Grazie, zio (2)

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Grazie, zio (2)
Durante quella notte di Capodanno non ci furono molte occasioni per restare soli. Sicuramente tutti e due morivamo dalla voglia di andare ben oltre quel timido approccio, ma con tutta la gente che c’era non si poteva, e poi io dovevo tornare a casa con i miei. Ma approfittando di un momento che eravamo rimasti soli su un balcone , lo zio mi prese con decisione la faccia tra le sue mani e appoggiò le sue labbra sulle mie per pochi secondi, ma che a me sembrarono un tempo lunghissimo, e poi prendendomi le mani e stringendole forte mi disse: “Vieni a casa mia, quando puoi”. Fuori quella notte faceva abbastanza freddo ma io mi sentivo bruciare come se avessi la febbre alta.
Anche senza il suo invito, niente mi avrebbe impedito di andarlo a cercare. Il suo richiamo su di me era irresistibile. Per due giorni non riuscii a pensare ad altro. Finalmente due giorni dopo uscii con le gambe che un po’ mi tremavano, e arrossendo al pensiero di quello che probabilmente mi aspettava. La casa dello zio Ernesto non era molto lontana. Lo zio abitava solo, dopo la morte della moglie e dopo che il loro unico figlio, mio cugino Simone, che aveva intrapreso la carriera militare, aveva lasciato casa.
Suonai il campanello di casa e lo zio venne ad aprirmi. Sembrava contento di vedermi e anche lui un po’ emozionato. “Ciao, Luciano”, mi disse, e fu una delle ultime volte che usò il mio nome da maschio, perchè poco dopo, e per il resto della sua vita, mi avrebbe chiamato Lucia. Ma non divaghiamo e torniamo al presente del mio racconto.
“Ciao, Luciano”, mi disse zio Ernesto, mentre con un braccio mi cinse la vita, tirandomi verso sè e dandomi un lungo bacio, questa volta su una guancia . Bruciando di febbre come la sera prima sul balcone, gli misi le braccia attorno al collo e ricambiai con un bacio tra i peli della sua barba.
Senza lasciarmi, adesso tenendomi una mano su un fianco, mi guidò verso il divano del soggiorno dove ci sedemmo. La sua mano restava ancora sul mio fianco, ma adesso lo carezzava sotto la felpa, che indossavo sulla pelle nuda. Eravamo tutti e due un po’ imbarazzati, ma non c’era bisogno di parole, il desiderio che avevamo l’uno dell’altro era quasi tangibile. Io una giovane femmina in calore, inesperta e un po’ spaventata perchè era la prima volta, ma con un disperato bisogno di maschio. Ernesto era un maschio anziano ed esperto, che sapeva bene come fare l’amore a una donna(ne avrei avuto presto la dimostrazione!) , ma da due anni era rimasto senza la sua compagna e anche lui doveva sentire il bisogno urgente di una femmina.
Dal fianco, la sua mano si spostò in basso, sempre sotto i vestiti,continuando a carezzarmi dolcemente ma con decisione. La mia pelle era liscia dappertutto, perchè mi ero preparato all’incontro depilandomi meglio che potevo. Ernesto sembrava apprezzare e le sue carezze si facevano sempre più audaci. Ora tutte e due le sue mani erano sul mio culone, che i jeans abbassati lasciavano scoperto. Le nostre labbra si cercarono ma questa volta il bacio fu più lungo e più intimo. Quasi instintivamente aprii le labbra per lasciare passare la sua lingua. Non avevo mai baciato nessuno così e non credevo che potesse essere così bello.

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