Alla fine sono riuscito ad umiliare la mia Sonia

Blowjob

Alla fine sono riuscito ad umiliare la mia Sonia
“Tu sei mia adesso, Sonia cara, sei mia, e per almeno tre buoni motivi:”
La Sua voce la fece trasalire, e riaffiorò da quel torpore ospedaliero in cui era ancora immersa, con un terribile sapore amaro in bocca.
“Primo, perché sei in mio potere, completamente e senza alcuna possibilità di fuga, te ne renderai conto col tempo, ed Io intendo esercitare questo potere a fondo, come scoprirai presto invece…”.
È solo a quel punto che le cose attorno a lei cominciarono a rivelare l’assoluta atipicità della situazione: La stanza attorno a lei non era più quella dell’ospedale… Era da qualche altra parte… Ma dove?
E poi le cinghie di costrizione, non erano come quelle che lei già conosceva: I suoi polsi erano fissati in alto, non di fianco a lei. Sonia era legata a braccia larghe sopra la testa, ai lati della spalliera del letto: era legata per essere esposta, non per essere contenuta!
Il letto, come quelli dell’ospedale, era piegato verso l’alto alla mezzeria e le sollevava di circa 30 gradi tutta la schiena, la testa e le braccia.
Ed anche le sue gambe erano legate in modo strano, mai provato in nessun ospedale prima di allora, neppure quando era in crisi isterica: le sue caviglie erano legate alle barre laterali del letto, ed altre due cinghie passavano attorno alle sue cosce, subito sopra il ginocchio, tenendole sollevate e ben allargate, costringendola così ad assumere una posizione tanto oscena quanto umiliante, un po`da partoriente, peggiorata ulteriormente dalla sensazione della camicia da notte ospedaliera che a causa della posizione a gambe larghe le era risalita leggera fino all’altezza delle mutandine… Mutandine che però non indossava più, qualcuno, forse nella sua stanza d’ospedale, forse lì, dovunque si trovasse, gliele aveva tolte. L’unico effimero conforto le veniva dalla protezione offerta dalla coperta, per quanto fosse una copertina molto leggera e fosse tirata solo fino a mezza vita o poco più su.
“… Secondo, perché ho rischiato molto in prima persona quando ti ho rapita dall’ospedale per portarti qui…“.
Rapita? Era stata rapita? No! Non poteva essere vero! Non era vero! Sonia si rifiutava di crederlo, nonostante l’evidenza della situazione, ma la cosa che le fece definitivamente realizzare il fatto di essere stata rapita era il bavaglio, quello strano bavaglio che aveva sulla bocca, e dentro la bocca: uno strano inserto rugoso dal sapore di caucciù la invadeva fino all’altezza dei molari. Era così grosso che Sonia era costretta a tenere la lingua schiacciata in basso e… la sua lingua! Le faceva male la punta della lingua! Era attaccata a qualcosa ! non poteva ritirarla indietro!
La sua lingua era stata perforata! Un piercing o qualcosa di simile gliela trapassava e poi era ancorato da qualche parte… Sì… la lingua era ancorata al bavaglio ! Poteva sentire un filo o cos’altro che gliela teneva distesa.
Un’ondata di paura raggelante percorse improvvisamente tutto il suo corpo e dalla sua gola scappò un lungo gemito disperato.
Con un sorrisetto compiaciuto Lui riprese a parlarle,
“Ma soprattutto, terzo, perché tu ti sei gettata via! Hai tentato il suicidio già tre volte, e lo hai fatto sempre sul serio, non volevi “attirare l’attenzione” come si dice di solito quando le ragazzine in crisi ormonale fanno le sceme.
No! Ho analizzato bene i tuoi trascorsi e tu sei veramente viva per miracolo, anzi, per almeno tre miracoli consecutivi… Sembra che la sorte ti abbia mantenuta viva sufficientemente a lungo per permettere a Me di “trovarti”, rovistando tra i rifiuti, tra i quali tu stessa ti sei voluta gettare.
Sai, appena ti ho vista ho pensato che era un vero spreco gettare via una bella come te! E se a te la tua vita non interessava, perché non prendertela.
Vedi Sonia, se trovo nel cassonetto dei rifiuti qualcosa che è stato intenzionalmente gettato via dal legittimo proprietario, questo qualcosa diventa di diritto di mia proprietà.
Ed è così anche nel tuo caso: tu ti sei gettata nel cassonetto, e rovistando Io ho scelto un rifiuto come te, ed ora tu… mi appartieni!”
Piangere! È l’unica cosa che poteva fare. Piangere per la follia di quelle parole, ed anche per l’innegabile fondo di verità nascosto in quel delirio. Piangere per la paura che quel Pazzo lucido le incuteva.
“Forse tu pensavi che il suicidio per te fosse l’unica possibile via di fuga da una lunga serie di problemi personali e di disagi esistenziali, di sofferenze psicologiche, e così via un sacco di toccanti questioni che hanno tutte “-TU-” come soggetto principale.
Ma vedi Sonia, Io non ti ho pes**ta dal cassonetto dei rifiuti per recuperarti alla società, per reinserirti, per curare la tua identità sociale, per ridarti una tua dignità e tutte queste balle… Assolutamente no!
Quando tu ti sei buttata via, hai buttato via sia il tuo corpo, che la tua persona, e adesso sono entrambi miei e ci farò tutto quello che voglio, senza limitazioni, a mio esclusivo vantaggio, senza alcuno spazio per il tuo ego… Cara Sonia – TU – non esiste più! Subirai un controllo assoluto, non avrai più nessuna delle preoccupazioni che ti affliggevano fino a ieri, saranno tutte sostituite con le preoccupazioni, e le certezze, che Io ti imporrò d’ora in avanti!
… Sonia Sonia, vedrai, qui con me ritroverai perfino la gioia di vivere, o meglio, non proprio la gioia, quanto, direi, un ritrovato istinto di sopravvivenza, anche se oramai non ti sarà più possibile rivolgere questa gioia ritrovata a te stessa… Potrai e dovrai rivolgerla al tuo Padrone, la rivolgerai a ME!”
Ma che dice questo Idiota ?
Il suo respiro si era fatto corto ed affannato. Il suo seno, bello, pieno, tutto naturale, pesante nonostante le braccia alzate, sobbalzava ritmicamente sotto il sottile strato di tessuto sintetico ospedaliero, mentre le punte dei suoi capezzoli, stimolate dallo sfregamento col tessuto leggero, sembravano volerlo perforare per mostrarsi all’aria aperta. Impossibile res****re, le Sue mani si protesero e con la naturalezza con cui si carezza il proprio gatto, usando le palme e le quattro dita soppesò entrambe le tette di Sonia, scorrendo avide fin sotto le ascelle, mentre i suoi pollici cominciarono a giocherellare impudenti con le punte erette dei suoi capezzoli.
Sonia trasalì. I suoi seni grossi e sodi erano sempre stati molto sensibili e mai a nessuno era stato permesso di manipolarli così impunemente. Sonia in passato aveva sempre fermato le mani dei ragazzi cui si era concessa, e solo a coloro che si erano dimostrati i più delicati aveva permesso di farsi tastare le tette ed i capezzoli, ma sempre con le mani di lei a guidare e controllare ed a limitare quelle dell’amante. Adesso la situazione era ben diversa. Sonia poteva solo agitarsi dal disagio, completamente impotente sia di fermare che di condurre quelle mani.
E fu mentre cercava istintivamente di guardare in basso, nella disperata illusione di poter controllare con lo sguardo i movimenti di quelle mani estranee ed invadenti, che Sonia si accorse del collare attorno al proprio collo.
Era rigido, ma imbottito, perché sentiva qualcosa di morbido contro la sua pelle.
Ad imprigionarle il collo era infatti un collare metallico alto 4 cm in tutto, ricoperto internamente e con i bordi protetti da materiale sintetico antiallergico e confortevole… Ma Questo è un PAZZO DEPRAVATO!!!
“Hai proprio delle gran belle tette Sonia. Belle grosse, ma non esagerate, che taglia porti? Direi più di una quinta… direi quasi una sesta … Sì, una coppa D o DD Americana… Una bella coppa! Non ho avuto tempo di controllare i tuoi vestiti… Sono rimasti in ospedale. Ma la cosa più bella è la loro forma: sia a goccia che a pera… magnifiche… Le legherò strette !”. Si stava proprio godendo quei due bei balocchi che si era appena regalato, li manipolava con gusto, e ad ogni palpeggiata le sue dita ingorde affondavano sempre di più in quelle tiepide sacche di piacere, mentre Sonia trasaliva per il forte fastidio, per la prima volta senza potersene sottrarre.
Aumentò la forza con cui le stava stringendo ed il forte fastidio diventò una fitta di dolore intenso, che le fece emettere uno strillo soffocato sotto il bavaglio, e a quel punto “E che bei capezzoli appuntiti che ci sono qui !” Mentre la Sua mano sinistra continuava a farla gorgogliare di dolore attorno al caucciù intrappolato in bocca, la Sua mano destra aveva cominciato a stropicciare e tirare in tutte le direzioni il povero capezzolo sinistro di Sonia attraverso la camicetta da notte. Poi ricominciò a soppesare delicatamente quelle belle e gonfie tette, una per ogni mano.
Avrebbe dovuto capire che non era il caso di contrariarlo, ma Sonia aveva deciso la propria linea di condotta e continuava a tentare di divincolarsi violentemente dalle amorevoli cure del suo nuovo Padrone. I gorgoglii e i mugolii disperati di dolore diventarono chiari insulti ed invettive di ogni tipo… anche se era impossibile distinguere le esatte parole.
La sua espressione da spaventata e disorientata era diventata rabbiosa ed ostile… Come se avesse avuto una qualunque possibilità di intimidirlo!
Uno schiaffo deciso, per farsi ascoltare: “Sì Sonia, comprendo la tua reazione, è naturale: sei appena arrivata; ma è comunque inammissibile che una schiava si rivolga così al proprio Padrone!”. Padrone, ha detto Padrone ???
Sonia interruppe le sue invettive quando Lui con un primo gesto tirò via la copertina che ancora la stava illusoriamente proteggendo, e con un secondo gesto le strappò di dosso la camicia da notte ospedaliera, lasciandola completamente nuda ed ancor più esposta… E finalmente quegli impudenti capezzoli potevano farsi ammirare liberi.
Dove Lui avesse preso il frustino per cavalli Sonia non lo sapeva, ma la fitta lancinante che sentì quando le arrivò il primo colpo secco sulla delicata pelle dell’interno della coscia destra le tolse il fiato per quei pochissimi istanti che le servirono ad abbandonarsi al suo primo disperato ululato di dolore, forte, forse mai provato prima… Povera Sonia, ancora non lo sapeva, ma di lì in poi la sua vita sarebbe stata un susseguirsi di nuovi primati personali nel campo della sofferenza fisica.
Al dolore alla coscia si era anche aggiunta una fitta alla lingua, che Sonia aveva istintivamente tentato di ritrarre, mentre il piercing gliela aveva impietosamente mantenuta ben distesa lungo il caucciù, come Lui aveva imposto.
Ma era fortunata, perché la vista di quel bel ciuffo di peli scuri che le coprivano la parte centrale del Monte di Venere Lo distrasse al punto da fargli posare il frustino dopo appena il primo colpo. “Ti radi anche i peli della fica ? E con molto stile, vedo! Le labbra sono belle lisce mentre qui sopra lasci questo eccitantissimo ciuffo… Tu sai come eccitare un uomo, Sonia”. Mentre Sonia ancora singhiozzava e gemeva per il dolore, lui si era chinato col viso tra le sue cosce allargate, tanto vicino al suo sesso da poterlo annusare, mentre con le dita sfiorava affascinato le parti che stava descrivendo.
“Era già un bel pezzo che tenevo d’occhio gli ospedali per cercare una bella ragazza da rapire e portare qui… Ma tu sei stata veramente un colpo di fortuna inaspettato… Mi sarei accontentato di molto meno di una bella come te… Comunque… meglio per Me !”
Sonia, sconvolta da tutto quello che le stava accadendo, ancora non riusciva a focalizzarsi su quale fosse il modo più opportuno di comportarsi per minimizzare … I problemi. E riprese a divincolarsi violentemente e ad inveire da dietro il bavaglio contro il suo Padrone.
“Bene Sonia, mi dai un buon motivo per fare gli onori di casa… Ma non avercela troppo con te stessa… Li avrei fatti comunque, solo che con un buon pretesto sarà solo molto più divertente!”.
Cominciò allora a girare lentamente più volte attorno al letto mentre una serie di una ventina di rapide squillanti sferzate investivano le braccia, le cosce e l’addome della povera Sonia, arrivando da ogni direzione e lasciandole la pelle delicata e candida tutta striata di ardenti segni rossi e senza neppure più il fiato per urlare da dietro il bavaglio.
Quando finalmente lei riuscì a trovare lo spazio per cominciare il suo disperato lamento, il suo Padrone si spostò ancora, e nel centro del cervello di Sonia esplosero le tre secche frustate che le aveva rapidamente assestato sotto le delicate piante di entrambi i suoi piedi nudi.
Sonia era persa in un’agonia così profonda che non avrebbe potuto rendersi conto di null’altro, e quindi Lui si fermò, ed attese che Sonia si calmasse un poco, perché non voleva che lei si perdesse nulla!
Quando Sonia smise di agitarsi, in preda a pianto e singhiozzi, allora le si chinò di nuovo tra le cosce, ad ammirarle la fica, riprendendo esattamente da dove era stato interrotto.
La lezione era chiara: Si fa come dice Lui !
Le Sue dita dapprima ripresero a sfiorarla delicate, su e giù lungo le labbra semiaperte, quasi a chiedere il permesso di entrare… Ma non avendo alcun bisogno di alcun permesso, a loro piacimento entrarono, curiosarono, cercarono ed infine stanarono la loro povera piccola delicata ed indifesa preda. … “Bene Sonia, vedo che sei molto sensibile anche qui… Il tuo bottoncino reagisce subito, come i tuoi capezzoli… ci divertiremo, vedrai… Troietta !”. Quel gioco era tanto appassionante che le si avvicinò ancora di più e cominciò a leccarle ed a succhiarle la clitoride, con gusto, mentre Sonia, ipersensibile, sussultava e gemeva impotente.
I singulti di Sonia erano un misto di paura, disperazione ed umiliazione, ma non poteva che continuare fare ciò che stava già facendo: subire remissivamente senza tentare inutilmente di contrariarlo.
Il collare metallico stava svolgendo egregiamente la sua funzione, impacciandole a tal punto i movimenti, che gli sforzi di Sonia di controllare almeno con gli occhi quello che le stava accadendo tra le gambe risultarono infine in un suo totale abbandono sul materasso. Sonia era costretta a delegare al suo nuovo Padrone ogni diritto, anche quello di controllore. Cercava solo di trattenere per quanto le fosse possibile gli spasmi involontari che attraversavano il suo corpo a causa di quella stimolazione alla sua sensibilissima clitoride.
Solo quando sentì il morso, Sonia sobbalzò nuovamente su, strillando, ma sebbene avesse per un attimo temuto il peggio, si rese subito conto che non ci sarebbero state conseguenze, anche se una delle sue grandi labbra per un po` avrebbe continuato a dolerle, tutto sommato non le avrebbe neppure sanguinato… lo Stronzo si era solo voluto divertire a spaventarla!
“Per ora basta così, lo so che desidereresti che continuassi, il tuo corpo si agita tutto mentre te la lecco, ma volevo solo sentire che sapore hai, e devo dire, cara schiava, che sei molto, molto buona. Adesso ti libero”…
“Liberare” non esattamente:
Aveva attaccato uno spezzone di fune ad uno dei 4 semi-anelli (a forma di D) del collare di Sonia ed aveva fatto passare l’altra estremità della fune attorno alla barra della testiera ai piedi del letto. Poi aveva disconnesso dal letto i due bracciali che Sonia portava ai polsi, bracciali di fattura del tutto simile al collare, con struttura metallica pesante, ricoperti internamente e sui bordi con sintetico anallergico ed anelli a D giro giro che gli avrebbero permesso di incatenarla con facilità, a piacimento, in qualunque modo, in qualunque momento, quanto a lungo a Lui avesse fatto piacere.
Le sue braccia erano adesso libere di muoversi, ma che cosa avrebbe potuto fare?
Ancora afflitta dai tremiti per il dolore delle frustate, sentì il suo collare trascinarla con decisione in avanti, fino a piegarla in due, causando nuovo dolore sia al collare che ai legamenti delle gambe, ancora assicurate alle barre laterali del letto.
Sonia appoggiò istintivamente entrambe le mani sulle barre laterali del lettino, proprio dove le cinghie le intrappolavano le ginocchia nel vano tentativo di spingersi su, ma ovviamente senza risultati apprezzabili… ma non c’era altro che potesse fare o tentare…
Peraltro, in quella posizione le tettone di Sonia stavano dando un nuovo spettacolo al quale il Parone sembrava non essere preparato, e si era distratto: Ammirato avvolgeva con entrambe le mani prima uno e poi l’altro di quei due frutti prelibati, passando indisturbato le proprie braccia attorno al braccio di Sonia, ignorando gli s**tti involontari che il Suo tocco induceva sul corpo nudo di Sonia. Penzoloni, quelle tette sembravano volersi staccare dal corpo. La loro dimensione si era leggermente assottigliata in prossimità del torace mentre tutta la loro massa puntava verso il basso, tra le ginocchia.
Le poteva afferrare alla base, non potevano scappare, ne aveva preso il totale possesso. Affascinato ed eccitato al punto da avere quasi un giramento di testa “Sonia ! Sono meravigliose e meravigliosamente indifese ! Pendono, ma sono sode al tatto… Le legherò ! Le legherò strette ! Urlerai ! Urlerai per me !”.
Sonia comprendeva solo in parte cosa stava succedendo, in quel momento il dolore ai tendini delle gambe aveva il sopravvento su tutti i suoi pensieri. Se avesse potuto avrebbe implorato il suo Padrone di allentare quella nuova agonia, ma non poteva che mugolare indistintamente mentre Lui giocava indisturbato con le sue tette deliziose e sensibili. Ed anche se avesse potuto rivolgersi al suo Padrone…
“Non ti lamentare per così poco Sonia. Ci sono posizioni ben più impegnative in programma per te, vedrai, molto presto! Comunque adesso intendo farti stare un po’ più sollevata, certo, ma mi aspetto che poi tu ti comporti da brava bambina… Che mi dici Sonia?”.
Sonia era troppo presa per capire bene cosa Lui le stesse dicendo, ma quando sentì quella forte pacca abbattersi sul lato della sua anca destra e contemporaneamente quell’urlo nel suo orecchio “ALLORA ? RISPONDI ! FARAI LA BRAVA BAMBINA SE TI TIRO UN PO’ PIU SU LA SCHIENA ?” cominciò immediatamente ad assentire muovendo la testa in alto ed in basso più che poteva, impacciata com’era dal collare metallico… e forse in mezzo a tutti quei gemiti di strazio al Padrone sembrò di distinguere un Sììììì.
Mentre scuoteva la testa per assentire al suo Padrone, un tintinnio fece notare a Sonia che collegata al metallo del suo collare c’era anche una catena che arrivava dal soffitto disegnando un’ampia ansa verso il basso per poi risalire fino alla sua nuca. Era spessa ma Sonia poteva calcolare che stranamente non era affatto pesante come appariva alla vista…
Lui allentò il nodo alla barra del letto ai suoi piedi e filò un po’ di corda, finché la schiena di Sonia non si riportò quasi verticale, ancora solo un po’ tesa in avanti, quasi a fare un inchino rispettoso.
Neanche le passò per la testa di opporsi quando Lui le condusse le braccia dietro la schiena. Sonia si era abbandonata ad un pianto pietoso e singhiozzante.
La combattività di poco prima sembrava essersi sopita nella disperazione.
Intanto Lui continuava a dilettarsi a spostarle le braccia su e giù, disponendogliele in varie posizioni dietro la schiena, senza forzare:
prima portò ciascuna delle mani di Sonia ad afferrare il gomito opposto, poi le ri-distese per accostare fra loro i gomiti, che in scioltezza arrivarono ad una distanza tra loro di meno di 5 cm.
Poi, con fluidità, ancora senza forzare, le guidò entrambi i polsi più in alto, e con quella che potrebbe essere interpretata come una carezza, le dita del Pazzo si infilarono e dischiusero le mani di Sonia, continuando a sospingergliele gentilmente lungo la schiena. E quando arrivò a farle sfiorare le unghie mal curate e smangiucchiate sulla base del suo stesso collo, esclamò soddisfatto “Sei scioltissima Sonia! Le tue braccia permettono tranquillamente le posizioni in assoluto più erotiche senza sforzi: I gomiti legati insieme, la preghiera invertita … Non avrai molte difficoltà ad abituarti a portarle per lunghi periodi, e non ci sarà nemmeno rischio di lussazioni ! …Dovrò frustarti di più, per compensare, o mi inventerò qualche altra cosa… ho un’infinità di opzioni… Vedremo! Intanto per oggi ti metto in preghiera invertita, ma allentata, senza forzare troppo… in fin dei conti siamo solo agli inizi … Abbiamo tanto tempo!”.
Entusiasmato, agganciò ognuno dei bracciali di Sonia alle estremità di una catenella lunga meno di 50 cm, che però passava all’interno dell’anello posteriore del collare, lo stesso anello del collare dove terminava la strana catena che scendeva dal soffitto. La catenella tra i polsi di Sonia era però libera di scorrervi attraverso. Quando Lui le lasciò andare le braccia, per minimizzare la tensione i polsi incatenati di Sonia si disposero alla stessa distanza dal collare, con le mani sovrapposte, quasi incrociate.
“Comportati bene Sonia, SEMPRE, perché ho mille modi per convincerti a fare ciò che voglio, uno per esempio è questo semplice movimento…” le afferrò il polso destro e lo trascinò verso il basso, facendo scorrere la catenella attraverso l’anello dietro al collare e costringendo il polso sinistro di Sonia a scorrerle più in alto lungo la schiena, fino a procurarle un dolore tanto forte alla spalla che Sonia pensò che si sarebbe rotta… ma non accadde. Per tutto il tempo, che a Sonia parve infinito, che il suo Padrone mantenne la presa, Sonia non riuscì neppure a pensare.
“Col tempo questo esercizio ti risulterà sempre più facile, e potremo accorciare la catena… Con braccia così flessibili arriveremo a farti assumere posizioni così erotiche che poi scoparti ne sarà solo la naturale conseguenza”.
“Adesso ti libero dal letto e te ne potrai andare in bagno nell’altra stanza a fare i tuoi bisogni, se ti va. Poi vengo io a lavarti… Non fare stupidaggini, se ti lascio andare da sola è perché ho preso tutte le precauzioni… Non puoi fare nulla che io non abbia già stabilito che tu possa fare”. Mentre parlava le lasciò andare il polso destro, che Sonia filò subito più in alto per alleviare il tormento della spalla sinistra. Poi le sganciò le caviglie dal letto e condusse i piedi di Sonia ad avvicinarsi tra loro a circa 20 cm, mentre le sue cosce erano ancora trattenute allargare dalle 2 cinghie del letto. Sonia poté notare che anche alle sue caviglie erano avvinghiate due cavigliere metalliche con anelli a forma di D giro giro, come quelli del collare e dei bracciali. Tra due di questi anelli, uno alla cavigliera destra ed uno alla sinistra, il Padrone agganciò un altro spezzone di 30-35 cm di catenella con altri due piccoli lucchetti lucenti e robusti che s**ttarono con sordi Click, ratificando ancor di più la totale impotenza di Sonia.
Poi il Padrone armeggiò ancora alle catene dietro le spalle di Sonia: La catena che arrivava dal soffitto disegnando un’ampia ansa a mezz’aria, era solidamente collegata al collare di Sonia, ed Il Padrone infilò un moschettone ad un anello di questa catena a circa 30 cm di distanza dal collare e poi fece s**ttare lo stesso moschettone anche attorno alla catenella tra i polsi di Sonia.
Adesso la catenella tra i polsi di Sonia scorreva sia attraverso l’anello dietro il suo collare, sia attraverso il moschettone.
Solo a quel punto il Pazzo liberò il collare dalla fune e sganciò le fibbie delle cinghie che ancora costringevano le cosce di Sonia a stare allargate sul lettino.
Sonia era … libera … di alzarsi e di lasciare il letto, ma dove poteva scappare?
Lo guardò con gli occhi ancora piangenti e rossi… molto meno aggressivi di pochi minuti prima.

La natura di una vecchia puttana

Erano le tre di un sabato pomeriggio e la città pareva deserta.
Fuori c’era un bel sole e George se ne stava seduto fuori dal bar a sorseggiare una coca. Sul tavolo teneva spalancato il suo portatile con il programma di video scrittura aperto. Il foglio era bianco. Non aveva voglia di scrivere nulla e nulla gli veniva in mente. Probabilmente sarebbe stato lì per un bel po’ sfogliando i giornali ormai certo che non avrebbe prodotto nulla di concreto.
Non che ne avesse davvero bisogno. La rubrica si scriveva quasi da sola e la sua antica ambizione di scrivere un romanzo era sempre più un sogno infranto. A ben guardare poteva anche starsene per i fatti suoi a poltrire fino a lunedì e nessuno gliene avrebbe fatto una colpa.
Ma la situazione era destinata a cambiare.
Il cambiamento si presentò sotto forma di una biondina venticinquenne non bellissima ma con una minigonna da paura che passandogli davanti gli chiese “Scusi, sa dov’è la farmacia?”.
George non poté fare a meno di alzare infastidito gli occhi dal pc. Poi la guardò… Guardò con calma le piccole tettine sotto alla camicetta nera, le lunghe gambe affusolate fasciate in un collant a rete nero, i lunghi tacchi a spillo e l’espressione idiota da oca che aveva sul volto.
Che fosse un oca era una certezza… A meno di cento metri alla sua destra c’era una croce verde di tre metri per due con scritto farmacia che luccicava alla luce del neon.
Solo un cieco… o un idiota non l’avrebbe vista.
“E’ qui vicino se vuole la accompagno” disse lui.
Lei tolse gli occhiali da sole per guardarlo meglio. Aveva una faccia che pareva schiacciata su se stessa, come se correndo troppo veloce avesse sbattuto contro un muro. Occhi chiari.. trucco marcato sulla bocca e sulle guance… Sempre più pungente l’odore di fiori del suo deodorante mano a mano che gli si avvicinava.
Prima ancora che lei ribattesse, approfittando della sua indecisione fece un rapido gesto al barista di segnare sul conto la consumazione e fatto sparire il pc nella sua borsa si alzò in piedi.
Appena il tempo di fare tre passi e anche alla ragazza bionda, che disse di chiamarsi Maura, fu lampante l’insegna della farmacia.
“Eccola eccola lì ” strillò con una vocina da gattina.
“Già” annuì lui.
Senza neanche far caso al fatto che avrebbe potuto trovarla da sola con estrema facilità. Senza forse nemmeno capire che accompagnarla era solo una scusa lo ringraziò con un pallido “Grazie” e affrettato il passo si affrettò verso il negozio mollandolo al suo destino.
Non gli piacque molto. Vederla ancheggiare via con quel culetto a mandolino che ancheggiava ad ogni passo gli stimolò solo il desiderio di portarsela in fretta a letto.
D’altra parte lui non era il tipo che amasse supplicare le donne. Non ne aveva mai avuto bisogno e non avrebbe certo iniziato oggi.
Se la troietta bionda l’aveva snobbato tanto peggio per lei.
Ora però aveva un incredibile desiderio in corpo e una mezza erezione tra le gambe che andavano placate.
Era deciso: “la prima che passa me la porto a letto”.
Girò la testa. Alle sue spalle c’era una vecchia minuta coi capelli bianchi che doveva già aver passato l’ottantina e accompagnava il suo incedere lento con un bastone nero.
Forse doveva anche averlo sentito perchè lo guardava con una strana espressione mista fra curiosità-divertimento e stupore
“Facciamo la seconda che passa và” si corresse in fretta.
La vecchietta non fece commenti e continuò per la sua strada.
La seconda a passargli davanti era una signora bassetta con lunghi capelli marrone chiaro, spesse lenti rotonde sul viso rubicondo che avrebbe in teoria avuto il classico stile da massaia. Solo gli stivali di pelle neri fino a sotto il ginocchio e uno strambo collant verde acqua stonavano un po’ con l’idea da donna per bene che aveva sul volto. Di solito, regola acquisita dal ragazzo in anni di chiavate, le donne mature che mettevano in mostra e sottolineavano le tette con scollature vertiginose o le gambe con gonne troppo corte lo facevano per un unico motivo…Già fantasticava su quanto sarebbe stato eccitante toglierle la gonna, strapparle un varco bnei collant e fottersela così senza farle togliere neanche gli stivali.
Per di più, guardandola meglio, come spesso accadeva alle donne piccole e tozze aveva le tette molto grosse nascoste sotto alla giacca.
C’era un unico problema. Non era sola.
Sottobraccio aveva una ragazza, certamente maggiorenne, alta e tonda come lei, rubiconda in viso come lei e con occhiali molto simili ai suoi. Certamente la figlia.
Indossava jeans e camicetta che non mostravano alcunchè di sessualmente interessante ma aveva ai piedi stivaletti col tacco identici a quelli della vecchia.
Decise di seguirle.

Dieci minuti più tardi entrarono uno dietro l’altro in un centro commerciale. La ragazzina, che apprese dalle loro parole si chiamava Nunzia doveva comprarsi un giubbotto di pelle nuovo.
La madre, di cui non sapeva il nome l’aveva accompagnata perchè scegliesse con calma.
Decise di giocare d’attacco.
Mentre la donna fissava la figliola che sfilava e infilava una lunga sequenza di giacche le poggiò la mano sulla coscia, appena sotto a dove terminava la gonna.
La poggiò e la lasciò li.
Lei lo sentiva certamente, anche se non poteva vederlo alle sue spalle, lo sentiva benissimo… e non disse nulla.
Lui iniziò ad accarezzarla.
Lei non disse ancora niente.
Lui salì e arrivò finò a sotto alla gonna.
Lei continuava a guardare la figlia.
Lui òle palpò il culo con decisioone.
Lei fece un sorriso e sospirò.

Le tolse le mani dal culo solo quando sentì la figlia che tornava con la giacca che aveva scelto. Così ne apprifittò, si voltò e lo guardò.
Non fece commenti negativi, anzi….
Le piaceva.
Lui le strizzò l’occhio.
Lei sorrise.
La figlia era ormai in mezzo ai coglioni. “Andiamo a pagare?”.
“No?”.
“Perchè no?” chiese la ragazza delusa temendo che la madre avesse cambiato idea.
“Ho visto dei tailleur al piano di sotto e voglio provare se ne trovo uno che mi va…”.
La cosa non pareva entusiasmare la ragazza.
“Non sei obbligata a venire. Anzi fai così vai su al terzo piano e noleggia un film alla videoteca così poi andiamo a casa a vederlo ok”.
“Ok” annuì la ragazza e partì in quarta.
“Ci metterà una vita” commentò guardando George.
“Benissimo annuì lui” e avvicinatosi le fece una carezza sul volto “Io sono George”.
“Marilena” disse lei e porse la mano.
Lui se la portò alla bocca e le succhiò il mignolo.

Si infilarono in un camerino.
Marilena si mise con le mani poggiate al muro cercando di arcuare il più possibile il sedere mentre la gonna le calava fino a terra.
Lui con un gesto deciso trovata la cucitura aprì un lungo strappo nel collant….
Sorpresa sorpresa la “signora” non aveva gli slip.
Brava la signora pensò e vistosi la carne pronta all’uso, senza altre indecisioni si sfilò il cazzo e glielo infilò nella vulva già bagnatissima per l’eccitazione.
“Ommadonna ma cos’hai li sotto” sbottò lei col fiato mozzo mentre lui la impalava con vigore.
Sforzadosi di non urlare di gioia si lasciò fottere per bene sentendo le palle gonfie di George che le sbattevano sulle coscie… sentendolo dentro completamente come un serpente rabbioso che la sfondava colpo su colpo.
Era una sveltina in un luogo pubblico non si poteva esagerare. Dieci minuti, dodici, quindici e poi basta.
Bisognava chiudere.
Marilena si era fatta due orgasmi ravvicinati ed era soddisfatta… Lui aveva tanta sborra da scaricare.
Bisognava chiudere se non volevano trovarsi la ragazzina tra i coglioni.
“Dai vieni, vieni deciso che è tardi”.
“Ok… ok vado?”.
“Vai senza problemi che tanto prendo la pillola”.
E brava la mammina. Prendeva la pillola… E una massaia che prende la pillola significa una cosa sola…. che prende anche parecchio cazzo….
Come un fuoco le inondò la vagina e gli ci vollero quattro pompate decise per scaricare di dosso tutto lo sperma che aveva accumulato.
Era soddisfatto.
Si rivestirono in fretta.
Marilena si pulì la fica appiccicosa meglio che poteva quindi si reinfilò la gonna…. tutto pareva a posto anche se sotto aveva uno squarcio nel collant che andava dalla vulva al buco del culo.
Si scambiarono i numeri di telefono, perché era certo che Marilena meritava un controllo più accurato…
“Non passare su pavimenti lucidi” le disse “altrimenti ti vedono il gatto”.
Lei ridacchiò divertita e se ne andò. La figlia era già in fondo alle scale. La giacca di pelle sul braccio e due dvd a noleggio in mano.
“Andiamo?”.
“Andiamo” annui la mamma sperando che la figlia non notasse quanto era sudaticcia e puzzolente.

Tornando verso casa ripassò dal bar a regolare la consumazione del pomeriggio.
“E’ passata una signora appena sei uscito e ti ha lasciato questo” disse il barista mentre metteva via i soldi.
Era un bigliettino… Lo aprì…. C’era un numero di telefono.
Di colpo gli ridivenne duro.
Forse dare indicazioni alle stupide passanti aveva avuto un effetto ritardato….
Ripensando al bel culetto della biondina fece il numero e la chiamò.
Poche parole decise e si accordarono per vedersi quella stessa sera a casa di lei.
Aperta la porta dell’appartamento si presentò con un body nero, reggicalze e calze nere. Truccata occhi e bocca con un pesante dose di rossetti e affini che la facevano sembrare una vera puttana.
Gli aveva già afferrato il cazzo tra i pantaloni ancor prima di dirgli ciao.
Raggiunsero la camera da letto, lui si spogliò in fretta, lei aveva già la fica in bella mostra…
Non era la fica bionda della ragazzina… ma poco importava… quel vecchio ciornione ingrigito di un ottantenne porca e ancora vogliosa era comunque li per esser sfondato.
La vecchia col bastone aveva davvero sentito la sua esclamazione in strada.
La vecchia col bastone, che si chiamava Lina, ci aveva davvero creduto….
La vecchia col bastone era una vera troia a secco da troppo tempo….
Al diavolo la troietta bionda pensò George e non appena la vecchia Lina si fu tolta la dentiera si godette un pompino con ingoio favoloso preludio delle tre ore di sesso che ne seguirono dove la vecchia puttana settantenne non gli negò ne fica ne culo fino a che lui ebbe la forza di farselo tornar duro.
Alla faccia della biondina idiota che snobbandolo non sapeva ne avrebbe mai saputo che cosa si era persa.
George era sempre stato diverso dagli altri.
Orfano di madre che lo aveva lasciato solo dandolo alla luce e di padre che non aveva mai conosciuto. Così adottato amorevolmente dalla nonna materna e da sua sorella George era cresciuto tra le braccia di queste 2 donne mature che parevano fare a turno per coccolarsi il piccolo e bellissimo George.
Certo era davvero un bel ragazzo con quegli occhioni azzurri e i capelli neri e soffici ma questa era solo una delle sue particolarità. L’altra più nascosta ma anche più intrigante stava nelle proporzioni del suo pene. Un tronco di carne decisamente fuori dal comune.
E poi c’erano gli istinti. Di giorno in giorno ossevava sua zia e sua nonna sempre con maggior attenzione.
Zia Vera con le tette così enormi che spesso vedeva i suoi capezzoloni pulsare da sotto come se volessero esplodere. Nonna Irene che ogni volta che si sedeva in poltrona divaricava così tanto le gambe da far sollevare la gonna quanto bastava per vedere gli elastici del reggicalze provocandogli delle immediate erezioni.
Insomma il modo di fare delle 2 tardone era quantomeno sopra le righe.
Basti pensare che la sera avevano l’abitudine di spogliarsi quasi completamente l’una dopo l’altra in salotto e solo quando restavano praticamente nude andavano poi in bagno a lavarsi e a infilarsi pigiami o camicie da notte. Lo spettacolo di zia Vera che lentamente si calava le calze nere davanti a lui o di nonna in reggiseno e mutandine con quelle bocce dondolanti. O peggio quando Vera il reggiseno se lo toglieva proprio restando con le sole mutandine di pizzo e solo un braccio a coprirgli i seni non potevano lasciarlo indifferente. Così, cresciuto abbastanza da esser uomo attento a questi spettacoli e con un cazzo cresciuto altrettanto in fretta tanto che ormai da duro superava di molto i trenta centimetri e pareva più quello di un toro che di un ragazzo George eccitato si addormentava segandosi allegramente fantasticando sulla zia e sulla nonna.
Dopo la sborrata se ne vergognava un poco ma l’impulso era troppo forte, troppo impellente per potervi res****re.
Un giorno poi che lui e nonna erano soli in casa accadde un fatto strano. Nonna Irene si era assopita in poltrona di fronte alla tv e lui seduto sul divano aveva iniziato a sentirla russare, così si era voltato a fissare quel rumore fastidioso e l’aveva vista…
La nonna si era sdraiata così malamente che la gonna le si era quasi del tutto sollevata sui fianchi e le gambe erano così spalancate che poteva vedere tutto.
Certo dal divano ne notava appena l’ombra ma se solo si fosse avvicinato qualche metro.
Lo fece, cercando di essere il più silenzioso possibile e piano piano la sua curiosità ebbe soddisfazione.
Per dio! Sbottò stupito rendendosi conto di cosa aveva di fronte. Non riusciva a crederci.
Nonna Irene non aveva le mutande. Sotto la gonna c’era solo una bella ficona pelosa.
Era la prima volta che ne vedeva una tanto da vicino e iniziò ad eccitarsi come un matto. Quel pelo nero rado con alcuni ciuffetti bianchicci era quanto di più bello avesse mai potuto vedere. Aveva un irresistibile voglia di toccagliergliela e se non fosse stato per la paura lo avrebbe anche fatto.
Si contentò di toccare se stesso.
Delicatamente si tirò fuori il cazzo super indurito per l’eccitazione e con colpi sempre più veloci prese a segarsi come un pazzo senza perdere un dettaglio della fica della vecchia. Oltre ad avere una fica tanto vicino agli occhi era l’idea stessa che sua nonna non portasse biancheria intima a farlo eccitare quasi che quella mancanze ne sottolineasse in parte la sessualità o perché no anche una certa disponibilità…
Era quasi al culmine e sentiva lo sperma salirgli dai coglioni per esplodere. Ben conscio che, proporzionalmente alla grandezza del cazzo, le sue sborrate erano sempre piuttosto fluenti si mise una mano a coppa davanti alla cappella continuando a segarsi con l’altra.
Doveva stare attento se non voleva che gli schizzi piovessero addosso alla vecchia.
Per quanto l’idea lo eccitasse non era proprio il caso.
Sentì che stava venendo.
Un orgasmo fantastico, inarcò le gambe per il piacere pronto a metter via il suo grosso attrezzo appena compiuta l’opera.
Proprio in quell’istante Irene aprì gli occhi.
Lui se ne accorse e provò velocemente a nascondere il cazzo. Ma era tardi, troppo tardi. Sotto gli occhi inespressivi di sua nonna George sborrò come un cavallo da riproduzione senza poter più fare nulla. “George ma che cazzo fai?” sbottò la nonna mentre la sborra le schizzava addosso. Lui pietrificato dalla vergogna sperò solo che fosse un sogno.
Fissava la nonna e lei fissava il ragazzo. Aveva ancora il cazzo in mano umido e pulsante. Vedeva chiaramente lo sperma in terra senza sapere cosa aspettarsi o augurarsi.
E non si era ancora reso conto della cosa peggiore.
La notò solo quando vide nonna Irene passarsi un dito sulla guancia umida. “Ma ti piace propio sborrarrmi in faccia?”.
“Nonna io…”.
“Certo dall’ultima volta che l’ho visto è cresciuto parecchio”.
“Si nonna è grosso vero?”.
“Il più grosso che io abbia mai visto” sgranò gli occhi la vecchia e quasi d’impulso aprì anche le gambe. Ora non era un caso poterle vedere la vulva.
“E vorresti toccarlo?” ammiccò lui.
“Farei di peggio te lo prenderei anche in bocca per sentire che gusto ha”.
“Si chiama pompino nonna”.
“Si lo so benissimo.”
“Sapessi le seghe che mi tiro immaginandoti….”
“Lo so bello di nonna guarda che le tue lenzuola le lavo io”.
“Scusa”.
“Ma figurati. E’ normale che con quell’uccellone da cavallo ne sborri secchiate”.
“E comunque ci sarebbe un bel modo per smettere di segarsi” ammiccò lui mentre ormai aveva raggiunto la massima erezione.
Fece un passo avanti.
“Nonna io non so come dirtelo”.
“Non dire nulla” lo tranquillizzò lei mentre con la mano iniziò a massaggiarlo delicatamente.
“Oddio nonna”.
“Ti piace?”.
“E’ una sega bellissima” mugugnò lui mentre le sue mani scivolavano pian piano sul corpo della vecchia.
Timidamente ma poi sempre con maggior decisione George le infilò la mano sotto alla maglia e le afferrò un seno. “Posso?” domandò dolcemente strizzandole un seno.
“No. Aspetta” disse Irene e sfilatasi in un lampo la maglia e il reggiseno bianco gli mostrò le grosse bocce in tutto il loro splendore.
“O nonna” sospirò lui afferrandole i seni mentre lei aveva ripreso a segargli il cazzo.
“Ti piacciono?”. “Si nonna sono belle, belle come la tua fica”.
“Perché tu è quella che vuoi, vero?”.
“Si nonna la voglio si” ululò mentre lei si portava il suo uccello alla bocca e lo lappava delicatamente sulla cappella.
“Nonna succhi da vera maestra”.
“Vuoi venire in bocca?” chiese lei tra una leccata e l’altra.
“Noo. Ti voglio tutta. Tutta!!”.
“Allora datti da fare no” lo invitò lei.
Preso coraggio non ci mise due volte. Si chinò carponi sulla poltrona e poggiò la testa fra le gambe della vecchia. Esitò a fissarla un istante. “Che hai?” chiese lei impaziente che già bruciava di desiderio.
“Non l’ho mai fatto nonna non vorrei fare errori”.
“Ma figurati. Devi solo leccare. Dai tira fuori la lingua vedrai che sarai bravissimo”.
Ma George era ancora in grandissimo imbarazzo. Neanche in sogno aveva mai leccato la fica alla nonna.
“Aspetta facciamo una cosa. Sdraiati a terra sul tappeto”.
Lui obbedì. Appena fu a terra la vecchia toltasi anche la gonna e rimasta con le sole calze autoreggenti chiare gli si accucciò sopra. “Vedi questo è un 69. Tu fai quel che senti che ti faccio io e vedrai che non sbagli”.
“Nonna?” si bloccò lui rosso di vergogna ma appena sentì le labbra calde della vecchia sulla cappella fu pronto ad obbedire a qualsiasi ordine.
Andarono avanti a sbocchinarsi per un tempo che parve infinito e sentì chiaramente che la nonna veniva un orgasmo dietro l’altro ad ogni suo colpo di lingua. Man mano che la sentiva gemere capiva dove la vecchia godeva di più e affinava la sua tecnica di leccata di fica rendendola sempre più perfetta finchè non potendone più esclamò “SBORRO!” e le venne dentro la gola con un unico fiotto rovente.
Stupendolo ancora una volta la nonna non accennò a staccare la bocca dal suo tubo di carne e anzi succhiò con ancor maggior convinzione. “Che buona la tua sborra”.
“Nonna ma che dici?”.
“C’è qualcosa di male se mi piace la sborra?”.
“No nonna”.
“E se mi piace il cazzo?”.
“No anzi anche a me la tua fica piace tanto”.
“E se ora ti dicessi che il tuo cazzo lo vorrei provare in fica?”.
“Che se allarghi le gambe ti servo subito nonna” sosprirò lui e senza tergiversare ancora la fece mettere sotto di se e guidandoselo con la mano glielo infilò dentro un centimentro alla volta.

Da quel pomeriggio George non smise più di fottere.
Gli piaceva. Era la cosa più bella del mondo specie con una vecchia porca assatanata come sua nonna.
Così da quel momento non faceva altro che cercare un occasione propizia per restar soli e tirasi fuori il suo enorme cazzo duro tanto più che avendo saputo che quella vecchia bagascia era sempre senza mutande gli pareva ancor più facile prenderla come e quando meglio voleva.
L’unico intrallazzo erano zia Vera che praticamente non usciva quasi mai di casa e quindi era sempre in mezzo ai coglioni nel momento meno opportuno.
Eppure voleva fottere Quindi doveva trovare un posto tranquillo per farlo. Il cesso gli parve ideale. Difficile credere che la zia entrasse a guardare la sorella che pisciava quindi erano soli.
Appena la nonna si avviava verso uno dei cessi della casa (per fortuna ce n’erano quattro) lui sgusciava subito dietro di lei chiudendosi la porta a chiave alle spalle.
La prima volta lo fece con una certa paura temendo che la nonna si arrabbiasse ma appena entrato quando la vide seduta con la tazza, senza gonna a gambe larghe con quelle eccitantissime calze a rete autoreggenti capì che lei lo aspettava.
“Pisci sempre mezza nuda”.
“Solo quando mi guardano” disse lei e senza giraci tanto attorno gli si avventò fra le gambe iniziando a spompinarlo.
Soddisfatto la vecchia si girò di schiena con le mani poggiate sulla porcellana della tazza e si lasciò prendere in piedi mentre le strizzava i tettoni grossi e mollicci sotto alla camicetta. La porca soffocava a stento il suo orgasmo lui pompava e sborrava a raffica… Sapeva che fuori c’era la zia Vera che girava ma in quel momento non gliene fregava niente. Aveva solo voglia di farsi la nonna e non avrebbe smesso fino a quando non avesse raggiunto la sborrata.
Quando usciva dal bagno pareva soddisfatto ma dopo pochi minuti la guardava di nuovo.
Guardava le sue calze a rete, guardava la gonna sapendo che non c’erano mutande, guardava le grosse tettone mal celate dalla camicetta e gli tornava duro. Peccato che li sul divano accanto a lei ci fosse Vera. Guardandola con ancora il cazzo soddisfatto dalla fica di nonna Irene non potè fare a meno di chiedersi se anche lei fosse altrettanto brava.
Le tette grosse parevano una caratteristica di famiglia, Nonna Mary aveva un bel balcone, con due ottime mele dai grossi capezzoloni ma era zia Vera il fenomeno della natura. Se quelle di Irene erano mele lei aveva almeno due angurie.
Le aveva così grosse che doveva farsi fare i reggiseni su misura e spesso neanche li metteva lasciando quel ben di dio spenzolare felicemente in giro.
Guardandole, guardando le tettone e la gonna molto corta che svelava ampie porzioni di cosce eccitanti non potè far a meno di desiderare di saltare nudo in mezzo a quel divano e chiavarsela senza pietà.
L’altro momento intimamente tranquillo era la notte, quando tutti dormivano. Nonna Irene lo sapeva e non si faceva sfuggire l’occasione. Ogni sera passata la mezzanotte andava in bagno e sulla via del ritorno gli entrava in camera, scivolava sotto alle lenzuola e trovatolo già nudo ed eccitato gli si sdraiava sopra cavalcando il suo cazzo fino a farlo venire.
Era una posizione fantastica dove lui poteva vedere e sentire in pieno le tettone della nonna sbattergli sul petto mentre la sua fica calda lo avvolgeva in un orgasmo bestiale.
D’altro canto era anche una posizione che faceva stancare in fretta la vecchia e quindi si passava velocemente ad una comoda pecorina dove lui poteva pompare senza sosta spaccandole la vulva ad ogni colpo.
Fu proprio mentre era in quella posizione, quando era già più di un mese che scopavano insieme che la vecchia senza peli sulla lingua gli chiese “Vuoi infilarlo nel culo?”.
Era la sua prima volta.
Fino a quel momento era talmente preso dallo scopare in fica che neanche ci aveva ancora pensato.
Lei invece lo desiderava tantissimo.
Avrebbe dovuto farlo lentamente e con delicatezza dopo averla fatta bagnare un pochino ma non lo fece.
Preso coraggio poggiò la cappella tra le chiappe della vecchia ed entrò fino ai coglioni con due colpi secchi.
Meno male che la vecchia era una parecchio aperta dai vibratori che usava abitualmente.
Non si lamentò per niente. Anzi. Più lui le spaccava l’anello del buco del culo più lei veniva sgrillettandosi come una pazza.
Certo il suo uccello era più grosso del solito e la vecchia si aprì come una cozza ma la cosa pareva solo darle piacere.
Da quella sera il giochino notturno iniziò a prevedere una prima fase con lei in braccio a lui a leccarle le tette e una seconda a pecorina prima in fica e poi in culo dove si concludeva con la sborrata finale.
Il brutto era solo che quella chiavata notturna non durava mai più di un oretta scarsa e dopo un po che la nonna era andata via a lui tornava duro.
Una sera, proprio mentre la stava inculando la nonna gli chiese “Ti piace zia Vera?”.
Lui non capì la domanda.
“Si insomma ho visto come le fissi i tettoni. Vorresti fartela vero?”.
George avrebbe voluto far finta di niente. Normalmente sarebbe stato molto più pudico e riservato, specialmente con sua nonna ma in fondo sua nonna era lì col suo cazzo nel culo. Perchè quindi non confessare…
E lo ammise. Ammise quanto gli piacevano i tettoni grossi e di quanto lo fossero oscenamente quelli di Vera. Anzi, raccontare la cosa lo fece arrapare e finì per riempire di sborra la nonna mentre le parlava della cara zia.
Alla fine se ne scusò “Ti da fastidio se parlo eccitato di tua sorella”.
“Ma no perchè. E’ normale che ti ecciti con quelle angurie che ha. Solo che mi sei venuto troppo in fretta e io ne volevo ancora un po”.
“Ma questo non è un problema nonnina” sorrise lui e presale una mano se la mise sul cazzo che era si umido di sborra ma era anche duro e sodo e pronto a fottere ancora.
Così col pensiero di zia Vera in testa e la mano calda della nonna sul cazzo in pochi istanti si sentì di nuovo operativo e finì per montare a ripetizione la nonnina per una buona oretta. Alla fine esausti e sudaticci si sdraiarono nudi l’uno accanto all’altro e la nonna tornò ai suoi discorsi. “Sai anche a me piacciono le tette grosse”.
“Nonna ma che dici? Tu sei una donna”.
“Bhe è con questo?”.
“Se ti piacciono le donne sei lesbica”.
“La parola giusta è bisex” sorrise lei.
“E tu lo sei?” chiese lui iniziando ad eccitarsi.
“Diciamo che una bella fichetta la lecco volentieri” ammiccò maliziosa mentre le sue dita le scivolavano nella vulva.
“Cristo nonna me lo fai tornare duro”.
“Bhe che c’è di male” strizzò l’occhio la vecchia e scoparono ancora con ancor più foga alternando culo, bocca e fica della vecchia che si godeva un orgasmo dietro l’altro.

Sua nonna adorava le tettone.
Anche se dell’argomento non parlarono per parecchi giorni George aveva chiaro ed evidente questo fatto e così fra una scopata e l’altra iniziò a mandare sul videoregistratore alcuni dei suoi porno preferiti dove le donne avevano davvero dei seni enormi.
La vecchia Irene non si fece problemi anzi pareva che guardare i porno mentre il nipote la montava come una vacca gli desse ancor maggior stimolo spingendola a bagnarsi tutta di piacere.
Non parlavano mai apertamente di una persona precisa anche se Vera era stata nominata da Irene per sottolineare a George quanto una sorella fosse attratta dall’altra ma non c’era bisogno di essere dei detective per accorgersi di quanto durante il giorno Irene fissasse con attenzione le enormi bocce della sorella.
Così una sera lui glielo chiese. “Hai mai visto le tette di Vera al naturale?”.
“Ovvio siamo sorelle, capita spesso di vestirci assieme”.
“Già” annuì lui senza smettere di pompare.
“Vestirvi o svestirvi nonna?”.
“Certo che sei malizioso bello della nonna”.
Lui non commentò continuando a pompare come un mulo.
Dopo un pò lei confessò “Tua zia Vera ha i capezzoli così grossi che sembrano dei cazzetti in miniatura”.
“Ma dai” annuì lui sentendo subito dopo la mano della nonna che gli si poggiava sul cazzo.
Lo fece mettere comodo per riprender fiato dopo la chiavata e massaggiandogli l’uccello iniziò a raccontare che le lesbiche con le tette grosse si ficcavano i capezzoli nella fica l’una con l’altra usandoli come sostituti per la masturbazione e che zia Vera era abilissima nel fare quel bel giochino.
“E tu come fai a saperlo?”.
“Perché me lo sono fatto fare”.
“Ti sei fatta mettere i capezzoli della zia nella fica? Ma sei lesbica davvero allora”.
“Anche… Prendo tutto. Cazzi nel culo e fiche in bocca…anche quella di mia sorella. Ti da fastidio?”.
“Lui le rispose sborrandole in mano…”.
“E bravo il mio nipote porcellone”.

Passarono altri giorni e tutto tornò alla normalità quando un pomeriggio che erano tutti e tre in salotto a guardare la tv nonna Irene disse “Fa così caldo oggi”.
“Davvero caldo” disse Vera e ancor prima che lui potesse rendersene conto si sfilò la maglia.
Non aveva reggiseno e le sue zinne gigantesche erano li a ballonzolare in tutto il loro splendore. Il cazzo gli era venuto duro. Fissava quei meloni con sguardo eccitato anche se tremava per l’emozione.
Irene intanto aveva iniziato a spogliarsi. Senza dire una parola sfilò tutto ed in un attimo fu con addosso le sole calze autoreggenti nere. La sua ficona pelosa era li splendida e pronta e fu il segnale che invitò George a calarsi le braghe.
“Che cazzone!” sbottò Vera togliendosi a sua volta la gonna.
Anche lei (porca) non aveva mutande ma solo una bella fichetta dal pelo nero e rado…
Si accucciò bene sul divano come una cagnolina e porgendogli la fica disse sbrigativa “Dai che aspetti non c’è mica solo tua nonna sai”.
Non se lo fece ripetere due volte.
La penetrò in un sol colpo “Zia ma sei strettina sai”.
In quel mentre nonna Reanata posò la vulva in bocca alla sorella.
Eccitato da quel mare di tette, da quelle due porcone arrapate, dalle loro fiche calde, dai reggicalze sensualissimi scoparono per quasi tre ore senza smettere.
George era un fiume in piena. Sborrava in culo a Irene, sulle tette a Vera, in fica alla nonna, in bocca alla zia.
Perse il conto dei suoi orgasmi come le due vecchie persero il conto dei propii.
Smisero che era ora di cena.
Quella notte, anziché nonna Irene, nel suo letto si presentò zia Vera col le sue enormi tettone.
“Facciamo una sera per una ti va?” disse la zia.
Lui le stava già succhiando le tette e rispose annuendo.
“Al pomeriggio un bel giochino in famiglia e la sera una bella chiavata normale. Oggi io domani Irene. Se ce la fai”.
“E me lo chiedi” sbottò lui mentre con uno spintone la faceva chinare a pecora e glielo infilava dritto nel culo.
Durò dieci anni fino a quando George non si sposò con una ragazza altrettanto porca e ben tettuta che non gli fece mai mancare i buoni vizi a cui l’avevano abituato la nonna e la zietta… ma questa è un altra storia.
Frank aveva ereditato da una vecchia zia defunta un bell’appartamento in centro.
Non avendone necessità immediata pensò fosse un ottima soluzione affittarlo in nero ad una giovane coppia di sposi.
Lui si chiamava Simone e faceva l’operaio, lei Chiara ed era casalinga.
Bella ragazza, bionda occhi azzurri bel visino angelico ogni fin del mese accoglieva Frank con i soldi dell’affitto sempre sorridente e con delle minigonne paurose che volta dopo volta suscitavano in Frank fantasie sempre più morbose.
Una volta addirittura Chiara gli aprì la porta con la camicetta mezza sbottonata e siccome sotto non aveva reggiseno le sue tette belle piene fecero una fugace apparizione sgusciando fuori coi capezzoli dritti e duri mentre gli passava i soldi.
Frank strabuzzò gli occhi e pensò fosse un pallido invito a provarci così col cazzo già duro nei pantaloni fece un accenno a strusciarsi alla donna.
Lei però appena sentì il bozzo strofinarle la coscia si tirò indietro.
“Ma che le succede signor Frank guardi che io sono felicemente sposata”.
Lui non fece commenti, prese i soldi e uscì in fretta coll’uccello durissimo.
Appena salito in macchina non resistette alla tentazione, con ancora ben chiara in testa l’immagine di Chiara con le tette mezze fuori si sparò una sega fantastica.
Il mese successivo ci andò più cauto. Anche se Chiara gli aprì la porta con una mini rosso acceso, calze a rete da gran vacca e tacchi a spillo da 12 centimetri lui fece finta di nulla.
Lei capì che lui non ci provava e così, guarda caso trovò il modo di chinarsi più volte fingendo di cercare i soldi nei cassetti. Ogni volta si chinava e le sue chiappe ben tornite sgusciavano fuori da sotto la minigonna mostrando un perizomino rosso così striminzito che sarebbe bastato un solo dito per scansarlo e farsi spazio per montarla per benino alla pecora.
Ma ormai Frank aveva capito il giochetto. La troietta ci provava gusto a far rizzare il cazzo agli uomini per poi scansarsi all’ultimo momento e lasciarli li col cazzo duro a farsi le seghe.
Così finse indifferenza anche se appena uscito dalla casa entrò nel primo bar che trovò sulla strada e occupato il bagno si sparò una sega galattica pensando a quel culetto d’oro.
Frank, pur di non dare soddisfazione alla donna pensò persino di mandare un emissario ad incassare i soldi al posto suo. Non era giusto che quella porca ogni volta gli solleticasse il cazzo lasciandolo poi a segarsi miseramente.

Ma il destino a volte è beffardo.
Così qualche mese dopo accadde che Simone, il marito di Chiara, perse di colpo il posto di lavoro sicuro trovandosi a dover ripiegare su piccoli lavori saltuari e un reddito decisamente inferiore.
Questo fece si che da quel momento per poter sopravvivere i due coniugi faticassero non poco a pagare l’affitto.
Così un giorno quando Frank si presentò puntuale all’incasso fu il marito ad aprirgli e a consegnargli però solo la metà dei soldi pattuiti.
“Mancano 200 euro” fece notare lui.
“Si lo so, spero in un futuro migliore ma per ora ho solo questi”.
“Io però voglio i miei soldi”.
In quel momento si intromise Chiara.
Camicetta nera di seta, minigonna, calze a rete e tacchi a spillo. Pareva una puttana.
“Noi avremmo una proposta” ammiccò lei.
“Che proposta?” chiese Frank
“Questa!” ammiccò la ragazza slacciando di botto la camicetta per farne uscire due belle mele mature.
A Frank venne subito duro.
“Se ci vieni incontro te le faccio toccare mentre te o seghi”.
Frank senza pensarci due volte aveva già afferrato le tette della bionda palpandole ben bene.
“Segamelo tu” le ordinò.
Lei fissò Simone, lui annuì.
Con calma gli sbottonò la patta e tirò fuori il cazzo afferrandolo saldamente.
A Frank venne duro come non mai eccitato da quel tocco caldo. Non c’erano dubbi Chiara sapeva bene come si maneggiava il manico di un uomo.
“Lurida troietta stavolta non puoi fare la santarellina vero” sghignazzò lui mentre le strizzava i seni.
Sentì che stava per venire.
“Forza ora chinati mettilo fra le tette e succhialo”.
Simone impassibile annuì.
“Ce li togli duecento euro se ti fa venire in bocca?” chiese.
“Ma scherzi -sbottò Frank- per una spagnola una puttana non ne prende neanche 50”.
“Ma mia moglie è più brava di una puttana” gli fece notare Simone”.
“Vorresti dire che la tua troietta fa delle marchette da 200 euro a botta?” ridacchiò Frank.
“Secondo me si. Tu quanto offriresti. Per un rapporto completo intendo?”.
“Cioè fottermi la tua Chiara per mezz’oretta?”.
“Si… Ci togli i duecento euro e andate mezz’ora di la da soli”.
“No -disse Frank- ho un idea migliore. Restiamo qui in salotto e io mi sbatto tua moglie sul divano mentre tu comodo in poltrona ti godi la scenetta”.
“Perché?” chiese Simone.
“Perché voglio sia evidente che è una troia”.
Chiara provò ad obiettare ma Frank le mise una mano in testa tenendola chinata sul suo uccello. “Qualcuno ti ha detto di smettere! Succhia vacca, succhia”.
Chiara obbedì.
SI accordarono.
Chiara si spogliò lentamente e sdraiatasi sul divano con le sole calze a rete e i tacchi a spillo si preparò ad essere profanata. Frank coll’uccello duro le scivolò sopra e le entrò nella vulva con un unico colpo.
“Che bella calda” annuì Frank soddisfatto e iniziò a pompare a tutta forza. Se la chiavò per un po’ tenedosi sui fianchi di lei quindi la fece girare come una cagnolina e tronfio di voglia la profanò montandola come un cane in calore.
Chiara gemeva a tutto spiano. Scopare le piaceva era evidente. Ma ciò che più stupì Frank era Simone se all’inizio era stato solo un osservatore passivo con Frank che lo faceva cornuto e contento ora pareva persino eccitato dalla cosa.
Come se nulla fosse anche lui si era tirato fuori il cazzo e se lo menava a tutto spiano.
“Simone ma che fai?” sbottò Chiara.
“Sborro tesoro non lo vedi” disse lui come se nulla fosse mentre l’uccello zampillava sperma su tutto il pavimento.
Anche Frank ormai appagato aprì i tubi.
“Vengo anche io” annunciò
“Non in fica ti prego. Non voglio restare incinta” implorò Chiara.
In effetti con la situazione economica che avevano non era il caso di metter su famiglia.
“Ok allora te lo faccio dove non resti gravida” ringhiò Frank e con un sol colpo glielo sfilò dalle grandi labbra vaginali e puntò secco fra le strette chiappette.
“Apri bene, troietta, che sennò ti faccio male” la avvisò e con un unico colpo secco le fece scivolare il cazzo nel culo per una buona metà.
Chiara cacciò un urlo pauroso che in un solo istante ripagò Frank di tutte le umiliazioni subite in passato dalla donna.
“Ora non mi manderai più a casa a farmi le seghe” sorrise e tutto soddisfatto le venne in culo con mezzo litro di buona sborra calda.

Concluso il pagamento dell’affitto i tre si salutarono e Frank tornò a casa ma da quel giorno alla fine di ogni mese era puntualissimo ad andare ad incassare l’affitto ridotto più la differenza in natura. Ogni volta con Simone che assisteva e si segava e Chiara che si faceva sbattere fica bocca e culo senza lesinare. In tempo di crisi economica era tutto sommato un sistema piacevole e appagante per far quadrare i conti.
Ero in vacanza da mia nonna che abita in una località montana dove il clima è davvero salubre e i panorami di prati e monti sono una meraviglia per gli occhi. Anche se ormai avevo vent’anni non smettevo mai di andare in vacanza in quella ridente località memore di quanto l’avevo amata da ragazzino. In pratica da sempre ero cresciuto lì, ogni estate, tre mesi l’anno accanto alla mia amata nonna Leonida.
Questa strani vicenda accadde quando ero arrivato da pochi giorni e confessò che mi turbò parecchio. In pratica, senza alcuna prova e senza uno straccio di verità la vicina di casa di mia nonna mi accusò di essere un guardone e un esibizionista.
Nulla di più falso. Certo ho una bella mazza di quasi venticinque centimetri che da duro pare il tronco di un albero e non ho nessun problema a sfoderarla bella tosta al momento opportuno ma sono abbastanza carino da potermi permettere di usarla con un ragguardevole numero di fichette in calore. Quindi che di botto mi si accusasse di spiare di nascosto una vecchia tardona di sessantanni non poteva che offendermi.
Le cose andarono più o meno così;
Nonostante fossimo in alta montagna quell’anno faceva davvero un caldo insopportabile e quindi di notte trovavo più comodo dormire completamente nudo cosa direi abbastanza normale. Non per vantarmi ma ho un bel corpo: settanta chili abbondanti su un metro e novanta di altezza, pancia piatta quasi scolpita visto che faccio parecchio sport, muscoli dei bicipiti sodi ma non invadenti. Non faccio il body-builder ma la mia bella figura ce l’ho ugualmente. Comunque era il terzo giorno che stavo da nonna e mi svegliai abbastanza presto intorno alle sei circa. E’ una cosa strana che succede quando si va in montagna ma di colpo ci si ritrova a dormire davvero poco, almeno così succede a me, forse sarà la differenza di pressione.
In ogni caso ero sveglio e come accade ogni mattina avevo un erezione da far invidia ad un toro. Fui tentato di tirarmi una sega ma sapevo quanto la nonna odiasse la sborra sulle lenzuola quindi mi trattenni. Ormai non ero più un ragazzetto che sparava schizzi otto volte al giorno, ero un uomo fatto e potevo anche trattenermi.
Quindi decisi di fumarmi una buona sigaretta.
La prima del mattino è sempre la migliore.
Mi infilai un kimono nero che avevo comprato in Cina qualche anno prima e che mi piaceva moltissimo con quel bel drago rosso e verde cucito sulla schiena che faceva tanto Bruce-Lee. Lo usavo tipo fosse una vestaglia quando nudo dovevo uscire dalla camera da letto per andare in bagno o appunto quando mi affacciavo al balcone per fumare visto che la nonna Leonida odiava con tutte le forze la puzza di fumo in casa.
Col mio accappatoio legato in vita mi accesi la sigaretta e la fumai tranquillo. Sotto sentivo ancora l’uccello indurito ma come avevo previsto l’arietta fresca del mattino aveva avuto l’effetto di un mezzo anestetico e pian piano l’erezione stava sparendo.
Fu a quel punto che la vidi.
Era a circa centocinquanta metri da me esattamente sul terrazzo della casa di fronte alla nostra.
La riconobbi subito era Teresa, una signora vedova di sessanta e qualcosa anni quasi coscritta di mia nonna e di lei anche molto amica.
La conoscevo da sempre ma non l’avevo mai vista così.
Non così.
La vecchia, una mora sui novanta chili col ventre grosso e flaccido se ne stava sul suo terrazzo con indosso solo la pelle.
Già, la tardona era tutta nuda!
Sapevo per conoscenza diretta che la porta accanto al suo terrazzo era quella della sua camera da letto, non comunicante col resto della casa ed era quindi ovvio che la vecchia al risveglio dovesse per forza di cose attraversare il terrazzo per andare in casa o in bagno ma non avevo immaginato che lo facesse senza i vestiti addosso.
Certo potevo capire e dare per scontato che la tardona dormisse nuda come facevo anche io ma immaginavo che prima di uscire dalla camera da letto ed attraversare il terrazzo si infilasse addosso qualcosa… come me appunto.
Invece nulla la tardona era lì con le sue tette non grosse ma comunque invitanti e la sua peluria bella nera e molto florida.
Bastò questa immagine per avere sotto alle gambe un alza bandiera non indifferente. Ora avevo tutto il cazzo ritto fuori dal kimono e sentivo la cappella pulsare eccitata.
Continuando a fumare mi godetti quello spettacolino porno finchè la vecchia non sparì. Cosa stesse armeggiando sul balcone non l’avevo capito ma mi ero ben goduto quei cinque minuti di tettone e culoni dondolanti, di fregne pelose e di ciccia flaccida.
Tornai in casa… andai in bagno e mi sparai una bella sega!
Non potevo farne a meno.
La mattina dopo lo spettacolo si ripetette quasi uguale solo che stavolta ero già in attesa quando la signora Teresa sbucò sul balcone. Già la stavo aspettando.
Ero diventato un guardone? No, direi di no. In fondo non mi acquattavo in posti strani per spiarla o chissà che. Me ne stavo tranquillo sul mio balcone a guardare il panorama.
Dal mio punto di vista se la vecchia usciva sul balcone nuda dove tutti potevano vederla era un peccato non guardare.
Comunque finalmente uscì.
Stavolta non era nuda.
Già. Notai subito che indossava una maglietta tipo canotta di colore rosso che le copriva la pancia e il seno.
Era un peccato non poter rivedere le tette, ma, subito, notai che sotto dalla vita in giù c’era comunque una bella gattona da osservare.
Guardai concentrato per osservarle bene la patatona quando di colpo la vecchia si chinò accucciandosi sul balcone.
Ma che cazzo stava facendo chinata a fica al vento alle sei del mattino?
Naturalmente la cosa più semplice del mondo.
Pisciava.
Già. La vecchia appena alzata, come tutti, aveva una gran voglia di pisciare e molto probabilmente non avendo voglia di scendere le scale aveva preparato sul terrazzo un bel catino pronto per l’uso.
Mi godetti la pisciata osservando meglio che potevo le grosse labbra della sua ficona che si aprivano sparando fuori il liquido giallo. La cosa aveva un che di eccitante e per forza di cose il mio bel travone di carne si alzò sull’attenti.
Provai l’impulso di toccarmi ma resistetti ben deciso a rimandare a dopo una buona e soddisfacente sega.
Invece non fu così.
Già perché finito di farsi la sua bella pisciata la vecchia cicciona non si limitò ad alzarsi ma iniziò ad esplorarsi la passerona come se vi avesse perso dentro qualcosa.
All’inizio pensai che se la stesse solo asciugando ma poi fu chiaro anche dalla sua faccia che stava facendo altro.
Già. La tardona si tirava un ditale.
Questo ovviamente cambiava tutto. Se fino a quel momento mi ero sentito un po’ in colpa ad osservare una povera vecchia che facendo dio necessità virtù espletava i suoi bisogni corporali nel modo più facile e comdo mentre io ne approfittavo per guardarla ora era di botto diventata una vecchia maialona che se la godeva.
Questo mi arrapava terribilmente.
Meccanicamente iniziai a menarlo. Prima piano e poi sempre più velocemente e posso quasi dire che sborrammo insieme.
La cosa durò anche le due mattine successive e ci avevo quasi preso gusto a sborrare sul balcone quando di colpo mi resi conto che avevo tralasciato la cosa più ovvia ossia che se io vedevo la sua passerona anche lei vedeva bene me e il mio cazzone…
Fino a che l’avevo osservata e basta tutto poteva risolversi in un nulla ma lì ero stato chiaramente a tirarmi il cazzo fino a fartelo esplodere e non potevo più dire che era tutto un equivoco no?
Così quel pomeriggio quando sentii la signora Teresa che discuteva con mia nonna mi sentii un verme totale.
La signora Teresa e in questo era stata un gran po’ stronza era andata a parlare con la nonna proprio di questo problema e le stava appunto raccontando che la mattina la spiavo dal balcone per cercare dio vederla nuda e che per di più quando lei si accorgeva che la stavo guardando mi tiravo fuori il cazzo e mi toccavo.
Insomma ero un esibizionista che si tirava segoni sul balcone davanti a tutti.
Era proprio così? A sentire Teresa si visto che aveva tralasciato di dire alla nonna che lei era tutta nuda intenta a sgrillettarsi come una pazza. Già cara la mia tardona perchè se fossi stata vestita io non ci avrei mica fatto caso no? Mi dicevo e mi incazzavo mentre lei mi descriveva alla nonna come il classico spione che violava l’intimità di una povera vedova.
Non potendone più entrai nella stanza fissando la donna con tutta la mia rabbia ma lei non ci fece nemmeno caso. Anzi fissandomi me lo disse in faccia “Bisogna proprio che la smetti di spiare sai”.
“Io non spio…”.
“Ma si dai che ti ho visto tutto nudo che mi spiavi dal balcone”.
“Anche tu eri nuda però” s**ttai perché volevo a tutti i costi che nonna sapesse quanto era vacca la donna.
“Io a casa mia giro come mi pare sei tu che non devi guardare ti pare”.
“Io non l’ho mica fatto apposta. Ero lì a fumare e poi ti ho vista uscire nuda”.
“E poi te lo sei tirato fuori” aggiunse lei con una mezza risata.
Guardavo mia nonna carico di vergogna “E’ stato un riflesso”.
“No bello mio è stato un segone coi fiocchi” ridacchiò ancora più forte dandomi implicitamente del segaiolo.
Non sapevo che altro dire.
Per fortuna intervenne la nonna. “Sentite certe cose capitano. Coi balconi di fronte è normale. Bisogna che facciamo in modo di non guardarci più vi pare? La cosa migliore credo sarebbe coprire tutto il terrazzo di Teresa con qualcosa. Non so magari delle lenzuola colorate o qualcosa del genere”.
Io e Teresa ci guardammo non mi andava di smettere di vederla nuda e lessi nei suoi occhi che anche a lei fissare il mio cazzo non dispiaceva poi quanto voleva farci credere.
Comunque la nonna era stata decisiva così quello stesso giorno saltò fuori dalla cantina un vecchio taglio di stoffa lunghissimo color blu petrolio. Con quello avremmo oscurato per bene il terrazzo di Teresa e ilo problema si sarebbe risolto da solo.
Visto che ormai avevano deciso che ero io il colpevole, il guardone, il segaiolo la nonna decise anche che sarebbe toccato a me tendere la bacchetta lungo tutto il terrazzo su cui attaccare la coperta.
Così tentando di rimanere impassibile per non buttare altra benzina sul fuoco andai a casa della signora Teresa con la bacchetta e la stoffa pronto a fare il mio lavoro. Sul mio sguardo si leggeva tutta la rabbia soprattutto per quanto quella vecchia stronza si era mostrata fasulla ed ipocrita ma finsi indifferenza.
Teresa mi fece entrare ed andammo subito sul terrazzo. Mentre salivamo le scale notai che indossava una gonnellina a fiori molto leggera e una maglietta bianca. Sotto alla maglietta si vedeva tutto il reggiseno che per fortuna quel giorno aveva avuto la saggia idea di mettersi.
Lo stesso non si poteva dire per il sotto. Bastò infatti essere distaccato da lei di qualche gradino per osservare la gonna svolazzante e notare che nove su dieci non indossava mutandine..

La festa dei VIP

In genere, la gente ricca e’ sempre la più eccentrica, sempre in cerca di qualcosa di nuovo, che li faccia mettere in mostra. I Windson pero’, erano una coppia molto giovane per essere cosi’ ricca. David aveva ereditato una grossa somma di denaro dallo zio defunto due anni prima, mentre Jessica, era la figlia del piu’ grande produttore di birra della nazione.

Come i giovani ricchi, anche i Windson erano sempre nelle prime pagine di gossip, per le strane feste e per i strani comportamenti dei giovani in pubblico. Io li conoscevo bene, in quanto lavoravo come assistente del veterinario, dove loro portavano spesso il loro cane. Ero molto sorpreso, quando una mattina, dopo la visita al loro Beagle, di ricevere un’invito per una loro festa, che avrebbe preso luogo nella loro villa.

Un po’nervoso in quanto ero sicuro di aver trovato solamente una banda di figli di papa’, arrivai in perfetto orario, a dire il vero, qualche minuto in anticipo. La loro villa era enorme, con 2 piscine, di cui una riscaldata, all’interno della sala dove si sarebbe svolta la festa. Nei 35 minuti successivi, arrivarono altre 150 persone, quasi tutte coppie che non conoscevo, tranne che per qualche volto visto sulle riviste di gossip.

Il cibo era ottimo ma molto salato, cosa che richiedeva una grande quantità di acqua, l’unica bevanda assente quella sera, in quanto erano tutte bottiglie di alcolici. Non era neanche la mezzanotte ed’io ero sbronzo e ballavo alla musica assordante del dj. Non feci neanche caso a quello che stava accadendo intorno a me. Gli oltre 300 invitati erano tutti nudi e si stavano scopando freneticamente tra di loro. Vedevo Jessica che spompinava un uomo di colore, mentre un giovane ragazzo ispanico le stava sfondando il culo. Vedevo David tra 3 ragazze inchinate a leccargli il cazzo, mentre altri ragazzi le stavano scopando da dietro. Era una vera catena del cazzo, dove tutti si stavano scopando, spompinando, masturbando ed inculando in tutta felicità.

Ben presto il mio cazzo diventò duro come il marmo e neanche il tempo di girarmi, che delle mani femminili cominciarono a strizzarmi il cazzo, abbassandomi il pantalone. Una ragazza si mise a pecora davanti a me, mentre la prima mi prendeva il cazzo con la mano e lo infilava nel culo dell’altra. Stavo inculando una perfetta sconosciuta mentre questa stava succhiando il cazzo di un uomo in piedi davanti a lei. Una ragazza era sotto di lei, che mi leccava le palle, mentre una bionda le leccava a sua volta la figa.

Eravamo un branco di conigli arrapati, cazzi che si scambiavano culi da scopare e bocche che si aprivano per prendere le prime sborrate. Passando da un culo all’altro, arrivai anche da Jessica, che si mise a succhiarmi la cappella mentre un uomo se la stava inculando da dietro. Quante urla di piacere sentivo, non riuscivo a distinguere le voci maschili da quelle femminili. Adesso ero io ad inculare Jessica, che ormai aveva il buco del culo talmente allargato da poterci infilare anche una mano intera. Me la scopavo con gusto, mentre lei masturbava un ragazzo di colore con una mando, succhiava un giovanotto e prendeva il cazzo di David nella figa.

Le urla aumentavano, in quanto quasi tutti erano presi a schizzare sborra in faccia alle vacche presenti. Jessica fu totalmente riempita di schizzi caldi, da me e da altre 5 persone, escluso il marito. Prendeva schizzate e succhiava cappelle. Sembrava una puttana in preda ad un attacco di voglia di sborra. Tutti i cazzi sborrati si afflosciavano tra le sue labbra mentre lei continuava a succhiarli.

Il gioco
Stavo rientrando a casa, quando Mara mi telefonò. Voleva vedermi, mi bramava più di qualsiasi altra cosa e mi diceva di sbrigarmi. Arrivo a casa sua, dopo circa mezz’ora, suono,e trovo la porta aperta. Chiudo la porta dietro di me, chiedo se c’è qualcuno in casa, nessuna risposta. Arrivo in camera da letto, lei è lì davanti a me, statuaria nel suo metro e novanta dato da splendidi sandali a punta chiusa con tacco a spillo di almeno 12cm. Raccoglie i lunghi capelli biondi e lisci portandoseli sulla spalla destra,coprendo così parte dello scollo dell’abito nero attillato che indossava. Capisco le sue intenzioni e mi siedo sulla poltroncina davanti al letto. Noto le sue gambe, bellissime e velate di nero, il suo sguardo, magnetico e provocante,attraverso i suoi occhi azzurri, mi entra dentro,so già cosa mi aspetta e inizio ad eccitarmi.
Cala una spallina dell’abito, poi anche l’altra. Lo spinge sui fianchi e poi lentamente lo fa scorrere giù, fin quando non cala ai suoi piedi. Toglie con stile prima un piede e poi l’altro, il gioco della seduzione è solo all’inizio. Compie 2 passi verso di me, si ferma, e, con un’occhiata provocante cala entrambe le spalline della sottoveste di seta bianca che aveva sotto l’abito. Rimane così in intimo, calze autoreggenti nere e scarpe. Compie un altro passo, calando le spalline del reggiseno, poi un altro, sganciandolo. Si trova a 2 passi da me, ruota le sue forme, pressoché perfette, e cala il perizoma nero in pizzo da cui si intravedeva il suo centro. Poi, con passo sinuoso si siede al bordo del letto. Si sgancia il laccio del sandalo destro, scosta il piede subito accanto e,guardandomi, inizia ad arrotolare la calza.
Giunta, lentamente, alla caviglia la prende per la balsa e inizia a tirare verso di sé, facendola sgusciare via dalla caviglia fino alle punte delle dita dei piedi. Se la annoda attorno al collo e si riaggancia il sandalo che aveva tolto. A quel punto mi fa cenno con l’indice di avvicinarmi, slega la calza che aveva al collo e me la porge, unendo le mani. Vuole essere legata, non me lo faccio ripetere due volte, si stende sul letto, nuda e con indosso solo la calza sinistra, mentre le lego le mani alla spalliera del letto. Ha deciso di darmi l’illusione di concedersi totalmente a me, posso fare di lei ciò che voglio, inizio quindi a leccarle morbidamente i capezzoli, poi a stimolarli, per tornare su a baciarla in ogni modo possibile. Torno poi giù, mi riconcentro sui suoi seni facendole inturgidire i capezzoli e provare così brividi di piacere; è il momento di scendere; con la lingua passo sul bordo dell’ombelico e poi vado giù verso l’inguine. Aveva il suo centro completamente rasato e profumava, attraendomi come una calamita. Inizio a farmi spazio, allargandole le grandi labbra per crearmi il varco dove poter far strada alla lingua nelle piccole labbra e successivamente nella zona dove so che raggiungerà il massimo piacere. Dopo poco inizia ad essere bagnata al punto giusto, mi spoglio davanti a lei e lascio i miei 22cm nudi e in tutto il loro splendore. Salgo sul letto e glielo porgo davanti alla bocca, già aperto. Inizia a succhiarlo come mai nessuna aveva fatto fino ad allora. Il mio membro, gonfio e ricoperto dalla sua saliva, ad ogni suo movimento avanti-indietro, faceva salire in me il desiderio di voler entrare in lei. Scendo quindi verso il basso e inizio ad entrare, dolcemente e lentamente, prima con piccoli colpi, poi inizio a spingere con maggior forza, ma capisco che non è ancora il momento. Rallento, per poi dopo poco ripartire con forza sempre maggiore. Lei inizia a godere sempre più, fino ad urlare di piacere. Il gioco va avanti per un bel po’, sino al momento in cui capisco che non posso proseguire oltre. Fulmineamente lo estraggo, mi avvicino alla sua bocca, voglio un ultimo contatto prima di liberare quello che sta salendo con una forza incontenibile. Scendo quindi sui suoi seni e qui esplodo cospargendoli entrambi del mio liquido. Appena ripreso, le sciolgo le mani e getto via dietro di me la corda-calza. Lei inizia a raccogliere il mio liquido e a portarselo alla bocca, bevendolo fino all’ultima goccia. Mi stendo accanto a lei,le accarezzo i capelli,la continuo a baciare. Improvvisamente le squilla il cellulare dalla cucina, il suo ragazzo era rientrato prima e voleva assolutamente vederla. Appresa la notizia,si riveste velocemente, mi dà un ultimo bacio e mi accompagna alla porta,soddisfatta e con un sorriso appena accennato.
E il gioco della seduzione ricomincia.

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