giudicato malissimo me e pertanto quasi avesse
giustificato lui, questa considerazione mi risollevò un po’ il morale e di corsa
sono andata a dirlo al tesoro mio.
Il quale, appena gli ho raccontato di essermi recata da Frate Giovanni, si
é molto arrabbiato, “Non dovevi andarci, non dovevi dargli la soddisfazione di
supplicarlo, ti ho detto che non mi interessano quei quattro pidocchi che mi
davano”.
Ho cercato di calmarlo, ma era tutto inutile, allora ho capito che per farlo
smettere dovevamo fare l’amore, mi sono stretta a lui ed ho cominciato a baciarlo
dietro l’orecchio, sulle prime ha fatto l’indifferente ma dopo un po’ anche lui
si é eccitato ed ha preso ad accarezzarmi il viso baciandomi e chiedendomi scusa
della partaccia che mi aveva fatto.
Ci siamo trasferiti in camera da letto, ci siamo spogliati, gli ho detto di
sedersi sul bordo del letto, mi sono inginocchiata e ho iniziato a leccargli le
PALLE poi sono salita fino alla capocchia che ho avviluppato tra le mie labbra,
e mentre con una mano gli accarezzavo i coglioni con l’altra gli ho fatto
scivolare in basso la pelle del cazzo quindi gli ho roteato la lingua sul
glande facendolo fremere di lussuria, poi ho ingoiato la sua varra fino a farmela arrivare alla gola quindi ho dato
inizio ad un ritmato su e giù facendogli quello che lui definisce il
pompino/chiavata.
Come ben sai questo trattamento lo manda in estasi, infatti dopo poco si é
disteso sul letto, ha chiuso gli occhi, mi ha bloccato la testa ed ansimando
é venuto.
Dal suo cannolo é venuta fuori tanta di quella crema che mi sono sentita
soffocare, non sono riuscita ad ingoiarla tutta, molta mi è uscita dalle labbra scendendo lungo la mazza.
“Era questo che volevi fare l’altra sera?”, gli ho chiesto.
“Certo, ma ora possiamo fare pure tante altre cosine simpatiche, fammi
riposare cinque minuti e toccherà a te morire”.
Purtroppo la sosta ristoratrice gli ha fatto ritornare in mente al mia andata
da Frate Giovanni.
“Tesoro ti ringrazio per il tuo interessamento, ma da quel farabutto non dovevi
proprio andarci,
“Ascoltami, c’é una cosa importantissima che devi sapere, lui é convinto che
io sia un donna viziosa e ammaliatrice e di conseguenza pensa che tu non abbia una grande colpa, é sicuro che ti ho concupito e tu sei solo colpevole di non avermi saputo res****re, sono certa che se tu torni a chiedergli perdono, scaricando ogni colpa su di me, questa volta sarà più malleabile”.
“Mai, manco morto”, come potrei andare a pregare un maiale che si permette di pensare che sei una poco di buono, d’altro canto lui é abituato ad incontrare
solo delle stronze, vedi la signora BELLI, e poi se non ci sei riuscita tu con
quel fisico che ti ritrovi e con quel vestitino che ti sei messo”, ha amaramente
concluso cominciando ad accarezzarmi i seni.
Ormai la sosta era terminata, mi ha steso al centro del letto, mi ha
allargato le gambe ed al grido: “alla faccia di Frate Giovanni”, ha iniziato
a leccarmi la passera poi si è steso su di me infilandomelo nella fica,
gli ho stretto le gambe dietro la schiena per non perdermi un sol centimetro del suo cazzo ed abbiamo scopato per oltre un’ora.
Alla fine sono ritornata all’attacco e l’ho convinto ad andare a chiedere perdono al Frate; anche se a malincuore ha accettato,
“D’accordo domani mattina ci vado anche se penso che sia tutto inutile”.
“Devi provarci, appena hai finito vieni a casa mia, mio marito sarà fuori fino a sera però il ragazzo torna dalla scuola verso le due, cerca di venire prima”]
Il giorno seguente il diario raccontava:
[ Ho aspettato trepidante il suo ritorno, la prima cosa che mi ha detto è che
Frate Giovanni è un gran figlio di puttana, lui, seguendo il mio consiglio,
aveva chiesto ripetutamente perdono e promesso che non avrebbe mai ripetuto
una simile sciocchezza aggiungendo che ero stata io, con atteggiamento lascivo
a tentarlo, e che di mia iniziativa mi ero inginocchiata ai suoi piedi, gli
avevo sbottonato i pantaloni ed avevo cominciato a leccargli il cazzo.
“All’inizio, impassibile al mio pentimento ed alla mie promesse, era molto
arrabbiato ed irremovibile nella decisione di licenziarmi e, ancora peggio,
di avvisare le mie sorelle dell’accaduto, asserendo di non essere per niente
convinto della mia ingenuità nel farmi abbindolare da te, “Che arti amatorie
possiede questa donnaccia per farti commettere atti impuri
e contro natura in un luogo sacro?”, mi ha chiesto”.
“Gli avrei spaccato la faccia a quello stronzo, non ho risposto, ma poi
pensando che le mie sorelle, bigotte come sono, avrebbero potuto mettere
al corrente della nostra storia tuo marito con tutti i problemi che ti avrebbe
creato una simile situazione ho deciso che era meglio assecondarlo ed ho
cominciato a tergiversare dicendogli che non ci sono arti segrete, che ci
amiamo, e che tu sei trascurata da quel bestione di tuo marito, ma il figlio
di puttana non ha abboccato”.
“Bene, se non hai altro da dire puoi andare, passa domani a prendere al tua
roba dal laboratorio” ha detto secco.
“Cosa volete che vi dica?, ho implorato”.
“Tutto, come in confessione”.
“D’accordo, ma la prego, mi faccia lei le domande, e le risponderò come se mi stessi confessando”.
“Ha voluto che gli raccontassi come ti avevo conosciuta, chi aveva preso
l’iniziativa, dove avevamo scopato la prima volta, e quando gli ho detto della
mezza chiavata sul lettino dell’ambulatorio ho pensato che mi avrebbe sbattuto
subito fuori, invece ha continuato imperterrito con le domande, ha voluto sapere
se ero mai venuto a chiavare nel tuo letto matrimoniale, se ti piaceva essere
inculata, se lecchi le palle, se fai pompini, se ti fai godere in bocca e se ingoi
la sborra ed infine mi ha chiesto se ci rendiamo conto dei peccati che stiamo commettendo e se vogliamo metter fine a tutto questo, ovviamente, gli ho risposto
prontamente di si, ma non credo ci abbia creduto.
Comunque mi ha lasciato una speranza, ha detto che abbiamo bisogno di chiedere a Dio la grazia di farci uscire da questa situazione e che lui non può fare altro che pregare per noi, nel frattempo ci penserà e mi farà sapere se avrà cambiato idea, io non ci credo, è troppo un figlio di puttana.”
Mi sono resa conto che il mio amore era veramente alla disperazione ed ho cominciato a sussurrargli parole dolci di conforto ma è stato tutto inutile ma quando gli ho chiesto se possiamo ancora fare qualcosa mi ha detto che l’ultimo disperato tentativo potrei, ma solo se me la sento, farlo io andando dal quel porco a confermare il nostro pentimento e la nostra determinazione a porre fine alla nostra storia, gli ho risposto che per vederlo felice farei di tutto.]
Due giorni dopo il diario raccontava:
[Ci sono andata nel pomeriggio, questa volta mi sono vestita molto castamente.
L’ho trovato in Sacrestia, gli ho baciato la mano gli ho detto che avevo bisogno
di parlargli, mi ha risposto di avviarmi nel suo studio dove mi avrebbe raggiunto tra qualche minuto.
Quando è arrivato si è seduto sul divano, invitandomi a fare altrettanto, io
invece, anziché sedermi gli ho di nuovo baciato la mano e mi sono inginocchiata come se dovessi confessarmi e lui mi detto “vuoi confessarti? allora dimmi, in
cosa hai peccato”, mi ha chiesto con una sfacciataggine incredibile, fingendo di non sapere niente di me, gli ho risposto che tradivo mio marito.
“Questa è cosa molto grave, dimmi perché lo fai?”
“Ho commesso l’errore di invaghirmi di un altro uomo”.
“Ma ti rendi conto della gravità di tutto questo?”
“Si Padre.”
“Dimmi come si estrinseca questo rapporto?, fate anche del sesso?”.
“Si Padre”.
“Avete dei rapporti canonici o anche contro natura, in pratica ti fai inculare?”.
Bastardo, adesso scendeva anche nei particolari, ma mi è convenuto stare al
gioco.
“A volte, Padre”.
“Avete anche rapporti orali?, lui ti lecca la fica e tu gli fai dei pompini?”.
Insisteva il figlio di puttana, l’avrei strozzato, ma non avevo scelta, dovevo
rispondergli e dirgli la verità.
“Si, Padre”.
“E lui ti gode in bocca?”.
“Non sempre, Padre”.
“E tu ingoi la sua sborra?”.
“Qualche volta, Padre”.
“Questi sono peccati gravissimi, la Chiesa vieta nel modo più assoluto i rapporti che non hanno finalità procreative quindi i pompini con ingoio e le inculate sono condannate dalla Chiesa come opere dannate, voi siete posseduti dal Demonio, dovete interrompere subito questa relazione peccaminosa, lo prometti?”.
“Certo, Padre, non lo faremo più, lo prometto”.
“Adesso ti darò giusta una penitenza che farai per farti perdonare i gravissimi peccati che hai commesso”.
Mi ha poggiato una mano sulla testa e mi ha chiesto se ero pronta.
Ingenuamente ho risposto “si, Padre”.
Allora il depravato si è sollevato il saio, ho subito visto che non aveva le
mutande e che aveva la MAZZA eretta, mi ha spinto con la mano verso il suo cazzo e mi ha costretta a prenderglielo in bocca, poi si è alzato, il saio mi è finito sulle spalle, sono restata al buio, mi ha bloccato la testa ed ha cominciato a CHIAVARMI in bocca, non sono riuscita
a divincolarmi, che schifo, ho provato un immane ribrezzo, ho fatto tanti bocchini ma mai contro la mia volontà, ma invece adesso quel maiale mi violava la bocca contro il mio volere, ho pensato di dargli un morso da staccargli mezzo cazzo ma poi ho desistito perché mi sono ricordata che ero lì per aiutare il mio amore e mi sono rassegnata a farlo fare tutto quello che voleva, dopo poco ha intensificato il movimento, ho capito subito che stava per venire, infatti mi ha scaricato in gola una quantità enorme di densa SBORRA che ovviamente non ho ingoiato e che mi è fuoriuscita dalla bocca colandomi sul vestito insozzandomelo tutto, lui, come se niente fosse, si è ricomposto e si è rimesso a sedere.
Se avessi avuto un’arma lo avrei ammazzato.
Poi mi ha dato un fazzoletto per pulirmi il viso, mi ha accarezzata e mi ha
aiutata ad alzarmi, quindi il porco mi ha detto che mi capiva, “lo so la carne è
debole”, ed ha aggiunto “come vedi a questo mondo siamo tutti peccatori”.
Sono scappata a casa, avevo bisogno di lavarmi, di purificarmi ma il sapore acre
della broda mi era rimasto alla gola, non ho resistito ed ho vomitato.
Più tardi sono andata da Angelo per aggiornarlo sulla visita al Frate, giusto
un bacio e subito mi ha chiesto come andata, gli ho raccontato tutto ad
eccezione, ovviamente, del bocchino forzato che sono stata costretta a fare, e gli ho detto che secondo me, dopo l’ampia confessione e la promessa di troncare la nostra storia, ci aveva perdonati.
“Quello è un zozzo, se ci ha perdonati è perché ti avrà chiesto e tu sarai stata costretta a concedergli qualche prestazione sessuale”
“Ma tu sei matto, per chi mi prendi?, per una donna di facili costumi, io certe
cose le faccio solo con te e solo perché ti amo.”
“Mica volevo offenderti, tesoro, ho detto ti ha costretta, lo sanno tutti che lui è un grande estimatore delle pompe con l’ingoio, mica ha voluto che lo spompinassi e gli ingoiassi la sborra?”
Gli ho giurato di no, ma tu sai che io a lui non so mentire quindi forse la mia voce è suonata falsa e lui non mi ha creduta.
“Povero angioletto mio, tu hai fatto questo per me?, per il mio lavoro?, come mai
potrò ricambiare questa grandissima prova d’amore che mi hai dato? allora mi ami davvero?”
Non ho parlato più, mi sono stretta a lui e l’ho baciato e poi sono dovuta venir via, si era fatto molto tardi.]
Provai una sorta di gelosia verso quell’uomo di cui mia madre era veramente
innamorata pazza tanto da arrivare a fare un bocchino ad un porco profittatore
nel tentativo di non farlo licenziare e, nel contempo, una sorda rabbia verso
quello squallido Frate ricattatore cui augurai il massimo delle disgrazie.
Appresi sempre dal diario che il dottorino l’indomani comunicò a mia madre che il Frate l’aveva creduta e l’aveva invitato a ritornare allo studio promettendogli che non avrebbe detto niente al Priore, mia madre ne fu felicissima.
La loro storia riprese normalmente con amplessi ancora più furiosi a base di
lunghe chiavate, poderose inculate e pompini con ingoio che mi arrapavano sempre
di più facendomi sparare delle meravigliose seghe.
Dopo qualche settimana, Angelo, al settimo cielo, disse a mia madre che Frate Giovanni aveva organizzato un pellegrinaggio di tre giorni presso un santuario in Slovenia, lui ci sarebbe andato come accompagnatore e quindi se lei avesse fatto parte della comitiva avrebbero avuto l’opportunità di trascorrere due notti di fuoco.
Mia madre rispose subito di no, non voleva assolutamente correre il rischio di
dover accettare qualche altra avance di quel Frate porco, ma il dottorino la
tranquillizzò dicendole che sarebbe sempre stato con lei e quindi che non correva alcun rischio e poi passò a descriverle le chiavate, le inculate, le godute che avrebbero potuto fare in quei giorni.
Come sempre la mia dolce e puttana mammina si lasciò convincere ed accettò.
Concordarono che l’indomani mia madre si recasse in Chiesa a confermare la sua
adesione.
Ma qualcosa cambiò nei giorni successivi, mia madre non andò in pellegrinaggio e diventò molto triste, non mangiava quasi niente, il pomeriggio non usciva più di
casa.
Non riuscivo a spiegarmi cosa fosse successo anche perché, stando lei sempre in
casa, non potevo leggere il suo diario che mi avrebbe chiarito tutto.
La cosa andò avanti per una settimana, ma un pomeriggio, finalmente, uscì.
Di corsa andai a prendere il diario e cominciai a leggerlo.
[NON E’ POSSIBILE, E’ ASSURDO, NON CI POSSO CREDERE, SE NON L’AVESSI SENTITO CON LE MIE ORECCHIE NON CI CREDEREI.
Caro diario invece di andarci domani, presa dalla frenesia, ci sono andata oggi a
sottoscrivere la mia partecipazione al pellegrinaggio, mi sono diretta verso la sacrestia, all’inizio del corridoio ho visto Angelo entrare nella stanza di Frate Giovanni, l’ho chiamato, non mi ha sentita, arrivata vicino alla porta, ho visto
che era socchiusa, ho pensato di aspettare per non disturbare ed involontariamente
ho ascoltato cosa dicevano,
A: Padre come le avevo detto la signora ha accettato di venire a fare il
pellegrinaggio, domani viene a dargliene conferma, la troia non vede l’ora di
farsi fare il culo da lei, contento?
G: Ma tu sei matto, matto da legare, cosa le hai detto?, quale altra bugia le
racconterai per farle fare altre porcate?
A: Le ho detto semplicemente che lei era rimasto soddisfattissimo del pompino,
cosa che è piaciuto tanto anche a quella stronza, ma che adesso lei vuole farle
anche il culo e la troiona ha accettato con entusiasmo,
G: Ma non è vero, e poi penso che la poverina il pompino l’abbia fatto solo per
salvarti il posto di lavoro che tu ben sai non è stato mai in discussione ma
che sei riuscito, con la menzogna, a farle credere in pericolo, sei diabolico,
non avrei mai dovuto darti ascolto, non dovevo prestarmi al tuo ricatto, non
dovevo fingere di sorprendervi nell’ambulatorio, non avrei mai dovuto
costringere quella santa donna a fare, contro voglia, quello che le ho fatto
fare, l’unico peccato di quella poverina è di essersi innamorata di te,
A: Si ma adesso non faccia il santo, non mi dica che non le è piaciuto il
lavoretto di bocca che le ha fatto quella bocchinara nata e scommetto che ha
voluto pure che le ingoiasse la sborra, conosco bene i suoi gusti, me li ha
descritti benissimo la signora Belli, lo so che lei adora i bocchini con
l’ingoio le lunghe montate e le inculate spacca culo,
G: Tu sai benissimo che fui tentato ripetutamente da quella donnaccia, lo so, ho
sbagliato ma sapessi quante volte ho chiesto perdono al Signore, quante
penitenze mi sono inflitto ma quella più grande me l’ha inflitta il Padreterno
facendoti venire a conoscenza della mia debolezza, sei un delinquente, mi stai
ricattando da tempo, e continui a mettermi in condizioni di potermi ricattare,
tu non hai scrupoli, adesso sei arrivato a coinvolgere anche una donna che ti
ama con tutto il cuore, Dio abbia misericordia di te,
A: Basta con le prediche, adesso mi hai rotto il cazzo, se non vuoi che si sappia
del pompino in sacrestia, domani mi devi procurare venti milioni, mi servono,
lo sai che a fine mese mi debbo sposare, dai non fare lo stronzo, cosa sono per
te venti milioni, e poi credo che siano ben spesi per un bocchino con ingoio
in Sacrestia fatto magistralmente da una vera professionista della pompa e due
notti a chiavare, inculare e farti spompinare da quella grandissima vacca
rottainculo che non è una fredda prostituta ma una vera grandissima zoccola
lussuriosa, viziosa, vera cazzo dipendente.
Abbiamo concordato che la farò impalare sul mio cazzo, le aprirò le chiappe e
tu la inculerai, pensa che goduria, quindi attento a no fare scherzi, la
Signora, per amore mio, è prontissima a dire a tutti che l’hai costretta a
farti una pompa con ingoio in Chiesa.
G: Basta, vade retro satana, vai via, domani avrai i tuoi soldi, io mi darò
ammalato ed al pellegrinaggio non verrò, io non credo ad una parola di quello
che mi dici della tua signora, sono convinto che sia una bravissima persona che
ha perso, spero solo momentaneamente, il ben dell’intelletto drogata dalle tue
menzognere parole, tu cerchi solo di farmi fare cose per cui potrai ricattarmi
all’infinito e penso che cerchi di coinvolgere anche lei in modo da farla
diventare ricattabile come me, FUORI, FUORI!!!!,
A: Bravo vedo che hai capito, è sempre comodo avere una puttana a disposizione
che non può negarmi niente, non solo per me ma anche per far divertire qualche
amico che poi mi sarà ovviamente molto riconoscente, ma sei un coglione se la
credi “una bravissima persona”, quella è una vera stronza, basta dire che è
sposata e viene a farmi bocchini fino nell’ambulatorio peggio di una
prostituta, bisogna però riconoscere che è una grandissima chiavata, mi fa
impazzire, quasi mi dispiace che me la scoperò solo fino a fine mese, ma una
volta sposato la mando a fare in culo, voglio essere fedele a mia moglie, il
MIO UNICO VERO AMORE, e vedrai che la stronza mi sostituirà subito con un
altro, basta che gli dia tanta razione di cazzo quanta gliene ho data io in
questi anni.
G: Fuori, fuori, sei una canaglia, che IDDIO ti perdoni.
Prima che uscisse ho fatto in tempo a nascondermi ed a non farmi vedere, non volevo dargli la soddisfazione di vedermi piangere, poi mi sono sentita tanto male, mi sembrava di impazzire, la mia testa scoppiava, non era possibile, l’uomo che amavo con tutte le mie forze era un ricattatore che si era preso gioco di me, che mi aveva ingannata nel modo più vergognoso possibile, che aveva una fidanzata
da sposare tra pochi giorni, che mi definiva una troia, una puttana, una
prostituta, che mi avrebbe mandata a fare in culo senza tener conto dei miei
sentimenti trattandomi come una cosa da gettare dopo averla usata, che mi aveva usata per i suoi squallidi ricatti a quel povero Frate Giovanni, cui aveva fatto intendere che ero io che desideravo fargli un pompino, che ero io che volevo farmi
inculare perché sono una viziosa, una depravata, CHE STRONZO, l’avrei ammazzato.
Subito dopo è uscito il Frate, mi ha vista che singhiozzavo, ha capito subito che avevo ascoltato tutto, mi ha pregata di entrare nella sua stanza ed appena entrati ha chiuso la porta e mi si è inginocchiato davanti, mi ha baciato le mani e
piangendo mi ha detto.
“Sono un verme, ho peccato tantissimo, ma credimi sono pentito, ti chiedo scusa, adesso sai come sono andate le cose, ma non per questo sono giustificato, mi
vergogno di me stesso e chiedo perdono prima che a Dio a te, povera donna finita
tra due depravati, perdonami, ti prego, se puoi, perdonami.”
Dopo quello che avevo ascoltato prima non ho fatto fatica a credergli, anzi mi ha quasi fatto pena, ma poi mi sono ricordata di quello che mi aveva costretto a fare quella volta in sacrestia, ho risentito il disgusto della sborra in gola, “gli uomini sono tutti uguali, tutti porci” ho pensato.
“Si rialzi, non pensi a lei, pensi a quel depravato, se vuole lo licenzi, lui non avrà il coraggio di parlare in giro di noi, e se pure lo facesse, lo denuncerei per calunnia, non ha testimoni, ed inoltre lo direi a mio marito che gli spaccherebbe la faccia per non dire che gli spezzerebbe le gambe”.
“Grazie, lo farò subito, grazie la sua disponibilità porrà termine ad un odioso ricatto, io e Dio gliene saremo grati per sempre”, e si è rialzato, mi sono girata e sono andata via senza neanche salutarlo.]
Adesso mi spiegavo tutto, mia madre era stata ingannata nel modo più squallido
possibile da quel farabutto, figlio di puttana di Angelo Truzzi.
Pensai che avrei dovuto fargliela pagare, pensai ad un pestaggio che potevo fargli fare dagli amici di scuola, ma riflettendo che avrei dovuto loro spiegare il motivo di una simile spedizione punitiva lasciai perdere.
Poi un lampo, mi dissi: “Perché non cerchi di profittare della situazione per
realizzare il tuo grande sogno di chiavarti la tua adorabile mammina che, come
giustamente ha detto il dottorino, in fondo è una stronza perche sebbene
sposata, va nel suo ambulatorio a fargli bocchini, quindi non devi farti troppi
scrupoli, perché non provarci?, da giorni non prende la sua razione di cazzo, potrebbe essere arrapata e vogliosa”.
Al solo pensiero accelerai la sega e venni.
Il pomeriggio lei era, come al solito, seduta sul divano inebetita davanti alla tele, mi andai a sedere al suo fianco.
“Ma cosa ti succede mamma, perché da giorni sei così triste, non ha voglia più di uscire, incontrare gente, dai, dimmi cosa ti preoccupa, problemi con papà?.”, le mentii sapendo di mentire.
“No, no, con lui purtroppo sempre le solite cose, cioè niente, non mi sento molto bene, sono un poco raffreddata, mi passerà presto vedrai, non preoccuparti, sei molto caro a volermi aiutare, ma tu non puoi farci niente, tranquillo passerà, passerà.”
“Allora sono io a farti stare male, lo so non sono uno studente modello, ma ti
prometto che studierò di più, molto di più, se questo serve a farti stare meno
preoccupata.” mentendo questa volta ancora più spudoratamente.
“No tesoro tu non c’entri per niente, sei molto caro a preoccuparti per me, vieni qua fatti dare un bacio.” e mi strinse a lei.
Il contatto con il suo corpo caldo e tante volte desiderato mi provocò un brivido
ed un’erezione bestiale, il cazzo mi si gonfiò nelle mutande, dovetti girare il
bacino per non farle notare la cosa.
“Si, lo so che non sono ne io e ne papà la causa della tua disperazione”
azzardai.
“E chi sarebbe secondo te?” mi chiese incuriosita.
“Mamma io so benissimo chi è”.
“Ma cosa dici”
“Mamma io so tutto, la causa della tua depressione è quel grande figlio di
puttana di Angelo Truzzi.”
“Ma che dici, sei matto, che c’entra lui.”
“Mamma, perdonami, io ho letto il tuo diario, so tutto delle tua storia con quel depravato vigliacco ricattatore.”
“Oddio, che vergogna, lo so, mi sono comportata come una poco di buono, ma credimi io l’amavo veramente, l’ho fatto solo per amore, tuo padre mi trascura per correre dietro ogni puttanella che incontra ed io avevo invece bisogno di un uomo che mi facesse sentire importante, ma ho puntato sull’uomo sbagliato, chi avrebbe mai pensato che fosse falso, bugiardo ed anche ricattatore.”
Che stronza bugiarda, mi vennero in mente le parole che avevo letto nel suo diario la prima volta che era andata nello studio del dottorino: [“ed allora non perdiamo tempo, dai PRENDIMI sono mesi che desidero questo momento”, mi alzai la gonna in vita e mi posizionai sul bordo del lettino con le GAMBE penzoloni], altro
che amore la troia l’aveva fatto per il puro desiderio di un cazzo nella pancia, che puttana.
“Mammina, tu non devi più pensare a loro, sappi che ci sono io che posso farti sentire una vera donna, io ti darò tutto l’amore e l’affetto che meriti e per quanto riguarda il resto, tocca qua.” e le portai la mano sulla patta.
Lei la ritirò immediatamente, ma io gliele strinsi forte e la riportai sul pacco, questa volta non si oppose e quasi sicuramente in crisi di astinenza, mi strinse ancora più forte a se e cominciò ad accarezzarmi il rigonfio, era fatta, mi buttai a capofitto tra le sue mammelle e cominciai a baciarle da sopra la vestito, che meraviglia.
Con un gesto elegante la puttanona fece scivolare la spallina del vestito e mi
diede da succhiare un durissimo capezzolo, poi armeggiò intorno alla cintura dei miei pantaloni, li sbottonò, me li calò alle caviglie, mi abbassò la mutande facendo venire fuori la bestia infoiata e mentre con una mano mi accarezzava le palle con l’altra prese a scappellarlo cominciando una deliziosissima sega.
Mi sembrava di impazzire, era una situazione paradossale, ero attaccato al suo
seno come un neonato ma avevo una mazza durissima che non vedevo l’ora di
schiantargliela in corpo.
“Poverino come soffre, sta per scoppiare, adesso ci penso io.” disse la viziosa e
si piegò sul mio cazzo cominciando a leccarmi la capocchia.
Appena se lo portò tra le labbra le bloccai la testa, con un lento colpo di reni
glielo infilai in bocca fino alla gola dove scaricai un fiume di densa sborra.
“Accidenti, quanta, avevi proprio bisogno di godere”, commentò la mia adorabile
mammina quasi a giustificare il depravato bocchino al figlio.
Capii che davanti ad un cazzo non aveva freni e che la pompa era solo l’inizio della realizzazione di tutti i miei sogni, divenni subito esplicito.
“Erano mesi che non desideravo che questo, sapessi quante seghe mi sono sparato mentre leggevo il tuo diario, sapessi quante volte ho sognato di essere al posto di Angelo, lo invidiavo tanto, avrei voluto chiavarti io, essere io a sfondarti il culo e a riempirti la bocca di sperma.”
“Non pensiamo più al passato, da oggi in poi faremo tutte quella cose che hai sognato, ma adesso fai godere anche me, dai leccami la fica.” e si stese sul divano e divaricò oscenamente le cosce.
Che mamma zoccola che tengo, che depravata bocchinara, che fortunato che sono, pensai. Prima di cominciare a leccare mi alzai ed andai a prendere il vibratore.
“Oh Dio, sapevi anche di quello, che figura, mi considererai sicuramente una
viziosa”.
“Ma cosa dici, tu sei solo una donna fragile preda di un delinquente farabutto”.
Come ero falso, sinceramente io pensavo non solo che era una viziosa ma che era anche una puttana, una succhia cazzi, una rotta in culo, una depravata pronta a tutto per sentirsi riempita da un nerboruto cazzo.
“Dai infilatelo nella fica, voglio vederti come te la spassi con un grosso cazzo finto nella pucchiacca”.
“Se ti eccita vedermelo fare ti accontento subito”.
La troia aprì le cosce e s’infilò nella spacca il grosso dildo facendolo vibrare al massimo.
Vedendola così oscenamente aperta infilai la testa tra le sue cosce, spostai il vibratore e cominciai a leccarle la fica, lei si contorse come una biscia, biascicava parole incomprensibili, era bagnatissima.
“Che meraviglia, come mi lecchi bene, la prossima volta voglio il tuo nella pancia, dai sto per godere, non fermarti”.
“Ti piace come ti lecco?”
“Si sei bravissimo”.
“Allora ti lecco fino a farti godere”, e per farlo meglio le tolsi il vibratore dalla spacca.
Da come si dimenava si capiva che le piaceva da morire.
“Adesso ti faccio godere meglio, ti infilo in culo questo grosso vibratore, riesci a prenderlo tutto?”.
“Eccitata come sono, penso di si, ma prima fammelo leccare, così si bagna e sento meno dolore quando entra la cappella”.
Non vedevo l’ora di fiondarle nel culo quel grosso vibratore, glielo tolsi di bocca,
“Adesso vedrai che non sentirai dolore”, lo puntai sul buchetto nero e spinsi con tutta la forza che avevo in corpo facendolo entrare fino alla palla.
La zoccola diede un urlo bestiale, io invece impazzii, le avevo sfondato il culo.
Ma subito dopo la mammina cominciò a gustarsi appieno il mostro vibrante, mi schiacciò la testa sulla fessa e me la bloccò.
“Lecca, adesso, lecca”.
E quello feci fino a quando con un urlo strozzato stese le gambe e venne.
Da quel momento la mia vita cambiò radicalmente, non persi più tempo a correre dietro le mia coetanee sempre restie a scopare, adesso scopavo quando volevo e come volevo ed ogni volta scoprivo qualcosa di nuovo della personalità di mia madre.
Già sapevo che era una donna dolce e sensibile, la scoprii anche sensuale,
appassionata ma principalmente constatai che era una grandissima troia mai sazia
di cazzo. Appena ne avevamo l’occasione scopavamo.
Spesso era lei a prendere l’iniziativa, e la cosa che più mi faceva impazzire
era quando la sera quando andavo a letto a dormire, veniva nella mia stanza mi faceva un bocchino fino a farmi sborrare e mi diceva: “adesso con la mente libera riposerai molto meglio, figlio mio”.
Che puttana!.
Adorava essere inculata e pur sentendo dolore quando entrava la mia grossa
cappella non voleva usare vaselina o creme , “con l’olio non si sente il
contatto della carne”, confessava candidamente la stronza.
In culo voleva che le scaricassi tutta la mia sborra, cosa che la faceva godere
immediatamente, mentre nella fica no, “troppo pericoloso” diceva la mignottona, ma aveva una soluzione alternativa favolosa, infatti quando la chiavavo, lei che
era bravissima ad accorgersi quando stavo per venire, a quel punto e mi diceva “dai mettimelo in bocca e sborrami in gola” ed ingoiava tutto.
Era golosissima di sperma, le piaceva il sapore , l’odore, la lattiginosità e con esso si spalmava tette e pancia quando, per variare, mi mettevo in piedi sul letto, e menandomelo skizzavo sul suo corpo.
Per casa doveva stare sempre nuda indossando solo una vestaglietta
in modo che appena avevo voglia la raggiungevo e la inculavo.
Cercavo, però, sempre cose più eccitanti, e così cominciai a farle leggere il suo diario, era uno spettacolo sentirla e vederla masturbarsi mentre lo leggeva, io le chiedevo maggiori dettagli sulle cose scritte e descrizioni precise delle sensazioni che aveva provato nel farle.
La troia non si vergognava a raccontarmi del piacere che provava appena toccava un cazzo, la libidine di averlo tra le labbra, il piacere di sentirselo infilare lentamente nella fica ed il successivo pompaggio che doveva essere lungo ed
energico, la goduria immensa che provava quando le sfondavano il culo, lo dovevano fare dall’alto verso il basso con colpi profondi e violenti, così diceva si sentiva veramente sottomessa al maschio.
Una volta le chiesi quale era stata la migliore inculata della sua vita e lei
candidamente mi rispose, cosa che immaginavo avendo letto l’episodio nel suo
diario, la prima volta che l’aveva concesso ad un uomo, il suo amante al mare.
Che stronza, mi descrisse tutta la scena, mi parlò dell’attrazione fisica che provava per quel ragazzo, così forte da farle perdere ogni freno inibitore ed ogni prudenza, mi disse che il ragazzo abitava, da solo, nel suo stesso palazzo al piano superiore, ed a me che le feci notare che chiunque l’avesse vista salire o scendere avrebbe capito che la signora sposata andava dal bel ragazzone a farsi trombare, “era così bello e scopava così bene che non mi importava di niente e di nessuno” mi confessò la puttanona.
“Neanche di papà ti preoccupavi?”.
“E cosa avrebbe potuto dire quel porco traditore, lui sotto gli occhi di tutti mi
tradiva con la prima donna che vedeva, mi aveva tradito anche con la mia migliore amica, sapessi il dolore che provai quando lo seppi”.
“Ma tu l’hai sposato per amore?”.
“Certo, e per cos’altro, era uno squattrinato, solo che era affascinate, bello,
seduttore, tutte le donne cadevano ai suoi piedi, io me ne innamorai pazzamente,
ma i miei genitori ed i nonni, non volevano, loro mi dicevano che non sarebbe
cambiato dopo il matrimonio, ma io che avevo solo diciassette anni e conoscevo
poco gli uomini, ero convinta di riuscire a cambiarlo, e per costringerli ad
acconsentire decidemmo di scappare di casa, all’epoca un uomo dopo la fuga doveva
sposare la donna che aveva “disonorata”, e quindi i miei dovettero accettare.
“E dove andaste?”
“Appena fuori città, conoscevamo una casa abbandonata con ancora qualche
suppellettile, e passammo lì la nottata”.
“E cosa faceste?”.
“Mi chiavò tutta la notte venendomi sempre nella fica, speravamo che rimanessi incinta per rendere più irreversibile la situazione, ma non ci riuscimmo, e poi ti confesso che lo feci sperando di legarlo per sempre a me”.
Che stronza, si era fatta riempire di sperma per rimanere incinta ed incastrare quel pollo di mio padre, la mia stima per le donne crollava giorno dopo giorno, decisi che non mi sarei sposato mai.
“E dopo il matrimonio le cose cambiarono?”.
“Assolutamente no, continuò a fare quello che aveva sempre fatto, andare a caccia di donne e portarsele a letto, si scopò anche la mia migliore amica, sapessi il dolore che provai quando lo seppi, questo stato di cose mi umiliava, mi deprimeva fino a quando cominciai ad odiarlo e decisi di fargliela pagare, il primo fu il ragazzo al piano di sopra al mare e poi diversi altri, i corteggiatori non mi mancavano, avevo solo l’imbarazzo della scelta”.
“Ed in base a cosa li sceglievi?”.
“Dal desiderio del momento, una volta avevo voglia di farmi fare il culo in modo brutale, a casa veniva a portarci la frutta un contadino di circa quarant’anni, ignorante, sembrava un’a****le ma aveva un grosso rigonfio tra le cosce, un giorno mi feci trovare con una vestaglia trasparente e niente sotto, mi guardava come un toro infoiato guarda la sua vacca, andai verso di lui, gli sbottonai i pantaloni, gli abbassai le mutande, venne fuori proprio la mazza che avevo immaginato, un randello di circa trenta centimetri ma anche molto grosso in circonferenza, glielo carezzai, si drizzò e diventò durissimo, mi spogliai, mi piegai a pecora sul divano e senza mezzi termini gli dissi, “dai sfondami il culo”, e lui non si lasciò pregare”.
“E ti piacque?”.
“Tantissimo era quello che desideravo in quel momento, volevo solo che qualcuno mi sfondasse il culo, ed utilizzai quel bestione senza cervello ma con un mazza enorme per scaricare la mia libidine, il poverino quando rivenne a casa pensava di continuare il discorso, lo fulminai con un semplice sguardo, e ristabilimmo subito le distanze tra una signora per bene e sposata ed uno zoticone”.
Mentre cucinava doveva stare sempre nuda indossando solo un grembiule
In modo che ogni volta che ne avevo voglia potessi incularla facilmente.
Mi piaceva sempre di più parlare con lei di cose sconce in modo osceno, un giorno le dissi: “pensa di mettere in fila tutti i cazzi che hai provato facendoli diventare un solo lungo cazzone, quanto sarebbe lungo”, ci pensò un attimo e rispose candidamente: “almeno venti metri”; feci un rapido calcolo, se cinque o sei cazzi normali facevano un metro ne aveva presi circa 120, che puttana
sfondata!!!!.
Durante uno dei nostri discorsi sul sesso le chiesi: “qual è stato il cazzo più bello che hai provato?”, la risposta mi sconvolse, “quello di Frate Giovanni, è enorme, nerboruto con due bellissime palle ed una capocchia liscia bellissima, se solo me lo avesse fatto vedere senza costringermi a fargli, contro la mia volontà la pompa, io glielo avrei leccato per ore, gli avrei prosciugato i coglioni, è quello che ogni donna sogna di avere nelle mani ed in bocca per poi portarselo nella spacca”.
“Fallo, allora, non perdertelo”.
“Mai, dopo quello che mi ha fatto sento per lui un profondo senso di ribrezzo e nausea, e poi adesso ho un cazzo ancora più bello, il tuo, e non desidero altro” e mi baciò in bocca infilandoci la lingua, scopammo alla grande.
Qualche giorno prima del suo trentasettesimo compleanno, eravamo a tavola a pranzo e mia madre chiese a mio padre cosa le avrebbe regalato per la ricorrenza.
“Non ne ho la minima idea”, rispose con tono acido il mio genitore.
“Ho visto una bella borsa di Gucci”
“Ma tu sei matta, immagino quanto costerà”.
“Mica voglio l’originale, mi basta una taroccata”.
“Ne hai già tante, e poi non ti manca niente, è inutile spendere altri soldi, meglio cominciare a fare economia in questa casa, cominciamo ad eliminare i regali superflui”, si alzò ed andò a sdraiarsi sul divano.
Guardai mia madre, aveva gli occhi pieni di lacrime, “che carogna”, pensai e decisi di farle io il regalo.
Il giorno prima del compleanno andai al mercato dove sapevo vendevano le borse taroccate, trovai un nigeriano che le vendeva e gli dissi se mi faceva la cortesia di venire l’indomani, con le sue borse, a casa mia in modo da far scegliere a mia madre quella che desiderava, disse si, mi chiese l’indirizzo e l’orario.
Ed infatti, mentre la mia cara mammina preparava una torta x la sera, bussarono alla porta, io non mi mossi ed ad aprire andò lei.
“Grazie, non ho bisogno di nulla” tagliò corto mia madre, allora intervenni e dissi “lascialo entrare, l’ho fatto venire io ed adesso capirai anche perché”.
Il ragazzo poggiò sul tavolo il suo borsone e mise fuori delle borse.
“Dai scegline una, te la compero io”.
“Ma non posso accettare, tu hai sempre pochi soldi, non sprecarli per me”.
“Non preoccuparti, pensa a scegliere, poi ti spiego come ho fatto ad averli”.
“Hai vinto al lotto?, io non debbo scegliere, la borsa che volevo è questa, e costa anche poco, è bella, ti piace?”.
“E’ molto fine”, chiesi il prezzo e pagai.
“Mi devi ancora dire dove hai preso i soldi?”.
“Dal portafoglio di papà, pochi alla volta così non si è accorto di nulla”.
“Allora comunque è un regalo di papà, vista la provenienza dei soldi.”
“Certo, ma anche io ti ho fatto un regalo, molto meglio di una borsa taroccata, il mio regalo per il tuo compleanno è LUI” ed indicai il negro.
“Cosa? ma sei matto, cosa vai pensando, non accetterò mai”, ma rimase immobile a guardare Fred che, come d’accordo, si sbottonò i pantaloni, non aveva le mutande,
mise fuori una vera e propria proboscide e l’avvicinò al viso della troia.
“Dai mamma, dobbiamo fargliela pagare a quel miserabile di papà”.
La stronza non aspettava altro che le fornissi un alibi per comportarsi come la sua indole da puttana la spingeva a fare.
Infatti,“Hai ragione, se lo merita proprio”, disse sentendosi pienamente
giustificata, prese a due mani il cazzone del mandingo e cominciò a strusciarselo sul viso facendolo diventare uno svettante bastone da oltre trenta centimetri, poi lo scapocchiò, baciò la grossa cappella e cominciò a sbocchinarlo.
Vidi la libidine nei suoi occhi, era uno spettacolo, dopo averla, tante volte, immaginata con altri uomini, adesso la vedevo per la prima volta dal vivo, si comportava proprio come l’avevo sempre immaginata, da troia senza pudore, era veramente cazzodipendente, bastava che ne vedesse uno per perdere ogni freno inibitore, adesso aveva ingoiato parte del cazzo e con la lingua giocava ancora sulla capocchia del nero; che puttana se ne fotteva di essere alla presenza del figlio a lei interessava solo quella grossa mazza.
Pensai a quante volte si era giustificata dicendo che lei si faceva fottere da altri uomini perché trascurata da mio padre, le avrei voluto chiedere: adesso perché stai sbocchinando un altro benché non ti faccio mancare il mio amore, la mia attenzione ed una costante abbondante razione di cazzo, mi diedi da solo la risposta: mia madre è una grandissima zoccola viziosa sempre vogliosa di un grosso cazzo che gli si infilasse in corpo.
Con il passare degli anni e con la mia esperienza posso affermare senza tema di smentita che le donne SONO TUTTE PUTTANE, stravedono per il cazzo, per una mazza nel corpo sono disposte a tutto, altro che amore e fedeltà, per loro solo conta SBOCCHINARE, FARSI CHIAVARE, PRENDERLO NEL CULO E BERE SBORRA.
Il nero, che finora era rimasto immobile, in estasi, a gustarsi il favoloso lavoretto di bocca della depravata, le sollevò il vestito e le infilò una mano tra le cosce e meravigliandosi di trovarla senza mutande, mi disse: “non è sorpresa, tu le hai detto che venivo a scoparla, è già senza mutande”.
“No, è che lei non le indossa mai”.
“Allora tua madre è come le puttane del raccordo, loro sono sempre a fica
scoperta”.
Mi eccitai da morire a sentirlo equiparare mia madre ad una donna da strada.
“Si ma lei è meglio, quelle fingono, mia madre invece vuole veramente farsi chiavare da te, vuole che la sfondi tutta, è vero mamma?”.
“Si”, biascicò mia madre.
“Digli dove deve mettertelo”.
“No, dai mi vergogno”.
Che stronza, era lì che faceva una pompa ad un nero sconosciuto, e si vergognava di dirgli dove lo desiderava.
L’aiutai, “deve mettertelo nella fessa, è vero che desideri sentirti riempita da quel bel bastone nero?”.
“Si, tesoro, lo voglio, lo voglio”.
“E poi deve anche sfondarti il culo con la sua enorme mazza”.
“Si me lo deve infilare tutto fino alle palle e mentre lui mi incula tu me lo
devi infilare in bocca e schizzarmi in gola ed io berrò tutto il tuo sperma,
dobbiamo godere tutti e tre insieme, vedrai come sarà bello”.
Ormai la troia aveva perso ogni pudore, parlava come una prostituta da strada, questo fece ingrifare ancora di più il negro che estrasse la sua grossa mazza dalla bocca della pompinara e cominciò a sbattergliela sulle guance, “tu grande puttana, tu grande viziosa, io ti sfondo tutta”, la sollevò di peso, la rovesciò sul divano, le sollevò il vestito e le sprofondò in corpo tutta la sua varra cominciando a chiavarla con dei colpi rapidi, continui e violentissimi.
La mia depravata mamma lo abbracciò, lo strinse a se e cominciò a baciarlo con voluttà assecondando i suoi colpi, il negrone le infilò oscenamente tutta la lingua in bocca, che lei trattò come un cazzo mimando un vero e proprio pompino.
Ero arrapatissimo, cominciai a spararmi una sega.
Guardavo inebetito quel mandingo sprofondare il suo batacchio nel corpo della mia mammina, guardavo il volto stralunato della stronza sotto il pompaggio, era da impazzire.
Mi inginocchiai sul divano, raggiunsi l’orecchio della mia genitrice e le
sussurrai “mamma, lo sai che sei una vera stronza”, la stronza estasiata annuì, io continuai “mamma, lo sai che sei una grandissima troia”, la troia ancora più estasiata annuì.
Che bello, finalmente avevo il coraggio di dire in faccia a mia madre quello che pensavo di lei, e la cosa più bella e che lei non si offendeva, anzi, si arrapava sempre di più, la vacca.
Il nigeriano, intanto, continuava a chiavarla alla grande, “attento a non godere ancora, ricordati che devi sfondarle il culo” gli dissi.
“E chi se lo scorda, la sto già preparando, guarda”.
Con il dito medio le stava stuzzicando il buco del culo.
“Adesso è pronta e me la inculo a sangue” minacciò il mandingo.
La posizionò pancia in sotto, si distese dietro di lei, aveva gli occhi rosso fuoco, per un attimo mi fece quasi paura, pensai ma questo me la sfonda veramente, ma la cosa mi fece salire ancora di più la libidine al cervello, adesso non aspettavo altro e lui poggiò la cappella, grande quanto una palla da biliardo, all’ingresso del buco nero e senza nessuna delicatezza, anzi in modo bestiale, le sprofondò in culo tutta la sua enorme mazza.
La vacca, facendomi impazzire di goduria, urlò dal dolore ma subito dopo l’atroce dolore svanì, cominciò ad accarezzarsi freneticamente la spacca e mi invitò, “dai mettimelo in bocca, godiamo insieme tutti e tre insieme”.
Non me lo feci ripetere due volte, le presi il viso tra le mani, lei spalancò le labbra, le ficcai in bocca il cazzo fino a che la cappella non raggiunse le tonsille, “adesso succhia bocchinara, tra poco ti allaghiamo, lui il culo ed io la bocca, così come piace alle puttane come te, è vero zoccola?”.
Non mi rispose, ormai era completamente fuori di se, non capiva più niente, era tutta intenta a godersi le due mazze che le sprofondavano in corpo.
Guardai il negro, un cenno d’intesa, entrambi accelerammo i colpi e
contemporaneamente le riempimmo il culo e la bocca di una quantità enorme di densa e calda sborra.
La stronza che aveva intensificato il ditale cominciò a dimenarsi come una indemoniata, poi di colpo si irrigidì, urlò e venne abbattendosi sfinita sul divano.
Andai a guardare il culo di mia madre, il suo buco nero adesso era una caverna da dove colava un rivolo di sperma, che visione arrapante.
L’amico si rivestì, salutò la baldracca dandole un morsetto sulle chiappe, “vedo
che ti è piaciuto, quando mi vuoi tuo figlio sa dove sono”, l’accompagnai alla
porta, quando tornai la puttana giaceva ancora sul divano, e mi disse “vieni qui
tesoro”
Mi sedetti sul divano, aveva gli occhi bassi, non aveva il coraggio di
guardarmi in faccia, mi chiese “adesso cosa penserai di me?”.
Le sollevai il viso in modo da guardarla diritto negli occhi, e le dissi
parlando lentamente, scandendo bene le parole, “penso che tu sia una STRONZA, una PUTTANA, una VACCA, una PORCA, una DEPRAVATA, ma proprio per questo mi piaci da morire, io l’avevo sempre sospettato ma oggi me lo hai confermato con i fatti, meglio così, adesso, stando così le cose, non solo ti continuerò a fottere come prima e più di prima ma inoltre ti procurerò tanti cazzi che ti godrai in questo splendido corpo, penso che per te vada bene, anzi benissimo”.
“Come vuoi tu, tesoro mio” rispose la mia adorata mammina.
E così fu.

fino in fondo
di antonio fusco
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