1987 – Gianna… che storie!!!

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1987 – Gianna… che storie!!!
Gianna, o come preferisce farsi chiamare, la Signora Gianna, è la “nave scuola” perfetta.
E non lo dico perché è la mia nave scuola, o perché ne potrei essere innamorato, cosa che escludo a priori: mi arrapa da morire, ma dal punto di vista affettivo la considero semplicemente un’ottima amica.
Il fatto è che ogni giovane uomo dovrebbe avere la fortuna, o forse il diritto, di avere una Donna, con la D maiuscola, che gli insegni in modo pratico i “fatti della vita”.
Giornaletti e filmini porno possono dare un’idea di massima, ma quando ti ritrovi con il cazzo intrappolato in una bocca bollente che sembra ti voglia risucchiare l’anima e fartela precipitare in un paradiso internale ( o inferno paradisiaco, come volete), allora li, la teoria serve a poco. L’unica cosa che è necessaria è una pratica frequente e costante.
E con la Signora Gianna, la pratica è tale.
E poi, ha una fantasia a dir poco perversa, capace di inventarsi le situazioni più assurde, pericolose, eccitanti che una giovane mente maschile possa desiderare.
Avere a che fare con lei, è una costante incertezza: non sai mai quando, dove e come ti farà precipitare in una situazione pazzesca, torbida e perversa.
Io ormai ho imparato ad aspettarmi l’inaspettato: ho facevo così oppure ero destinato al suicidio.
Volete qualche particolare in più?
Eccovi accontentati!

LA MANCIA

– UFFA!- la sento esclamare, mentre appoggia a terra una delle borse della spesa che ha appena tirato fuori dal bagagliaio della sua scassatissima ed asmatica AlfaSud. – Mai che ci fosse quel coglione di Tullio a darmi una mano, merda! – aggiunge, parlando a se stessa del marito assente, menefreghista, ubriacone e pure un po’ manesco che si ritrova.- Serve a un cazzo, quello stronzo! Mai che ci fosse! Tanto ci pensa quella cretina di Gianna! Lava! Stira! Cucina! UFFFFA!- Altra borsa strappata dal bagagliaio e poggiata a terra.- Portami una birra! Lavami la maglia! UFFA! – Terza borsa.- PULISCIMI IL CULO! CAZZO!!- Quarta borsa e il portellone che sbatte chiudendosi, con forza.- VAFFANCULO, TULLIO! STRONZOMALCAGATO!!!-
Io sono appena entrato nel parcheggio sotterraneo del condominio e sinceramente mi seccherebbe un fracco se sapesse che l’ho sentita.
Faccio un passo indietro e richiudo la porta nel massimo silenzio, poi la riapro di botto facendo più rumore possibile, e rientro nel posteggio, come fossi arrivato in quel momento. Giro l’angolo e me la ritrovo di fronte.
– Buongiorno, signora Gianna!- Esclamo, con un sorriso.
Lei volta la testa verso di me e ricambia mestamente il sorriso, sollevando una delle borse.
– Ciao, ragazzone.- Mi dice.
– Ehi! Aspetti… le do una mano io!- Esclamo, avvicinandomi rapidamente e togliendole la borsa di mano.
– Grazie tante, caro!- Mi fa, sospirando per il sollievo. – Non so perché mi è venuto in mente di caricarle in questo modo… solo per non dover fare troppi viaggi, penso.- Aggiunge in un borbottio.
– Dai, ha trovato un fattorino che le da una mano.- le dico, prendendo una seconda borsa. – Ci penso io a portargliele su.-
– Sei veramente un tesoro!- mi dice, precedendomi verso l’uscita ed aprendomi la porta.
– Molto volentieri, per lei.- Le rispondo, del tutto sincero. A parte la faccenduola della “nave scuola”, l’aiuto davvero molto volentieri: è veramente sempre costretta a fare tutto da sola…
– Saprò sdebitarmi!- Dice poi, premendo il pulsante del piano.
– Si figuri!- Borbotto, facendo spallucce. Ma la conosco abbastanza da sapere che davvero troverà il modo di sdebitarsi, ed un brivido di eccitazione mi invade lo scroto.
– Già già!- si limita a dire, mentre l’ascensore parte e dopo neanche un minuto ci scodella al terzo piano.
Mi apre la porta di casa e me la tiene aperta per farmi entrare.- In cucina, se non ti è di troppo disturbo.- Mi fa.- La strada dovresti conoscerla.-
Piazzo le borse dove mi ha chiesto. – Vado a prendere le altre due, Signora.- Annuncio, sgusciandole di fianco e rifacendo al contrario la strada appena percorsa.
– Grazie, caro, io nel frattempo inizio a sistemare la roba.- Sento che dice, mentre esco sul pianerottolo.
Tra ridiscendere nel parcheggio e ritornare su, ci impiego al massimo cinque minuti. La porta è appena accostata ed entro di filato, chiudendomela alle spalle con un calcetto.
Raggiungo la cucina ed appoggio le borse accanto alle prime due, ancora intonse. Di Gianna nemmeno l’ombra.
– Signora Gianna?- la chiamo.
– Arrivo subito. Dammi un minuto. – Fa lei. É in camera da letto.
– Boh!- dico fra me e me. Già che ci sono inizio a tirare fuori la spesa dalla prima borsa, poggiando ordinatamente il contenuto sulla credenza.
– Ma che fai? Ti metti pure a mettere via tutto!?- mi dice, un momento più tardi. Si è cambiata, indossando il suo solito abitino da massaia, questa volta a quadrettini bianchi e rossi, stile tovaglia da osteria. Non le donano molto, quegli abiti: è carrozzata molto bene, ma con quagli stracci addosso sembra un manichino della Standa.
– Servizio completo, no!?- rispondo, con una risata. – Altrimenti come mi guadagno la mancia?- Ho appena finito di dirlo, che mi pento immediatamente: è una frase un po’ ambigua da dire, soprattutto visto il nostro rapporto clandestino.
– Ah, perciò lo fai solo per la mancia!?- Ribatte lei, pronta, incrociando le braccia sul seno prosperoso e battendo ritmicamente un piede per terra.
– Ma no… non intendevo… cioè, era uno scherzo!- Balbetto. Mi seccherebbe davvero che pensasse che l’ho fatto solo per ottenere i suoi favori. Che mi ha giù accordati, inoltre.
– Quindi, non lo fai per la mancia?- mi chiede, seria, quasi incazzata.
– Certo che no!- Rispondo di slancio.- Mi fa davvero piacere darle una mano.- Preciso, mentre il brividino che mi era venuto prima scompare come neve al sole: stavolta ho toppato di brutto!
Lei mi guarda in cagnesco ancora qualche istante, poi vedo che si morde una guancia ed infine si mette a ridere di gusto.
– Coda di paglia, eh, birbantello?- mi rimbrotta, abbassando le braccia e facendo un passo verso di me.
– Ehmm.- Brontolo, non sapendo cosa rispondere.
– Ma quanto sei carino, così imbarazzato!- Commenta. Poi fa un altro passo, solleva le braccia e me le butta al collo. – Ancora non hai capito, vero? Sono io che voglio darti la mancia!- Incolla il pube al mio pacco e si struscia.- Te la do anche se non mi porti le borse!- Sentenzia. Poi mi fa abbassare la testa verso di lei, incolla le labbra alle mie e parte un bacio linguato che sembra una gastroscopia.
E mentre mi ispeziona l’esofago, abbassa le mani ed agguanta il mio pacco, che risponde immediatamente alla chiamata, prendendo vita in un istante.
– Ecco! Così mi piaci! Pronto all’uso.- Dichiara staccandosi da me. Con mani esperte, mi slaccia la cintura, apre la zip e mi abbassa jeans e slip sulla cosce, mentre l’uccello salta fuori come un pupazzo a molla.
– Appunto!- Dice soddisfatta, accosciandosi rapidamente davanti a me. Un secondo dopo mi imprigiona il cazzo con le labbra e io mi ritrovo immediatamente in paradiso.
Si dedica a ciucciarmelo con tutta l’anima per nemmeno due minuti, ovvero finché non ottiene una consistenza da rotaia del treno, poi si rialza e, tirandomi per l’uccello, mi trascina con se verso la tavola della cucina, sulla quale appoggia il culo.
– E adesso, la mancia vera e propria, mio bel fattorino!- dice, sollevando il vestitino ed aprendo le gambe.
– Cazzo!- borbotto. Evidentemente aveva già deciso sul da farsi, perché sotto l’abitino non ha le mutandine.
– Giusto, proprio quello! E devi infilarlo qui dentro, vedi?- mi fa, aprendosi le natiche ed esponendo il forellino posteriore. Che per la cronaca, sembra decisamente e colpevolmente unto: si, aveva già pianificato il tutto.
Non devo fare altro che fare un passo avanti, e le sprofondo dentro con un unico colpo.
– Oh, si!- Sibila lei, sollevando le gambe per prendermi tutto – Proprio così.-
Mi fermo un secondo per gustarmi quella guaina rovente, poi inizio ad incularla lentamente.
Lei mi guarda negli occhi e ghigna.- Lo so che te lo vuoi gustare.- Mi dice.- Ma non abbiamo molto tempo: sono una brava massaia e devo preparare il pranzo.- La frase le esce un po’ smozzicata, a ritmo coi miei affondi nel suo intestino.
– Quindi, una sveltina.- Aggiungo io.
– Si, una… mancia al volo.- concorda lei.
– Come preferisce lei, Signora Gianna!- Rispondo. La agguanto per i fianchi e comincio a pestarglielo dentro con forza.
– Oh, Cristo, si! Proprio così!- esclama, buttando indietro la testa.- Riempimi per bene!-
Ed è quello che faccio, mentre il tavolo della cucina ondeggia e scricchiola sotto di noi.
Lei continua a fissarmi negli occhi, con la bocca semiaperta e le narici dilatate. Io ricambio lo sguardo e mi concentro sul piacevolissimo compito di venire in fretta.
– Forza, dai!- Mi incita, mentre artiglia con le mani il bordo del tavolo per non scivolare indietro. Mi ha appoggiato i polpacci sulle spalle e spinge il culo verso di me.
– Ma… e lei?- le chiedo. Adoro sentirla venire.
Gianna annuisce con forza.- Ti sto aspettanto.- Rantola. Capisco immediatamente di cosa parla: non sarebbe la prima volta che ha un orgasmo devastante sentendo che le schizzo in corpo.
Raddoppio gli sforzi ed il tavolo geme forte a ritmo con la scopata.
Gianna gorgoglia il suo apprezzamento, tendendosi contro di me mentre gli occhi le si rovesciano indietro, lasciando vedere solo il bianco. “Cristo, che spettacolo!” riesco a pensare. Poi vengo. Mi pianto fino in fondo alla suo retto e le rovescio una secchiata di sperma direttamente nell’intestino.
Lei da uno strattone manco avesse preso un calcio in culo, spalanca la bocca e inizia a venire a sua volta.
Con l’ultima briciola di buonsenso che mi rimane, riesco a schiaffarle una mano sulla bocca, stroncando sul nascere l’urlo che mi molla direttamente sul palmo. E ce la tengo finché non resta senza fiato e finalmente si adagia sul tavolo sotto di me.
– Mai avuto mancia migliore, Signora Gianna.- Borbotto, sfilandomi lentamente da lei ed osservando affascinato il rivolo di sperma che le esce dal ano e sgocciola a terra.
– Idem!- borbotta lei.

– Buongiorno, signor Tullio.-
– Ciao.- Risponde lui, brusco come al solito.
Lo incrocio nel atrio di ingresso, mentre rientra a casa.
– Ehi!- Mi richiama, poi. Mi volto a metà.
– Si?-
– Hai visto mia moglie?- mi chiede, sempre con quell’atteggiamento arrogante che gli è comune.
– Certo!- Rispondo, con un sorriso.- L’ho appena aiutata a portare su la spesa.-
Lui mi squadra con un mezzo grugnito.- Adesso?- chiede.
– Si, qualche minuto fa.- Dico. “Che cazzo gli passa per la testa, a questo scemo?” mi chiedo.
Tullio fa una faccia schifata.- Perciò il pranzo non è pronto.- grugnisce poi.- Quella cretina…- Mi volta le spalle e sale in ascensore senza salutare.
“Ti stanno proprio bene, le corna, coglione!” penso tra me, e me ne vado fischiettando, decisamente appagato e con la coscienza pulita.

IL PASSAGGIO A CASA

– Pluto!- Sento una voce famigliare che mi chiama e mi giro di s**tto, con il risultato che il borsone che porto sulla spalla, stracarico come sempre dell’attrezzatura sportiva che contiene, si sbilancia di netto e rischia di farmi finire lungo disteso. Unica soluzione: mollo le maniglie ed il tutto rovina a terra, diritto in una pozzanghera.
– Porcacciaputtanaschifosaimpestata…- e continuo così, con notevole sfoggio di inventiva, per qualche secondo ancora, raccogliendo il malloppo e sgrullandolo come una tovaglia da cucina. E per fortuna è impermeabile, quindi la roba dentro non dovrebbe essersi bagnata.
Infine mi volto di nuovo e cerco di capire chi mi ha chiamato,
Sbircio verso la strada e immediatamente individuo un AlfaSud color marrone merda, sgangherata ed asmatica, ferma in seconda fila.
Dal finestrino mezzo appannato intravedo una massa di capelli rossi e ricci che si agita nell’abitacolo, poi la portiera del conducente si apre con un cigolio e la suddetta massa di capelli arruffati spunta fuori, seguita dalla faccia da cane bastonato della Signora Gianna.
– Pluto?- Mi chiama di nuovo.- Ma che ci fai in giro senza ombrello con questa pioggia?- urlacchia da sopra il tettuccio della macchina.
Io faccio spallucce e alzo il borsone da allenamento, come se questo spiegasse tutto.
Lei scuote la testa e si sbraccia.- Cavolo! Salta su, dai!- poi sparisce nell’auto.
Ci penso appena mezzo secondo, poi filo verso l’AlfaSud…icia, spalanco lo sportello, butto il borsone dietro e mi infilo nell’abitacolo, strappando un gemito sonoro alle sospensioni.
– Ma ti sembra il caso…?- sento che mi dice la Signora Gianna.- Sei ridotto come un pulcino, porca miseria!- Traffica un attimo con i comandi della plancia cercando di mettere in funzione ventola e riscaldamento.
– Non si preoccupi.- Le dico io, quando la ventola parte con un cigolio decisamente poco rassicurante. Lei sbuffa e torna a spegnerla, prima che un corto circuito ci fonda tutti i fusibili. – Il giaccone è impermeabile, ho solo i capelli bagnati.-
– Benedetti ragazzi!- Borbotta lei, voltandosi verso i sedili posteriori.- C’era un cazzo di asciugamani, qui dietro.-
– Ne ho uno nella sacca.- Le dico io, mentre le fisso le tette che spuntano dalla scollatura. Nel girarsi verso i sedili posteriori me le ha praticamente stampate in faccia… e non mi sto lamentando, ovviamente.
– Dove di preciso?- sento che mi chiede.
– Cerniera grande… dovrebbe essere sul fondo… ma guardi che non serve, ci sono abituato.- bofonchio, leccandomi le labbra non potendole leccare le tette li in mezzo alla strada.
– Abituato un cazzo!- sento che risponde mentre fruga nella sacca.- Si sta poco a beccarsi un malanno… Oh Cristo! E questo cos’è?-
Mi volto leggermente. – Una conchiglia.- Rispondo.
– E a che cavolo serve una… conchiglia?-
– Protezione… beh, per non prendere colpi alle… insomma… cioè…- borbotto, imbarazzato.
Lei si volta leggermente e sogghigna.- Insomma protegge i gioielli di famiglia!- ridacchia.
– Appunto.- Rispondo, alzando gli occhi al cielo.
– Trovato!- Esclama alla fine, e letteralmente strappa dal borsone il famoso asciugamani. – Tiè! Datti un’asciugata.- mi dice, praticamente buttandomelo sulla testa. Poi si contorce un po’ e si rimette seduta al posto di guida.
– Si, vedo come funziona.- La sento dire. Emergo dall’asciugamani e la trovo che traffica con la conchiglia.
Ha un pugno infilato esattamente dove stavano le mie palle fino a circa mezz’ora fa, il che mi porta immediatamente a pensare che vorrei ci fossero anche adesso, possibilmente avvolte dalla mano di Gianna.
Manco mi avesse letto nel pensiero, volta leggermente la faccia e mi fa un sorriso che è tutto un programma.
– Ed il tuo gioiellino va proprio protetto.- Sentenzia.- Sarebbe un peccato se subisse qualche danno.- Poi prende la conchiglia e la porta al naso, sniffandola sonoramente.
– Ahhh! Profumo d’uomo!- Dice soddisfatta e con sguardo sognante. Poi scoppia a ridere, mentre a me scende un brivido lungo la spia dorsale che finisce diritto nei gioielli di famiglia, risvegliandoli immediatamente.
– Non faccia così, la prego.- le dico, guardandola fisso.
– Perché?- mi chiede, con aria da santarellina.
– Perché mi fa questo effetto.- rispondo, spostando l’asciugamani che avevo appoggiato sull’inguine per farle vedere il bozzo che è spuntato improvvisamente sul davanti della tuta.
Lei lo fissa per un istante ed un sorriso compiaciuto le illumina l’espressione da bassethound che ha di solito.
– Wow! Mi sento lusingata.- Commenta, allungando una mano e piazzandola sul pacco, dandogli una rapida palpata. Io gemo di rimando un debolissimo quanto fasullo. – Noooo!-
– Molto lusingata…- continua lei, massaggiando tutta la faccenda. E per fortuna che, tra la pioggia e i vetri mezzo appannati, è pressoché impossibile che qualcuno ci veda.
Io gemo mentre lei sospira, sconsolata. – Un vero peccato!- Commenta.- Anzi, uno spreco. Tullio è a casa perché parte questa sera per Roma. E il tuo caro amico Marcorrientrerà poco prima che suo padre se ne vada, così non abbiamo nemmeno dieci minuti per porre rimedio a questo gonfiore.-
Gemo di nuovo, ma stavolta è frustrazione… a questo punto speravo davvero in una scopata fuori programma. Anche una sveltina andava più che bene.
– Dai, ti porto a casa, che è meglio.- Fa Gianna, buttandomi sulle gambe la conchiglia.- Almeno non ti becchi tutta sta pioggia.- Il motore si accende con un gemito preoccupante. – Ma si può sapere dove te ne vai in giro, con sto tempo, a piedi?-
– Ad allenamento… ma stava per piovere ed ho pensato di muovermi in autobus.- rispondo facendo un pacco della mia roba e buttandolo a casaccio sul sedile posteriore.
– Bravo! E l’ombrello?-
– A quello non ho pensato.- Rispondo, mogio, fissandole le gambe. Con tutto il contorsionismo che ha fatto, la gonna le è risalita fino a mezza coscia, e la posizione reclinata dei sedili la fa stare mezza distesa.
– Bravo furbo!- ridacchia, ingranando la marcia e mettendo la freccia. Si immette nel traffico con il guaito della cinghia di trasmissione che slitta. E io continuo a fissare quel pezzo di coscia nuda… mamma mia, quanto vorrei accarezzargliela!
Le do un’occhiata, ma la sua attenzione è fissata sul traffico, incasinato come sempre quando piove.
Non ho mai preso io l’iniziativa, con la Signora Gianna, ma ho come l’impressione che non si scandalizzerebbe se lo facessi!
Raccolgo il coraggio ed aspetto l’occasione giusta, che si presenta da li a un minuto.
Cambia marcia e piazza entrambe le mani sul volante.
Ed io allungo un braccio e le sfioro gentilmente la gamba con la punta della dita.
Lei abbassa lo sguardo sulla mia mano, poi mi da una rapida occhiata.
– Heilà!- dice, con un sorrisino.- Cos’è ‘sta novità?- ma il tono non è affatto seccato, quindi appoggio completamente la mano ed inizio a carezzarle la coscia. Lei mi da una seconda sbirciatina ma non commenta: aumento il raggio d’azione della carezza fino a raggiungere l’orlo della gonna. Gianna guida senza battere ciglio, gli occhi fissi sulla strada, con un sorrisino compiaciuto stampato in faccia. Visto che non protesta, continuo imperterrito e le mie dita spariscono sotto la sua gonna, facendola risalire ancora di più.
Lei tossicchia e mi da una rapidissima occhiata, ma continua a rimanere zitta.
Ok, per me ho via libera. Sposto la mano all’interno della coscia e la risalgo continuando a carezzarla finché le mie dita non sfiorano il tessuto degli slip.
– Che intenzioni hai, giovanotto?- mi chiede lei in un mormorio.
Io non rispondo e continuo imperterrito: con un minimo di buona volontà riesco a scostare gli slip e ad infilarci dentro le dita, infine raggiungo il mio obbiettivo, strizzandole gentilmente il grilletto.
Lei tossicchia di nuovo e deglutisce a vuoto.- Ma stai scherzando?- fa, senza distogliere lo sguardo dal traffico.
Per tutta risposta inizio a stimolarle la clitoride con il preciso movimento rotatorio che mi ha insegnato proprio lei.
– Oh, cazzo!- mormora, chiudendo gli occhi per un istante, per riaprirli immediatamente e sbarrarli, sguardo fisso sulle macchine che ci precedono.
Io insisto con costanza e dedizione, cercando di resistere alla tentazione di mastrubarmi a mia volta: la sgrilletto a tutta forza con il chiaro obbiettivo di farla venire. Una volta tanto sono io ad avere in mano la situazione.
– Crisssssssto!- sibila Gianna, mentre aumento la pressione delle dita sulla sua patata.- Ma sei scemo?- ha la voce roca, ma non fa niente per sottrarsi, anzi, ha perfino allargato un po’ le gambe.
– Non puoi fare così!- Protesta debolmente.- Non mentre guido, cazzo!- stringe talmente tanto il volante che le sono diventate bianche le nocche delle mani.- Sei completamente fuori di testa… va a finire che facciamo il botto!- Ringhia, posando la nuca sul poggiatesta del sedile, ma le gambe restano immobili ed aperte.
– Lei guida benissimo, Signora Gianna. – Rispondo candidamente mentre sposto più in basso le dita.- Sono sicuro che riuscirà a mantenere il controllo.- e le infilo due dita nella figa.
– ODDDDDIO!!!- Esclama, e serra le cosce sul mio polso. Non che questo mi impedisca di continuare i mio lavoro. Le dita riesco a muoverle lo stesso, e lo faccio a tutta forza, sditalinandola senza risparmio, mentre i suoi succhi mi bagnano le mani e colano fino al sedile.
– Cristo! Cazzo, Cristo!- comincia a salmodiare lei col fiato corto, chiaramente senza rendersi conto che l’accostamento non è dei migliori. Aumento il ritmo, ignorando volutamente che rischio di stracciare i pantaloni della tutta con l’uccello, ormai di marmo.
Improvvisamente Gianna mette la freccia ed accosta al bordo strada, con una manovra che le fa guadagnare una strombazzata dall’auto che ci segue. Punta le mani sul volante e si tende contro il sedile. Sento che i suoi muscoli vaginali mi strizzano le dita con forza mentre lei viene mordendosi un labbro.
MI immobilizzo dentro di lei e aspetto che si rilassi.
– Ti sei divertito a sufficienza?- mi chiede, schiarendosi la voce e inghiottendo a vuoto.
– Lei di più, mi sembra.- Mormoro senza togliere la mano da dove è infilata.- Che ne dice di ripartire, stiamo veramente intralciando.-
– Cretino di un deficiente!- Ribatte lei, mettendo in prima.- Togli quella manaccia!- mi ingiunge, mettendo in prima.
– Non ci penso nemmeno.- ribatto. Ormai sono in gioco e continuo a giocare.- Potrebbe ripartire, per piacere?-
– Idiota!- mi rimbrotta, ma molla la frizione e si reimette nel traffico. Aspetto che abbia ripreso velocità poi ricomincio ad agitarle dentro le dita. – Ma che? Ci rifai?- Protesta lei, guardandomi di sguincio.
– Perché no?- le rispondo, evitando di guardarla direttamente. – Una volta tanto guido io il gioco.-
– Brutto stronzo…- riesce a dire, ma spingo le dita più in profondità e lei chiude di s**tto la bocca con una specie di singhiozzo.
Il polso mi fa male per la posizione non molto comoda, ma non demordo, mi rimetto a masturbarla con puntiglio e lei riprende a smaniare. Guida a s**tti, prima accelera, poi frena all’improvviso, scarta da una corsia all’altra, graffia il volante con le unghie.
Mancano si e no cento metri da casa, quando pianta nuovamente una pinzata e si ferma all’altezza di un passo carraio. Ansima come un mantice e viene una seconda volta, restando boccheggiante.
– Togli sta cazzo di mano, adesso, brutto figlio di puttana!- Ringhia alla fine. Stavolta obbedisco, ma senza fretta, carezzandole per un’ultima volta il grilletto mentre mi sfilo dalle sue mutandine, il che la fa rantolare un ultimo gemito. Poi mi succhio le dita.
– Buono!- Commento
– Scemo!- Ribatte lei che ha seguito l’operazione con la coda dell’occhio.
Riprende fiato per un momento, poi volta la testa leggermente verso di me e mi sbircia tra i ricci dei suoi capelli.- Piccolo porco perverso!- dice poi, inserendo con cattiveria la prima.
– Ho una brava insegnante!- Commento io, per niente impressionato dalla sua ferocia.
– Ma… brutto…- commenta lei, stupita.- Ti sistemo io!- sento che brontola, partendo con una mezza sgommata che fa protestare il motore.
Percorre gli ultimi cento metri con il motore imballato, poi infila la macchina nella ripida discesa che porta al parcheggio condominiale seminterrato.
Riesce non si sa come a schivare la colonna in fondo alla rampa e, con una manovra degna di uno stuntmen, infila il macinino nel suo stallo.
Tira il freno a mano come volesse strapparlo dal tunnel e spegne il motore.
– Grazie del passaggio.- Le dico, serafico, pensando che se non filo a casa a farmi una sega, le palle potrebbero esplodermi come due petardi. Ma quando mi volto per prendere il mio borsone, lei mi agguanta per la giacca della tuta e mi risbatte sul sedile.
– Dove pensi di andare, brutto delinquente.- Nonostante il tono di voce, vedo che gli occhi le sorridono. Un secondo più tardi mi schiaffa la lingua in bocca in un bacio da primato.
– Potrebbe arrivare qualcuno.- riesco a mormorare quando ci stacchiamo.
Lei si guarda in giro, poi sogghigna.- Tu tieni d’occhio i dintorni!- mi fa, agguantandomi i calzoni della tuta sui fianchi. Prima che possa protestare, li abbassa di s**tto assieme alle mutande. Resta a fissare il mio cazzo che svetta duro come il granito, infine abbassa la testa e lo fagocita.
– Cristo, ma che cazzo!?- è il mio turno di fare accostamenti blasfemi, quando la sua bocca mi risucchia il papagno.
Si mette a ciucciarlo con una foga che non ho mai visto prima: sembra quasi che voglia mangiarmelo anziché farmi un pompino. Se lo pianta diritto fino in gola e mi stimola la base con la lingua.
Il trattamento è a dir poco terrificante e sento già lo sperma che mi ribolle nelle palle.
Cerco di guardarmi in giro per assicurarmi che nessuno stia arrivando e ci becchi sul fatto, ma le sensazioni che mi regalano i suoi risucchi mi fanno annebbiare la vista. Gorgoglio qualche parola sconnessa cercando di farla rallentare, me Gianna mi ignora completamente: si è impadronita del mio cazzo e non intende mollarlo.
– S… sto… per…- Riesco ad avvertirla, sentendo l’orgasmo incombente. Lei manco fa un cenno, si limita a strizzarmi amorevolmente le palle ed a lavorarmi di lingua la cappella.
– Oddio!- Rantolo, e parte il primo schizzo direttamente nella sua bocca, seguito immediatamente da tutti gli altri. Lei alza gli occhi e mi fissa, mugolando ad ogni bordata e inghiottendo convulsamente, finché non mi scarico completamente. Infine da le ultime poppate che mi strappano un sonoro gemito, e quindi mi libera, sollevandosi dal mio inguine. E più spettinata del solito, ma ha stampato in faccia un sorriso da orecchio ad orecchio. E quando sorride, è veramente una donna stupenda.
– Così la prossima volta, ci pensi, prima di farmi certi giochetti.- Mi dice.
– Eccome se ci penso… il prossimo allenamento è lunedì. Finisco alle 21 esatte.- Riesco a rispondere.
E per una volta tanto, è lei che non sa cosa dire. Si limita a fissarmi con un’espressione ebete in faccia

LA TELEFONATA

– Dai! – Mi incita la Signora Gianna.- Infilamelo per bene.-
Si riferisce a “Consolazione”, il suo vibratore.
Siamo piazzati a 69 sul lettone in camera sua, ed evidentemente oltre che un uccello reale da ciucciare, ne vuole anche uno, finto, che le riempia la gnocca. E quindi, eccomi impegnato a piantarglielo in figa fino in fondo mentre le torturo il grilletto con la lingua.
– Così! Bravo!- decreta, prima di avvilupparmi la cappella con le labbra. Io mi concentro puntigliosamente sul lavoro di lingua e di vibratore, e sono costretto a farlo perché la voglia di schizzarle in bocca inizia a farsi decisamente pressante.
– Così mi fa venire, Signora Gianna.- La avviso, dopo aver sopportato a denti stretti un risucchio da primato.
– E cosa ci sarebbe di male?- chiede lei, interrompendo il pompino solo per il tempo strettamente necessario.
Io appoggio la testa sul suo pube e stringo i denti. Voglio scoparmela, infilarglielo nel culo e solo dopo venirle in corpo… dove, è indifferente.
Ma lei ci da dentro senza ritegno alcuno ed ho il fondato sospetto che lo faccia apposta. Dice che sono giovane e quindi posso farne due di seguito senza problemi e soprattutto che il secondo round è migliore perché sono più rilassato.
Sarà vero, ma la sua figa, e soprattutto il suo culo, mi attirano a livello ormai morboso.
Sto cercando il giusto espediente per farla desistere quando vengo salvato dal “gong. Il telefono sul comodino si mette a squillare e per poco non fa venire un accidente a tutti e due.
– Cazzo!- Sbotta Gianna.- Chi cazzo rompe le balle proprio ora.-
Io rotolo da una parte con un sospiro di sollievo, mentre lei si gira sulla pancia e afferra la cornetta del telefono.
– Pronto?- dice, con voce decisamente scazzata.
Resta ad ascoltare l’interlocutore dall’altra parte del filo, poi alza gli occhi al cielo, allarga il braccio libero e tira una silenziosissima bestemmia da primato, mettendosi seduta con le spalle appoggiate alla testiera del letto
La guardo esterrefatto, lei mi guarda rassegnata. – E Tullio.- Sillaba in silenzio.
Mi mollo una manata sulla fronte e crollo di schiena sul letto.
– Certo che sono a casa, se no come rispondevo.- Dice lei nel frattempo.
– No, non faccio la spiritosa! Sei tu che fai domande cretine…-
– Si, cretine! Ho detto proprio cretine! Come vorresti che le chiamo? Mi telefoni a casa e quando rispondo mi chiedi se sono a casa… scusa, è una domanda cretina, Tullio.-
Ahia! Ho già capito, la festa è finita!
Mi estirpo dal letto e cerco la mia roba in giro per la camera.
Gianna mi guarda e, un po’ a cenni e un po’ sillabando muta, chiede cosa sto facendo.
– Vabbé, hai ragione tu, non è una domanda cretina, intendevi tutt’altro…- dice nel frattempo, rivolta al marito.
Io, usando lo stesso sistema, le rispondo: “visto che è al telefono con suo marito, me la svigno.”
– No, non faccio la furba, Tullio. Ora mi dici cosa volevi?- continua lei a parlare.
“Rimani, lo liquido in un paio di minuti.” sempre a gesti.
“Mi secca stare qui ad ascoltare! Non sono cazzi miei!” rispondo.
– Certo che puoi telefonare quando ti pare, Tullio.-
“Però quello è mio! Non me lo porti via adesso.” e indica il mio uccello, che ha perso giri ma non è del tutto assopito.
“Glielo conservo per la prossima volta!” le assicuro.
– Ma si, Tullio, è casa tua e comandi tu, chiama quando vuoi, anche di notte. Tanto… dove vuoi che vado… più che a fare la spesa…-
“Torna subito qui!” mi ingiunge, battendo la mano sul letto, proprio fra le sue gambe.
Io la guardo, sospiro, poi faccio come dice, sdraiandomi tra le sue gambe ed appoggiando il mento sulle mani unite.
– Si! Ci sono stata stamattina, a fare la spesa… certo che non ho risposto, Tullio. Come facevo se ero a fare la spesa?-
Sbuffo sottovoce, decisamente annoiato. Lei mi guarda comprensiva, poi sposta un po’ il corpo e solleva le ginocchia, avvicinando i piedi al sedere. Così piazzata ho una panoramica mozzafiato sulla sua figa, ancora umida ed aperta dopo l’incursione di Consolazione. Effettivamente è un panorama che merita di essere guardato, soprattutto visto che Gianna si è messa ad accarezzarsela lentamente. Mi guarda e mi strizza l’occhio, sospirando sommessamente.
– Non sto sbuffando, Tullio.- continua a parlare col cornuto.- Solo che mi sembra davvero assurdo che fai cosi!-
Mi fissa per un momento, poi sembra venir colta da un’ispirazione. Allarga un po’ di più le gambe e mi fa cenno di avvicinarmi. Mi sollevo sulle braccia ed avanzo tra le sue gambe, fino ad arrivare con la faccia all’altezza della sua figa.
Lei mi agguanta per i capelli e mi schiaccia la faccia sulla patata.
Penso tra me che Gianna deve essersi bevuta il cervello, ma obbedisco da bravo ragazzo. Le stampo un bacio sul grilletto che la fa rabbrividire.
– No, Marco è via con la morosa.- Dice al telefono nel frattempo. – Ha detto che torna stasera tardi.-
“Ma è sicura?” le chiedo.
Lei per tutta risposta alza il pollice.
“ Lei è pazza.” le dico, e per tema di equivoci mi picchio un dito sulla tempia,
Lei manco mi risponde, si limita a premermi la testa sull’inguine.
Inizio a leccarle la patata e lei mi sorride, reprimendo un ansito.
– Non so a che ora, Tullio… se ha detto tardi, vuol dire minimo verso l’una.-
Ci do dentro per bene, e vedo che boccheggia, poi si schiaffa una mano sulla bocca per reprimere un gemito. Secondo me, si fa sgamare dal cornuto, ma non sta a me decidere, quindi mi applico per bene al mio dovere, mentre lei si contorce come una biscia cercando di rispondere al marito nel modo più naturale possibile.
– A me, non mi ascolta, Tullio! Magari dovresti parlargli tu!-
Si morde un un labbro e strizza gli occhi, mentre io frullo la lingua sul grilletto.
– Ah! Perciò io sarei una madre incapace?-
Le infilo la lingua tra le grandi labbra e la scopo così. Lei si contorce.
– Non pensi, forse, che Marco si comporta così perché ha te come esempio.-
Riprendo a martoriarle il clitoride e già che ci sono le infilo due dita in corpo. Le sobbalza e schiaffa una mano sulla cornetta del telefono.- Oddio! Pluto!- Mormora, inarcando la schiena.
– Beh, se pensi che l’esempio che dai è il migliore, allora non lamentarti se poi non mi ascolta!- Lo dice con voce roca e spezzata, ma non mi preoccupo troppo: visto il tono della discussione, può passare per rabbia repressa e pianto.
Gianna agita una mano e vedo che mi indica qualcosa. Mi volto e vedo Consolazione abbandonato sul letto al mio fianco.
Agguanto il vibratore e glielo mostro. Lei annuisce con foga.
“Sicura?” le chiedo, muto.
Lei annuisce di nuovo e si allarga le grandi labbra con due dita.
Punto il vibratore e spingo, infilandoglielo in corpo.
– Ahaaaaa!- Geme a voce alta. – Ma si può sapere cosa vuoi da me?- riesce a dire subito dopo, come se il gemito che le ho strappato facesse parte della frase. ‘Sta donna è un genio!
Inizio a pomparla col vibratore ed a leccarle la clitoride. L’effetto è immediato quanto cospicuo: ci gode un frego!
– Tullio, io proprio non so cosa fare, con voi due.- Smozzica. Mi rendo conto che il marito, dall’altro capo del filo, sarà assolutamente certo che sta piangendo. E invece è puro piacere, quello che le spezza la voce.
– Mi trattate come una serva e per il resto non mi cagate manco di striscio!- Protesta, con la voce sempre più rotta.- Fate pure come volete, ma vi chiedo solo di lasciarmi in pace! Fate finta che non ci sono, và! E adesso se non ti dispiace, ho un paio di cose importanti a cui badare!-
Faccio andare il vibratore come uno stantuffo da locomotiva e la lingua come un Minipimer e lei ansima di rimando.
– Si Tullio.- fa lei con un singhiozzo.- Ti sembrerà strano ma ho parecchio da fare pure io. Ci sentiamo più avanti!- E torna a miagolare sommessamente. Quel coglione sarà convinto di averla fatta piangere.- Ciao, Tullio!- Si allunga di lato e butta la cornetta al suo posto.
– Cristo Santo, Pluto!- Mi dice, ansimando, facendomi sollevare la testa dal fiero pasto.- Non ho mai fatto una telefonata così piacevole con mio marito! Ancora un po’ e si commuoveva pure lui!- Poi mi respinge gentilmente, con Consolazione piantato nella fica, rotola su se stessa e si piazza a quattro zampe.
– Mettimelo dietro, tesoro!-
– Molto volentieri, Signora Gianna!- rispondo. È proprio quello che volevo.
Mi piazzo alle sue spalle e faccio per sfilarle il vibratore dalla figa, ma lei lo trattiene con le dita e se lo caccia in corpo fino in fondo. Ne spunta un pezzetto piccolissimo.
– Insieme!?- dico, con l’uccello che sussulta pregustando una doppia penetrazione.
– Dai!- MI incita.- Picchiamelo dentro e allagami!-
Questo si che è ragionare. Punto la cappella al suo forellino posteriore e spingo. Con tutta la broda che le è colata dalla figa, non serve altra lubrificazione. Sprofondo dentro il suo retto senza nessuna difficoltà, ma la presenza di Consolazione rende quel budello bollente talmente stretto che sembra mi voglia strizzare il cazzo! Stringo i denti per non scaricarmi immediatamente, poi inizio a pomparla con i colpi lunghi e profondi che piacciono ad entrambi.
– Cazzo! Siiii… così… mi piace!- Geme lei, assorbendo i miei colpi ed inarcando la schiena per ricevermi meglio.
– Non resisto molto!- La avviso a denti stretti.
– E chi ti ha chiesto di farlo!?- Ribatte lei.- Anzi, voglio sentirti godere dentro di me.-
Aumento il ritmo, sentendo l’orgasmo avvicinarsi a velocità folle. E poi ‘sta delinquente mi da il colpo di grazia. Accende Consolazione al massimo e se lo lascia piantato in figa fino in fondo.
La vibrazione è una scarica di corrente che mi attraversa l’uccello. Le vengo nel retto di botto, senza assolutamente poter far nulla. E lei viene assieme a me, a bocca spalancata ed occhi strizzati, gorgogliano il suo piacere nel copriletto.
Mi sfilo lentamente dal suo corpo e mi butto accanto a lei, riprendendo fiato. Lei si stende a pancia sotto, con ancora il vibratore infilato nella pancia. Mi guarda di sottecchi e mi sorride.
– Mai fatta una telefonata con Tullio così piacevole.- Afferma. Si infila una mano sotto alla pancia e si sfila il vibratore.- Spero proprio che telefoni anche la prossima volta che scopiamo. Non sono mai stata tanto bene dopo averci parlato.-
Io la guardo dubbioso. – Non farebbe prima a non averci più a che fare?- mi scappa. Poi serro la bocca e socchiudo gli occhi: forse mi sono spinto troppo oltre, questa volta.
– Già!- mormora lei, dopo un lungo minuto di silenzio.- Forse non hai tutti i torti.-

UNA CORSA IN BUS

– Dai, forza! Salta su, è questo.- Mi dice Gianna, dandomi una spintarella verso il bus che si è appena fermato.
É stracarico di gente ed abbiamo decisamente qualche difficoltà ad incastrarci.
– Bel passaggio che ti do, sta volta.- Fa Gianna, voltando indietro la testa per guardarmi in faccia, con un sorriso mesto.
– Non è di certo colpa sua, se il motore si è piantato.- Le rispondo, ricambiando il sorriso altrettanto mestamente. Ultimamente ha preso l’abitudine di venire ogni tanto a prendermi quando finisco l’allenamento pomeridiano. Ed ovviamente troviamo il modo di svagarci un po’, magari allungando di qualche chilometro la strada verso casa facendo una svisata in Carso. Di stradine nascoste e posticini appartati ce ne sono quanti si vuole.
Ma oggi il motore della sua asmatica AlfaSud color marrone merda ha deciso di lasciarci a piedi, quindi, dopo aver chiamato il carro attrezzi, ci tocca ritornare a casa con l’autobus. E per di più piove a dirotto, quindi il traffico è ingolfato e gli autobus stracarichi di gente.
Siamo talmente stretti che me la ritrovo appiccicata contro la pancia ed il petto. Non che mi dispiaccia il contatto, anzi, ma preferirei di gran lunga se fossimo soli… e possibilmente nudi.
Il solo pensiero mi fa eccitare e di certo la pressione del suo magnifico culo contro l’inguine non aiuta a mantenere la calma.
– Vieni.- Mi fa.- Forse riusciamo a piazzarci in quell’angolo.- Indica con il mento verso un lato del bus, nella parte posteriore. Essendo distante dalle porte di salita e discesa è leggerissimamente meno affollato, ed in effetti in uno degli angoli dovremmo riuscire a stare abbastanza comodi e, soprattutto, ad evitare di farci schiacciare dalla ressa.
Chiedendo permesso e sgomitando un po’, riusciamo a raggiungere quella minuscola oasi di pace, dove ci sistemiamo abbastanza bene. Incastro il borsone da allenamento sotto ad un sedile e mi piazzo con la schiena nell’angolo. Lei si sistema davanti a me, sempre dandomi le spalle in modo da essere rivolta verso il senso di marcia.
– Scusami, ma se non guardo avanti va a finire che mi viene il mal di mare.- Mi spiega.
– Nessun problema.- Borbotto io, mentendo spudoratamente perché me la ritrovo di nuovo col culo poggiato al pacco. Ed i sussulti della marcia non fanno che peggiorare le cose. Tra frenate ed accelerate, buche della strada e curve strette, soste per fermate e semafori e relative ripartenze, è un continuo sfregamento di chiappe sode su uccello barzotto. Che rimane tale per poco, virando al duro stabile. La faccenda è grave, anche perché indosso una tuta da ginnastica, come sempre quando vado ad allenarmi, che non ha di certo l’effetto “contenente” di un paio di jeans.
Passano in paio di minuti e Gianna volta la testa verso di me.- Tutto bene, la dietro?- mi chiede, con aria sorniona. É ovvio che si è perfettamente accorta della rigidità delle mie parti basse.
– Un vero paradiso.- Rispondo, con il tono che dice tutt’altro.
– Eh, già!- fa lei, spingendo il culo contro di me. – Lo sento che soffri come un cane.- Ridacchia.
– Uffa! Non so come cavolo farò a scendere dal bus in ‘ste condizioni.- Abbasso lo sguardo sul bozzo, e mi rendo conto che se Gianna si spostasse anche di poco, chiunque potrebbe vederlo.
– E non riesci proprio a calmarti?- chiede lei mielosa, evidentemente divertita dalla faccenda.
Avvicino la faccia al suo orecchio. – No! Soprattutto se lei non smette di strusciarmi il culo sull’uccello!- ci bisbiglio dentro.
– Poverino, quanto mi dispiace!- risponde lei, mentendo spudoratamente.- Che ci vuoi fare… siamo tutti così stretti, qui dentro. Non lo faccio mica apposta!- e ridacchia.
Ho una voglia matta di rosicarle un orecchio, anche se preferirei piantare il cazzo in quel bel culo che si ritrova e che mi struscia contro.
Appunto! Lo fa di nuovo! E questa volta non può assolutamente dire che è stato uno scossone del bus. Stiamo percorrendo un tratto diritto ed in piano, filando stranamente lisci come sull’olio.
– La smetta. Per piacere!- mugolo io.
Lei manco mi risponde e ripete lo strusciamento. Ho l’uccello duro come una sbarra di ghisa.
– È una tortura!- Rantolo.
– Ti restituisco il favore di quella volta in macchina, tesorino.- Fa lei, serafica.- Così impari ad importunare il conducente.-
– Oddio!- ricordo perfettamente l’episodio.- Ma almeno eravamo da soli in macchina sua, cazzo! Qui potrebbero beccarmi…-
Lei ridacchia di rimando e torna ad agitare il culo contro di me.
Io chiudo gli occhi e mi mordo la lingua per non mugolare.
Mi passa per la mente l’immagine di me stesso arrestato per atti osceni, ma nemmeno quella riesce a distrarmi a sufficienza dallo sfregamento continuo.
– Sei tutto rosso in faccia, Pluto. Hai caldo?- Mi chiede lei, sfottendomi senza ritegno.- Togliti il giaccone, no!?-
– Mavaffan… – Brontolo di rimando.
– Screanzato!- mi rimbrotta lei, con un sorriso da murena. E si struscia di nuovo, premendo bene contro di me.- Ma con un bel cazzo duro!- Aggiunge in un bisbiglio. Improvvisamente cambia espressione, come se le fosse venuta in mente qualcosa. Sento che si allontana leggermente da me.
“Forse ha capito che è meglio smetterla.” Mi dico, tirando un sospiro di sollievo.
Non ho nemmeno finito di pensarlo, che qualcosa mi sfiora il pacco. Abbasso rapido lo sguardo e vedo la mano sinistra di Gianna che si intrufola fra di noi. Ha girato il braccio dietro la schiena e sta per agguantarmi il papagno.
– Non vorrà mica…?- riesco a dire, ma le sue dita che mi si serrano sul cazzo stroncano la frase a metà.
– Oddio!- Rantolo. Mi guardo rapidamente attorno per tentare di capire se qualcuno ha notato la manovra, ma gli altri passeggeri si fanno gli affari loro, impegnati a “sorreggersi agli appositi sostegni”.
Strizzo gli occhi con forza preparandomi spiritualmente a quanto sicuramente sta per succedere.
Ed infatti, dopo essersi riappoggiata a me con la schiena, la Signora Gianna inizia a manipolarmi l’uccello oltre la stoffa dei pantaloni.
– Cristo Santo!- Grufolo, mentre lei me lo strizza a morte per poi iniziare una lenta sega. – La prego, no!- le sibilo nell’orecchio, ma lei continua imperterrita.
Stringo i denti e sbarro gli occhi. Il grave è che, per quanto pericolosa, la situazione è pazzamente eccitante.
Gianna che mi fa una sega su un bus affollato, col rischio non tanto remoto di farci beccare. Roba da sbroccare completamente!
L’autobus frena di botto e lei è costretta a mollarmi il pacco per tenersi al corrimano. Faccio un sospiro di sollievo, anche perché ha dovuto leggermente spostarsi per far passare una vecchietta con la borsa della spesa. Ruoto leggermente pure io, ed appoggio il pacco alla parete del bus. Fortunatamente la finestra che c’è sulla fiancata non arriva tanto in basso, altrimenti farei un bel spettacolino per i conducenti delle macchine che abbiamo a fianco. Mollo il fiato e guardo fuori dalla finestra: dovrei essere fuori tiro e riuscire a calmarmi.
Ma ho fatto i conti senza Gianna, che non demorde. Si volta pure lei verso la finestra e mi guarda di sguincio. Sento che si sistema meglio contro il mio fianco, infine la sua mano che mi si appoggia sulla pancia.
– No, eh!- le dico, nel panico.
– Dove scappi, bel fanciullo?- ribatte lei. Non so come faccia, ma riesce ad infilarmi la mano nei calzoni della tuta e poi nelle mutande, agguantandomi il cazzo!
– Non ho mica finito il lavoro!- Bisbiglia, ricominciando a menarmelo.
Non è certo la classica sega smanettata, è un morbido massaggio in punta di dita, ma fa egregiamente il suo lavoro.
– Cazzocazzocazzocazzo!- Biascico con voce impastata.
– Si, concordo! Di quello si tratta.- Ribatte lei, accanendosi senza pietà.- E guarda che non ci vuole molto, al capolinea.- Mi avverte.- Perciò, perché non collabori un po’ anziché resistere tanto? Non dirmi che ti dispiace quello che sto facendo!?-
– Oh, noooo!- Gorgoglio.- Mi… piace… anche… troppo!-
– Ottimo!- Mi bisbiglia nell’orecchio.- Piace pure a me! Sono un lago, mi sembra di essermela fatta addosso. E non posso di certo toccarmi. Tu sei fortunato, in confronto!- mi dice con voce torbida, in un sussurro.
All’idea che si sia eccitata pure lei con tutta sta manfrina, il cazzo mi si tende ancora di più, sobbalzandole in mano.
– Wow! Vedo che l’idea ti piace!- rantola pure lei.- Dai, fammi vedere quanto sono brava!- Mi incita.- Fammi sentire quanto ti piace fartelo menare da me.-
– Oddio!- Riesco a dire, poi appoggio la fronte sul vetro della finestra e le sborro in mano. Lei piazza il palmo davanti alla cappella e raccoglie gli schizzi come può.
– Oddio, quanta!- stavolta è lei a rantolare, col fiato corto. Attende finché non mi sono scaricato del tutto, poi mi lascia andare l’uccello, chiude la mano a pugno e la sfila dai miei pantaloni. La vedo esitare un momento, poi porta la mano alla bocca come stesse per tossire, invece se la lecca di nascosto, ripulendosi.
– Buono!- Mugola.
– Tu sei pazza!- le dico, passando inconsciamente al tu. – Sei completamente pazza!- Lei sorride, annuisce, poi mi guarda in cagnesco, fingendosi arrabbiata.
– Giovanotto, un po’ di rispetto. Per te sono sempre la Signora Gianna.- mi rimprovera.
La guardo per un secondo.- Vero! Ma resta sempre una pazza squinternata!-
Lei sorride di rimando e si ciuccia un dito. – Così va bene! Il rispetto innanzitutto!-

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